Era passato precisamente un giorno dall'arrivo di Sebastìan alla dimora dei Vankuver, durante queste ventiquattro ore non era accaduto niente da suscitare l'interesse di entrambi i quali ormai si erano persi pensandosi.
Una noia mortale tormentava Elisa che non era potuta uscire dalla sua stanza nemmeno per prendere una boccata d'aria fresca.
Era al limite del sopportabile , aveva raggiunto quella sottile linea sorpassandola di gran lunga, ferma, per un lasso di tempo infinito, seduta a scrutare l'immensa natura che tanto adorava.
Davanti ai suoi occhi si trovava una distesa immensa di fiori di ogni colore, bianchi, rossi, lilla.
Ciò che però la attraeva di più era una vecchia quercia isolata da tutto il resto, talmente grande che la si poteva notare nella sua maestosità nonostante la lontananza, alle spalle di quella maestosa chioma,le quali foglie venivano continuamente bagnate, vi era la selva.
Un groviglio fitto e tanto scuro da contrastare con il circondante verde.
Là in quel luogo che sembrava essere cosi puro e privo di ogni male, Elisa sarebbe volontariamente voluta scappare.
La sua immagine si rifletté nello specchio mentre le sue mani scivolarono insieme alla spazzola sui capelli, lentamente.
Lei si riconosceva in una rosa prossima all'appassire, così giovane eppure tanto calma e grigia.
Ormai il sole stava tramontando e un altro giorno privo di vitalità l'avrebbe colta all'alba, il pensiero non la entusiasmava.
Prese quel pettine con le sue iniziali e stringendolo con furore lo fece sbattere contro il vetro, poi lo lasciò cadere sul pavimento.
Era nauseata dalla monotona rutine che era costretta a seguire, in quel momento si sentì nascere dentro un sentimento di rigetto, di ira furente che non l'avrebbe abbandonata presto.
Giurò che prima o poi sarebbe scappata per rinascere in un luogo lontano da lì, molto lontano, un posto nel quale conoscere il suo amore e avere dei figli.
Un posto dove poter suonare il pianoforte e leggere.
Un posto suo, isolato da chi le voleva fare del male.
Quella sera non l'avevano nemmeno chiamata a mangiare e lo stomaco le faceva girare la testa in un modo terribile.
Quanta pazienza avrebbe dovuto avere ancora?
Non sopportava più l'idea di rimanere segregata all'interno di quelle mura.
Rapidamente si avvicinò alla finestra e afferrò lo sgabello ormai datato, lo prese con tutte le forze e dandosi una spinta lo buttò contro quel cristallo che per tanto tempo le aveva vietato di essere libera.
Con l'emozione che le pulpitava nel cuore e la volontà di riuscirci, Elisa mise fuori un piede e poi l'altro, si chinò rapidamente sedendosi per poi girarsi di spalle e provare a scendere aggrappandosi alle varie rocce che costituivano l'edificio.
Da lontano occhi colpiti e allo stesso tempo preoccupati la scrutarono, erano quelli dello straniero che si trovava in quei pressi per svolgere una passeggiata serale.
Sotto il suo cappello sgranò le sopracciglia vedendo la delicata fanciulla dei Vankuver, con addosso un abito roseo in tulle , scendere dalla finestra dopo averla rotta,
come una fuggitiva.
Sì avvicinò quindi per porle aiuto.
"Elisa cosa ci fate lì, scendete immediatamente potreste farvi del male"
Mormorò con angoscia cercando di afferrarla.
"Non mi serve il vostro aiuto, allontanatevi, andatevene"
Urlò Elisa spostandosi i capelli dal viso, Sebastìan continuò a infastidirla senza smettere di parlare e questo le fece perdere l'equilibrio, poggiò male un piede e scivolò cadendo nel nulla.
Se sotto di lei delle forti e calde mani non l'avessero afferrata a quel punto la morte sarebbe giunta a prenderla ma per fortuna o per destino lo straniero si trovava proprio lì.
La prese con delicatezza tra le sue grandi braccia e la strinse a se inconsciamente, i loro corpi si scontarono e condannarono entrambi a immensi attimi di sguardi che sembrarono durare secoli, i loro occhi persi in un circolo vizioso.
Sebastìan non riusciva a smettere di osservarle il viso tanto pallido e allo stesso tempo macchiato da una scia rossa che le ricopriva le guance, si era ormai rassegnato a quelle piccole labbra sottili ma allo stesso tempo molto eleganti, lucide ,attraenti e bagnate dalle gocce della pioggia che scivolavano sul suo volto rendendola angelica, nel immenso buio della notte lei emergeva con una strana luce.
Elisa invece sentì un calore divamparle nella gola asciutta tanto da farla tossire, non si era mai trovata in tutta la sua vita tanto vicino a un corpo maschile, nessuno pima d'ora l'aveva guardata in quel modo che non riuscì a definire.
Nonostante la situazione piacevole, lei aveva un piano da compiere e non poteva in quel momento rimanere ferma impalata, doveva continuare ad agire.
Spinse lievemente il copro dell'uomo e rimise i piedi a terra che le sembrò più morbida del solito e forse lo era per davvero.
Sì girò verso la foresta iniziando a correre, estremamente contenta che quella volta non fosse solo un miserabile sogno ma la dolce verità.
Con l'area umida ma allo stesso tempo profumata che le attraversava i capelli, Elisa percorse chilometri senza rendersi conto che dietro di lei Sebastìan la stava rincorrendo.
"Fermatevi, dove state andando?" Gridò il ragazzo con il fiato stremato per la fatica immane, non capiva come potesse , la fuggitiva, riuscire a correre ancora, senza nemmeno risposarsi un secondo.
"Non mi seguite" Urlò lei guardandosi dietro le spalle, occhi grandi e stanchi la perseguitavano.
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IO POSSO AMARTI.
Romance"Mentre lui le insegnava a fare l'amore lei gli insegnava ad amare." Elisa si trova costretta a vivere in una voliera dalla quale vede la vita scorrere, nessuno sa della sua esistenza tranne i suoi genitori e i servi della villa nella quale ha passa...