1. Duisìg- Risveglio

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La notte si stava ritirando, lasciando che l'aurora allungasse le dita chiare sui prati

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La notte si stava ritirando, lasciando che l'aurora allungasse le dita chiare sui prati.
Tutto era immobile. Neppure il più esile alito di vento muoveva i fili d'erba. Ogni creatura grande o piccola stava nascosta, ancora assopita o in cerca di riposo dopo una notte vigile.


Mentre il cielo si rischiarava, una voce ruppe la quiete, delicata e dolce come la brezza nel bosco, risonante come il rombo del tuono.


Le parole vibrarono nell'aria tersa, propagandosi per la valle come un'onda nel mare, perforando il cielo, spinte da una forza antica quanto la Terra stessa.
La magia arcana penetrò nel terreno, risuonando nelle rocce, nelle radici, nelle cavità, arrivando alle orecchie di una creatura dormiente.

- Ascolta la mia voce o re del passato, bianco astro del cielo, fulgida lama. Ascoltami!-

Laggiù, sepolto sotto la terra, l'essere giaceva cristallizzato in un sonno profondo.
Se qualcuno avesse potuto vederlo lo avrebbe creduto morto: il petto era immobile, la pelle fredda e tesa sulle membra rigide.
Da centinaia di anni giaceva così, nella camera di un tumulo, e tuttavia il tempo sembrava non averlo sfiorato: il corpo era perfettamente integro, nulla intaccava la pelle cerulea.
Un unico squarcio si apriva sul petto, segno indelebile della spada che secoli addietrogli aveva tolto la vita.

- Ascolta le mie parole figlio di Echtach, discendente della mia stirpe, sangue del mio sangue. Abbandona le fredde tenebre. Destati!-

L'antica magia di quelle parole si insinuò nel profondo del dormiente. Filtrò nella densa tenebra che abitava il suo essere, sciogliendo uno a uno i suoi vincoli fino a spazzare via l'oscurità.
Poi si espanse, permeando ogni fibra del corpo.

Qualcosa sembrò risvegliarsi nella creatura.
Obbedendo alla voce che lo chiamava aprì gli occhi, aggrappandosi a quelle note melodiose, cercando di non cadere di nuovo nel baratro di oscurità che ancora si apriva dentro di lui.

Per la prima volta dopo secoli si mosse, obbedendo all'ancestrale richiamo che lo spingeva a raggiungere la fonte della magia.
Il cuore non batteva, lui non respirava, era mosso unicamente dalla forza della voce che lo aveva risvegliato.
Senza sapere come, risalì barcollando il ripido corridoio del tumulo, sigillato tempo addietro.

Si scagliò con tutta la forza che aveva contro il pesante lastrone di pietra, bramando l'aria, la luce, il calore del sole che da troppo tempo non sfiorava la sua pelle.
Spinse e spinse, ignorando il terriccio che pioveva sul volto con lo spostarsi della pietra.
La voce crebbe d'intensità, e con essa la magia che diede nuova forza a chi l'ascoltava.

- Io ti chiamo, capitano delle schiere celesti, portatore della Spada di Luce, re dei Tuatha de Danann. Ritorna!-

Con un'ultima spallata la porta collassò in avanti, lasciando entrare la luce dell'alba nel tumulo.
L'uomo cadde in avanti trascinato dal suo stesso impeto, il corpo ormai svuotato da ogni energia.

Carponi, cercò spasmodicamente un appiglio, un punto saldo, mentre il petto cercava di alzarsi secondo il riflesso naturale del respiro.

Una mano gli afferrò il polso sinistro, delicata e decisa.
L'uomo ricambiò la stretta a sua volta, quasi fosse un'àncora salvatrice.
Quando alzò gli occhi, si dimenticò delle orrende tenebre che ancora annebbiavano la vista.

Coronata da un'aureola di luce dorata, una donna stava in piedi davanti lui. I capelli, lasciati sciolti sulla veste chiara, erano illuminati al punto da sembrare oro colato.
Tutto in lei, il portamento regale, i delicati lineamenti del volto, lo sguardo, persino la stretta sulla mano dell'uomo, tutto trasmetteva sconfinata sicurezza e tranquillità.

Gli occhi, simili a fronde illuminate dal sole, lasciavano intravedere un essere antico quanto il mondo stesso.
Profondi e sapienti, parevano scrutare nel più profondo dell'animo.

La donna sorrise appena, e appoggiò la mano sottile sul petto dell'uomo, proprio sopra lo squarcio che lo deturpava.
L'energia che scaturì da quel tocco cancellò una volta per tutte le tenebre e il gelo della morte.

Per la prima volta i polmoni si colmarono d'aria, e l'uomo urlò, mentre il cuore riprendeva a battere con impeto doloroso.

Era vivo. Non sapeva come, ma era tornato indietro.

Quando il respiro tornò regolare, alzò di nuovo lo sguardo sulla donna, che per tutto il tempo, aveva continuato a stringergli la mano.
Di nuovo gli sorrise.

- Bentornato a Eriu, Nuada-

Amhràn Argetlam - il Canto del ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora