CHAPTER 5

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Oh, quindi era Liam il suo nome. Gli si addiceva, aveva proprio una faccia da Liam.

“E tu?”.

“Non credo che ti possa servire, dato che non ci rivedremo mai più”. Volevo sembrare incazzata, ma credo che riuscii a ottenere l’effetto contrario. Timida, ugh. Odiavo la gente timida e odiavo la timidezza.

“Su, non è così difficile. Sono solo due parole, pronunciale lentamente se ti aiuta”, ridacchiò lui. Mi stava trattando come una scema. Che nervi che mi dava.

“Megan McVey”, gli urlai in faccia. Lui sorrise, fiero di aver ottenuto quello che voleva. Serrai gli occhi e cercai di calmarmi, ma fu tutto inutile. 

“Senti, ringrazia Dio che non ti abbia già gonfiato la faccia a forza di schiaffi. Devi andartene, mi hai rotto le palle! Guarda che non sono la solita ragazza ‘sisi’ e blablabla..”. Feci un passo avanti, ma il mio ginocchio cedette, non permettendomi di continuare. 

“Porca puttana!”, imprecai a voce decisamente alta, arrabbiata come non mai. Non ce la facevo più. Avrei potuto spaccare tutto in quel momento, tutto. Niente crisi, per favore, era meglio evitare.

“Ehi, ehi, calmati”, sussurrò lui chinandosi su di me. 

“Ora medichiamo quel ginocchio e poi me ne vado”, continuò, sfiorandolo. A quel tocco, anche se delicato, mi ritrassi stringendo i denti. Mi guardò come per ricevere una risposta. Io alzai gli occhi al cielo, ma poi mi decisi.

“..E va bene”, sbuffai. Tese le sue braccia per prendermi, ma io scossi la testa. 

“Non mi serve il tuo aiuto”, mormorai, prima di accorgermi di aver ripetuto la frase già pronunciata prima del fatidico salto. Mi rialzai e riuscii ad arrancare qualche passo. Liam restò fermo lì a osservarmi, con le braccia incrociate al petto, mentre zoppicavo un altro po’ sul pavimento lucido grigio, che non mi aiutava per niente a causa dell’umidità che lo rendeva scivoloso. Ma poi sentii qualcosa sollevarmi. O meglio qualcuno. Ero tra le braccia di quello sconosciuto. Manteneva la mia schiena con un braccio e con l’altro mi reggeva da sotto le ginocchia. 

“Ti ho detto che faccio da sola!”, gli dissi, mentre lui non mi guardava nemmeno. Stava andando verso il suo motore, in cui, il mio mitico senso logico -alterato più che mai in quell’istante- , suppose che ci fossero delle cose per medicarmi. 

“Oh, andiamo! Non ti reggi nemmeno in piedi”, rispose. Dio mio, che nervi! Gli tirai un pugno sul petto per la frustrazione che mi procurava. Non credo si fece molto male, anzi. Fottuto Liam Payne. Mi poggiò sul sedile del suo motore e prese una cassetta. Organizzato, il ragazzo. Tirò fuori una garza bianca e dell’acqua ossigenata e lo osservai attentamente: mi pulì il labbro rotto e poi tirò su i miei leggins neri. Sotto si era fatta strada una grossa macchia di sangue. Passò l’acqua ossigenata con un batuffolo di ovatta anche lì, facendomi ansimare leggermente. E lui sorrise. Volevo tanto che quel coglione mi spiegasse per quale diavolo di motivo stava ridendo. Mi morsi un labbro per non farmi sfuggire parole che era meglio non dire, ma lui rise ancora.

“Smettila, pervertito del cazzo”, urlai. Lui, imperturbato, mi fece muovere il ginocchio su e giù.

“Nulla di rotto. E ora puoi anche smetterla di fare la principessina altezzosa e ringraziarmi”, mi disse calmo. Rimasi senza parole per le troppe che avrei voluto dirgli, o meglio urlargli.

“Io.. io non sono una principessina altezzosa!”, gridai arrabbiatissima.

“E per cosa dovrei ringraziarti?! Per avermi fatto rischiare di spezzarmi una gamba? O forse per aver riso di me tutto il tempo? Ma se preferisci potrei farlo anche per avermi chiamato ripetutamente “bambola” anche se lo odio con tutto il mio cuore, quel nomignolo!”. Tutto ciò che fece fu mettermi giù dalla sua moto e allungare di nuovo le braccia verso di me per prendermi in braccio.

“Oh no, te lo scordi!”, gli dissi. Ma che pretendeva adesso?!

“Su, ti porto a casa”, mi rispose, sempre tranquillissimo mentre si passava una mano nel ciuffo castano. Mi chiesi seriamente come faceva a restare così calmo quando io stavo esplodendo.

“No, guarda, non farti nessun problema. Viene a prendermi mio fratel..”, dissi prontamente, ma il mio IPhone mi interruppe. Un messaggio, da James. Inconsapevolmente lo lessi ad alta voce.

“Mamma è tornata e le ho detto che eri già a letto. Quando arrivi entra dalla mia finestra. Fatti accompagnare da qualcu..”. Mi interruppi di nuovo. Payne stava sorridendo. Il tempismo di mio fratello era una cosa incredibile.

“Andiamo..”, mi disse, riprovando a prendermi. Era davvero stupido, quel ragazzo.

“Non ho alcuna intenzione di tornare a casa con te”, risposi, separando ogni parola dall’altra e gesticolando con le mani. 

“Preferirei farmi accompagnare da Saw in persona, piuttosto che da te”. La sua espressione non cambiò. Non disse nulla, ma non sembrava per niente offeso, anzi. Come faceva?! Insomma, chiunque ci sarebbe rimasto maluccio, ma lui no.

“E sentiamo, chi ti accompagna?”, mi chiese. Pensai che mia madre non mi avrebbe mai permesso di andare in giro a piedi a quell’ora, nemmeno accompagnata.

“Niall”, risposi fredda. Era ovvio.

“Il biondino sfigato?”, chiese con un’aria di superiorità. Oh, questa non doveva farmela.

“Sfigato sarai tu, coglione!”, gli urlai spingendolo. “E’ il ragazzo più figo di Manchester e se ti azzardi a dire un’altra mezza parola su di lui, giuro che quella testa te la ritrovi montata al posto del culo”. Ecco quello che si meritava quell’imbecille. Lui ignorò del tutto la mia sfuriata, cosa che mi fece incazzare ancora di più.

“.. Comunque è meglio se vieni con me, non puoi fare tanta strada con quel ginocchio. Se poi si infiamma..”. Mmh, che nervi. Tutte scuse per farmi andare con lui su quella moto.

“No! Non salirò su quel motore, non mi farò accompagnare, cazzo! E ora spostati, devo tornare di là”, gli dissi, determinata a non dargliela vinta. Lui si spostò e mi fece passare, seguendomi subito dopo. 

“Smettila di starmi dietro. A mai più. Aloha, seňor cogliones”, sibilai girandomi per scollarmelo di dosso e mantenere, per quel poco che ne restava, la mia dignità. I ragazzi erano tutti fuori e notai con estremo disagio che ci fissarono tutti quando uscimmo dal cancello. Abbassai lo sguardo, ero terribilmente imbarazzata. I suoi odiosissimi amici del cavolo ridacchiarono, ma non riuscii a fare altro che fulminarli con lo sguardo. Era una situazione odiosa. Il primo che si avvicinò a me fu chiaramente Niall.

“Zoppichi, Meg. Cos’è successo?”, mi chiese preoccupato, mentre metteva il mio braccio intorno al suo collo, aiutandomi a stare su.

“Quello stronzo, Niall, colpa sua”, gli risposi, senza cercare di mantenere un tono di voce basso. Vidi già i lineamenti del biondo indurirsi. Dovevo spiegargli com’era andata, sapevo già che stava pensando a chissà cosa.

“Portami a casa, ti spiego strada facendo”, continuai.

“No. No, gliela devo far pagare a quel coglione”. Era davvero arrabbiatissimo.

“Niall, aspetta. Ora ti spie..”, cercai di oppormi. Decisamente troppo tardi. Oh sì, se era tardi. Niall mi aveva lasciata a Harry, che ora mi sosteneva tenendomi per un fianco, e lui era andato dritto, troppo dritto, verso Liam. E, pam, un pugno. In piena faccia. 

Nuovo capitoloo, tutto per voi haha!

A breve il prossimo, un abbraccioo

Alo♡

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 23, 2014 ⏰

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