Capitolo Quattro

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Aida aveva cambiato padrone circa quattro volte nella sua vita. Lei e suo fratello avevano viaggiato molto, visitato diverse parti dell'Impero.
Ma in Grecia non era mai stata e per quanto le sue origini glielo impedissero, lei trovava quel posto fantastico. Le colline, le scogliere, le isole...
A Roma non era così e nemmeno nel suo vecchio regno.
La Grecia sembrava molto più irreale e Aida comprese perché gli dei l'avessero scelta come loro patria, il luogo dove costruire la loro casa.
Se fosse stata una dea, anche lei avrebbe voluto vivete lì.
Ma paragonarsi ad una dea era un pensiero ripugnante per lei: era solo una schiava.
Rimase appoggiata al parapetto della nave, guardando il paesaggio estasiata.
-È bella vero?-
Aida non era abituata a quelle attenzioni e per poco non cadde in mare dallo spavento. Il soldato la prese ridendo.
-Cerchiamo di arrivarci tutti interi, va bene?- chiese ridendo e guardando la ragazza che teneva per la vita. Aida fece un sorriso e tornò a guardare lo spettacolo.
Era sicura di essere stata molto fortunata, Leonidas era il padrone migliore che lei avesse mai avuto e sembrava considerarla una sua pari piuttosto che la sua serva.
Quando il ragazzo si rese conto della posizione assunta e di come il suo petto era in contatto con la schiena della ragazza, si sentì il viso bruciare e si staccò subito da lei pieno di imbarazzo.
Ma la ragazza non ci fece caso.
-Siete parte dell'esercito della vostra città, vero?- chiese guardando il mare sotto di loro.
Il ragazzo sorrise, contento di poter parlare di cose che sapeva. Si appoggiò al parapetto, vicino ad Aida.
-A dire la verità, sono il nipote del re, il capo dell'esercito. Il re è ancora giovane, ma non ha figli e vuole che alla sua morte sia io a prendere il comando.-
La ragazza rimase piacevolmente colpita.
-Mi state dicendo che sono la schiava dell'erede al trono?- chiese con un sorriso. Leonidas si fece cupo.
-Ti prego, non dirlo mai più.-
La ragazza distolse lo sguardo. -Mi spiace, non volevo intromett...-
-Non quello. Che sei la mia schiava, non dirlo più.-
Aida non disse nulla e lasciò che il silenzio e il paesaggio calmassero l'aria tesa che si era formata tra lei e il suo padrone.
No, lui le aveva detto di non chiamarlo padrone.
Ma per lei era davvero difficile, era un segno si rispetto e una dimostrazione del riconoscimento dell'autorità del padrone da parte del servo. Lui avrebbe potuto ucciderla, trattarla come un oggetto, lasciarla a dormire con gli animali, nelle vesti macchiate dal sangue dei caduti.
O peggio ancora, avrebbe potuto usarla come Aida aveva tanto temuto, e temeva ancora, in fondo al cuore.
Ma lui non lo aveva fatto.
L'aveva salvata, le sorrideva e le parlava dolcemente, le aveva dato un letto, dei vestiti e ora una nuova casa bellissima.
Davanti a quello spettacolo Aida pensava che quasi non le dispiaceva di essere stata rapita. Leonidas era cento volte meglio della principessa.
E poi, neanche il suo vecchio regno era la sua vera casa.
L'unica cosa che la preoccupava era ciò che poteva essere successo a suo fratello Jason, ma non voleva domandarlo a Leonidas, sarebbe stata una mancanza di rispetto. Gli schiavi non avevano il diritto di chiedete certi favori al proprio padrone, sopratutto se erano al loro servizio da così poco. Magari avrebbe cercato di mettersi in contatto con il ragazzo da sola, senza chiedere l'aiuto di nessuno.
Nel frattempo la nave stava attraccando nel porto e qualche marinaio gridava e batteva le mani sorridendo. Chissà da quant'era che non vedevano casa loro.
Aida non si ricordava quasi com'era casa sua, la sua vera casa. Era passata davvero una vita, tutta la sua vita.
Ma non ci voleva pensare, stava cominciando una nuova vita, di nuovo.
-Andiamo?- Leonidas le porse una mano con un sorriso e lei la accettò volentieri, lasciandosi condurre nel porto e successivamente all'interno della città.
Guardava le case bianche, le piazze in marmo, le statue degli dei così simili eppure così diversi da quelli che conosceva lei, il tutto con entusiasmo, come la prima volta che aveva visto Roma.
-È bellissima...- sussurrò guardandosi intorno e il ragazzo rise.
-Benvenuta ad Argos, Aida.- disse lui facendo un ampio gesto con il braccio.
Argos.
Così si chiamava la sua nuova casa.
-Vieni, ti porto al castello, così ti presenterò a mio zio.-
L'idea di essere presentata al re metteva un filo di ansia ad Aida, ma non vedeva l'ora di ammirare il palazzo reale. E una volta giunta davanti ad esso, non ne rimase per niente delusa.
Le colonne di marmo si sposavano alla perfezione con lo stendardo oro e le pareti così bianche da accecare quasi.
Dentro, la sala del trono era molto più bianca di quelle romane a cui era abituata Aida, il che gliela fece sembrare un po' gelida, nonostante l'enorme bellezza.
Leonidas chiamò a gran voce lo zio e il sovrano arrivò quasi immediatamente.
Aida era incantata da quell'uomo: era così diverso dal re romano, con i capelli neri striati di grigio e la barba poco curata, che gli dava l'aria di un padre di famiglia che non si occupa molto del suo aspetto. Aveva una toga bianca e un mantello blu e non aveva armi con sé.
-Nipote! Sei finalmente tornato!-
Il re abbracciò il ragazzo e Aida abbassò lo sguardo per non mancare di rispetto ai propri padroni. Poi l'uomo si voltò verso la ragazza.
-Oh Leo, non dirmi che...- disse guardandola con un sorriso complice. Il ragazzo arrossì di colpo e si affrettò a rispondere. -Lei è Aida, la mia nuova aiutante.-
Non l'aveva chiamata serva o schiava, e nemmeno ancella.
Aiutante.
Aida provò un moto di gratitudine immenso verso quel ragazzo.
Il re fece per dire qualcosa, ma un grido acuto fece girare i tre verso l'entrata del palazzo.
-Leo!-
Una ragazza corse nel salone, fiondandosi tra le braccia del soldato, che ci mise qualche istante a realizzare cosa stava succedendo.
-Oh, eccoti.- disse in evidente disagio. Aida era brava a studiare le persone e a capirne i pensieri e sapeva per certo che Leonidas non avrebbe voluto che quella ragazza lo salutasse così. Ma Aida capiva anche che non era la prima volta che accadeva, nonostante in precedenza Leonidas avesse apprezzato molto quel saluto.
Si chiese perché non fosse felice di rivedere la giovane.
Quando la fanciulla si staccò, il ragazzo guardò verso la schiava.
-Lei è Aida, la mia nuova aiutante.- ripeté rivolto alla nuova arrivata.
-Aida, lei è Calipso, la mia...- si bloccò, non sapendo cosa dire.
-Promessa sposa!- esclamò quella, con un'enorme sorriso.
Aida se l'era immaginato, visto come quella ragazza era stata contenta di rivedere il ragazzo. Doveva ammettere che erano una bella coppia, se non fosse per lo sguardo spento di Leo, davvero poco romantico e passionale.
-Sì, esatto...- concordò lui poco convinto.
Aida fece un inchino e sorrise.
-Onorata di fare la vostra conoscenza, Calipso.-
L'altra rispose piegando il capo, poi cominciò a parlare a raffica con Leo, dicendogli che doveva assolutamente fargli vedere una cosa.
Prima che lui potesse dire qualsiasi cosa, lei lo stava portando fuori dal castello.
E Aida rimase con il re.

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