CHAPTER 2.

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Il familiare viso del mio migliore amico apparve davanti ai miei occhi. Il suo ciuffo biondo, il suo naso a patata, come dicevo io - anche se in realtà era perfetto - i suoi occhi di un azzurro abbagliante e il suo sorriso dolce.

“Niall!”, urlai abbracciandolo. Rise in quel modo adorabile che solo lui aveva. 

“Già qui?”, gli chiesi, guardandolo.

“Ehi, sono le quattro e mezza, genia!”. Sventolò una mano davanti ai miei occhi. Risi e scossi la testa: non me ne ero nemmeno accorta! Presi cinque, o forse sei, campioncini di quel buonissimo profumo e glieli infilai nelle tasche dei pantaloni a cavallo basso. Non avevo una borsa, come al solito. Puntai immediatamente verso l’uscita del supermercato, fregandomene degli ultimi clienti che con le loro voci odiose mi chiedevano cose del tipo “Qual è il reparto in cui si trovano le creme per le punture di calabrone?” o “Mi sa dire qual è più fresco tra questo cavolfiore e quest’altro?”. Pff, ma per favore. Mormoravo un “Non sono in servizio” ogni tanto, giusto per non essere del tutto scortese. Mi tolsi il grembiule rosso che mi costringevano a indossare, poi presi un pacchetto di popcorn al cioccolato Milka che avevo conservato sotto alla cassa e lo diedi a Niall. Era il mio porta-oggetti ufficiale, quell’irlandese biondo. Presi la mia tavola e salutai quegli sfigati dei dipendenti che facevano il prossimo turno perdendosi la parte migliore della giornata.

“Su, andiamo”, dissi a Niall, mentre, uscendo dalle porte automatiche del centro commerciale, poggiai il mio skateboard verde fosforescente a terra. Lui fece la stessa cosa con il suo e mi seguì per le larghe strade di Manchester. Era il momento più bello, quello. Il sole non era ancora tramontato e si vedeva bene, la gente girava per le strade, i negozi erano aperti e c’era un’atmosfera splendida. Io, Niall, i nostri skateboard. Oh, e il cibo. Mi lanciò la bustina di popcorn che aprii, mangiando qualcuna di quelle palline al cioccolato. Allungai un braccio per fargliene prendere alcune, mentre acquistavo velocità in modo da stare al passo con lui, che aveva chiaramente delle gambe più lunghe delle mie.

“Chi ci sarà?”, gli chiesi, ancora con la bocca piena.

“Boh, credo i soliti”, mi rispose, sistemandosi il New Era in testa. 

“.. Harry mi aveva detto che ci sarebbe stato qualcun altro, se non sbaglio, ma non ricordo proprio”, ammise poi. Roteai gli occhi, era sempre il solito. “Tanto, si sa, i migliori siamo noi, Meg”, mi sorrise subito dopo. Risi anch’io, facendo lo slalom in mezzo ai passanti. Amavo quella città: la gente sorridente, i match di calcio, i miei amici. Ma il mio sogno era un altro, il mio sogno era Los Angeles. Quello era il più bel posto al mondo, sognavo di andarci sin da bambina. E magari, un giorno ce l’avrei fatta. Dopo qualche minuto di pura follia, tra ollie improvvisati e sottospecie di flick, io e Niall arrivammo al luogo in cui trascorrevamo la maggior parte delle nostre giornate: le rampe. Era un posto fantastico. Skateboard, breakdance, street art e musica. Tutta la mia vita in un luogo solo, insomma. Oltrepassato il cancello che ci divideva dal resto del mondo, scendemmo dagli skate. Salutai tutti i miei amici, i soliti, diciamo.

“Ehi, Meg”, mi salutò Harry con un cinque. Il ragazzo dai folti capelli ricci era nella nostra compagnia da anni, da quando l’avevamo fondata, probabilmente. Era il migliore amico di Niall dalla nascita, ne avevano passate di tutti i colori, quei due. Per me, era una persona importantissima. Una di quelle che ti capiscono sempre, una di quelle alle quali puoi parlare di tutto. 

“Haz!”, gli sorrisi, spostando i capelli su una spalla. 

“Chi è che verrà oggi? Quell’idiota di Niall non si ricorda”, risi, mentre alzavo gli occhi al cielo. Rise anche lui, socchiudendo i bellissimi occhi verdi.

“Dovrebbe venire un gruppetto nuovo. Dicono che sono forti”, ammise poi, sistemandosi i riccioli scuri con una delle sue grandi mani. “.. ma secondo me sono solo dei montati”, disse ridendo. D’un tratto sentii un rombo assordante che mi fece voltare. Una moto nera aveva appena oltrepassato il cancello scrostato. Il ragazzo che la guidava si tolse il casco e si passò una mano tra i capelli scuri. Era alto e aveva un accenno di barba, qualche piercing e dei tatuaggi sulle braccia. Tutti noi lo stavamo guardando.

“Oh, quindi è questo il posto..”, mormorò. Sembrava schifato e questo mi dava terribilmente sui nervi. Niall si avvicinò a lui per primo. Era il nostro posto quello. Quel tipo non aveva il diritto di metterci piede così, criticandolo pure.

“Che vuoi?”, gli chiese Niall duro, con le braccia incrociate sul petto.

“E tu saresti?”, rispose con un’altra domanda il tipo che avrei potuto schiaffeggiare da un istante all’altro.

“Uno che presto ti manderà a fare in culo lasciandoti pure un biglietto da visita”, sputò Niall. Amavo il fatto che si mettesse in gioco per difendere ciò a cui teneva.

“Allora, che vuoi?”, ripeté con il suo accento.

“Il mio gruppo mi ha mandato per dirvi che ci vediamo domani, invece che oggi”, sibilò il ragazzo.

“Volete allenarvi un altro po’, figli di papà?”, lo prese in giro Niall. Trattenni una risata e mi avvicinai a lui.

“Altro che!”, fu la risposta di quell’arrogante. “Possiamo battervi, sempre”. Marcò l’ultima parola con decisione.

“Io non ci scommetterei”, risi dopo, entrando improvvisamente nella conversazione.

“E adesso tu chi sei?”, sbuffò infastidito il ragazzo, squadrandomi dalla testa ai piedi.

“Sono una che ti sta lanciando una sfida, proprio ora”, gli dissi andando in avanti con il busto, con un sorriso beffardo. Scambiai uno sguardo con Niall e Harry. Avevano già capito.

“Una street-fight”, mi fece eco Harry, facendo sì che alle nostre spalle si levassero dei versi di approvazione. Il nostro branco.

“Stanotte, qui”, aggiunsi sorridendo. Il tipo odioso sembrò pensarci su. Ringraziai Dio per il fatto che fosse venerdì: niente scuola il giorno dopo.

“Ci sto”, rispose. Subito dopo, fece marcia indietro e sgommò.“A più tardi, perdenti!”, disse marcando l’ultima parola, con il dito medio alzato. Se non mi buttai addosso a quell’idiota, fu solo grazie a Niall che mi prese per il polso. Mi sorrise, battendo il suo pugno contro il mio mentre mi mormorava calmo:“Tranquilla Meg, gliela faremo vedere noi” 

BROKEN HEARTED.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora