CHAPTER 4.

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Gli lanciai uno sguardo che parlava da solo. Non vedevo l’ora di batterlo. Odioso, antipatico, arrogante, vanitoso.. che nervi! Volevo sbattergli qualcosa in testa in quell’esatto momento, qualcosa di pesante. Camminammo tutti verso la zona in cui in genere ci esibivamo, se così possiamo dire.

“Lo odio”, sussurrai a Niall. Qualcuno mise una canzone allo stereo. “Can’t Hold Us” di Macklemore, splendida. Eravamo tutti in cerchio, da una parte noi, dall’altra loro. Chiusi gli occhi, ascoltando la musica per farla entrare dentro di me. Qualcuno tra i miei amici iniziò a muoversi sul pavimento grigio a ritmo, con qualche verticale e salti all’indietro – suicides, se vogliamo essere precisi. Poi, il ragazzo di stamattina cominciò a ballare insieme ad altri del suo gruppo. Devo ammettere che erano bravi. Ma mai quanto noi.

“Coraggio”, mi sussurrò Niall all’orecchio, per poi prendermi per il polso e portarmi in mezzo alla pista. Me la ricordavo la coreografia? Pff, avrei inventato qualcosa. Niall mi guardava.. oh, forse ero io a dover iniziare! E grazie al mio incredibile talento per l'improvvisazione e qualche lampo di genio, io e il mio biondo riuscimmo a cavarcela divinamente superando di gran lunga quell'imbecille di prima.

La canzone finì e io e Niall ci guardammo fieri, eravamo stati grandi. Mi avvicinai al ragazzo che era arrivato qui per ultimo, quello che mi aveva chiamato “bambola”, quello al quale volevo sbattere la mia imminente vittoria in faccia. Allargai le braccia, inclinando la testa, in segno di sfida. Lui entrò nel mezzo del cerchio di persone e iniziò a molleggiarsi sulle ginocchia, poi iniziò a ballare. Un indian step davvero ben fatto, ma questo era da principianti. Oh, anche con il three step se la cavava, e con il six step, e con l’elicottero. Subito dopo girò sulla schiena, per poi finire in una verticale sulla testa. Si rialzò con un salto. Anche lui si esibì in qualche suicide. Poi un amico gli lanciò un bastone e lui si mise dritto su questo, mantenendosi con le braccia. Rimasi a bocca aperta, era davvero bravo. Si fermò e passò a pochi centimetri da me.

“Allora, bambola?”, sussurrò al mio orecchio. Voleva che ammettessi che era forte? Ma che? Nemmeno per sogno.

“Non te lo ripeterò un’altra volta, 'bambola' vai a chiamare tua madre”, gli dissi, spingendolo lontano da me. Ora mi stavo davvero arrabbiando.

“Woah, calma”, disse, alzando le mani in segno di resa. Incrociai le braccia al petto.

“Avevi detto che mi avresti detto come ti chiami”, sibilai. Lui si riavvicinò a me.

“E te lo dirò”, sussurrò ancora. Odiavo questa vicinanza. Volevo spingerlo via, ma le mie mani rimasero ferme dov’erano.

“Non prima di averti battuto”, rise poi. Ah, ma mi prendeva per culo? Ora gliela facevo vedere io.

“Allora credo che resterai uno sconosciuto per sempre”, risposi, guadagnando dei versi di consenso e di divertimento da parte dei miei amici alle mie spalle.

“Facciamo una cosa diversa”, mi disse. Era troppo sicuro di sé, avrei fatto qualunque cosa pur di batterlo, pur di schiacciarlo e fargli vedere di che pasta sono fatta. 

“Ma devi far andare via i tuoi amici. Io farò andare via i miei”. Cosa intendeva per “cosa diversa”? Be’, qualunque cosa fosse, avrei vinto io. Mi voltai verso i miei amici, dopo avergli lanciato uno sguardo di sfida, e lui fece la stessa cosa.

“Niall, questo idiota vuole sfidarmi. Porta gli altri fuori, non ci vorrà molto”. Lui annuì, ma mi sussurrò un

“Fai attenzione”. Poi disse agli altri di uscire fuori dal cancello, avrebbero capito dopo. Mi fece un occhiolino e gli sorrisi mormorando un “Grazie”. Mi girai di nuovo, il tipo stava accompagnando i suoi amici fuori. Non appena scomparvero dalla mia vista, lui tornò verso di me.

BROKEN HEARTED.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora