Sope/Yoonseok

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rat. verde.

Due ragazzi sedevano alla fermata del treno di una piccola cittadina nel sud del paese.

Era sera, ed era domenica. Nessuno, a parte loro, era presente in quella minuscola stazione da una sola linea.

Uno dei due, il più piccolo, teneva la testa poggiata sulla spalla dell'altro, e le loro mani erano strette insieme, come a confortarsi a vicenda.

Il cielo era pieno di sfumature, il tramonto aveva colorato tutto quello che li circondava.

Nessuno dei due parlava, ma entrambi avevano lo sguardo rivolto davanti a loro, verso l'orizzonte, guardando ammaliati quello spettacolo.

Rosso.

Il colore più vicino alla linea del mare.

Rosso come i capelli di uno dei due; Un rosso acceso, puro, non ancora sbiadito dai lavaggi. Un colore che rispecchiava appieno il suo carattere: acceso, caloroso, pimpante, quasi piccante in certi casi, il colore perfetto per lui.

Arancione.

Come il loro primo appuntamento, in un piccolo bar del paese, intenti a bere un succo all'albicocca, e a parlare di loro, delle loro emozioni, del loro sogni, come quello di fuggire di lì.

Giallo.

Come quel campo di girasoli, dove si erano dichiarati per la prima volta, e si erano donati l'uno all'altro, nascosti da quei fiori magnifici, al di fuori di occhi indiscreti e critici, come quelli che erano costretti ad affrontare tutti i giorni, in quel paesino, tanto piccolo quanto tradizionalista e "vecchio".

Rosa.

Come le loro labbra, un paio piene e soffici, l'altro secche e sottili, ma che insieme sembravano combaciare così bene. Forse perchè quello che l'una non aveva ce lo metteva l'altra.

Viola.

Come l'ultimo colore dell'arcobaleno, a significare "ti amo e mi fido di te", un po'come loro, come il loro rapporto.

Viola come quei piccoli segni presenti sui loro colli, quei lividi che, invece che duolere, fanno solo stare meglio, sentendosi amati, protetti appartenenti a qualcuno. E loro si appartenevano. 

Blu.

Come i capelli dell'altro ragazzo, quello appartentemente più serio e menefreghista, ma colui che aveva protetto il più piccolo, con tutte le sue forze, che lo aveva salvato da tutti quegli sguardi, quelle critiche, a cui non era abituato. Che lo aveva aiutato a non mollare tutto, a non rinunciare alla sua felicità per uno stupido pensiero di gente esterna.

Blu come il mantello da supereroe, o principe, che portava e che nessuno riusciva a vedere, se non il rosso, essendo stato salvato.

Quello sarebbe stato il loro ultimo tramonto in quel posto.

Eppure a nessuno dei due sembrava importante.

Avevano visto così tanti tramonti, e così tante albe insieme, che avevano perso il conto. Questa sarebbe stata solo una delle tante, non l'ultima sicuramente.

Erano felici, non sentivano quel senso di colpa che si dovrebbe provare lasciando la propria casa, loro non vedevano l'ora.

Così, quando l'unico treno, quello diretto alla metropoli, passò per quell'unico binario, si alzarono entrambi dalla panchina dov'erano seduti.

Il maggiore porse la mano al rosso, che, con un sorriso abbagliante l'afferrò, ed entrambi entrarono dentro un vagone, cercando un posto dove sedersi per passare le lunghe ore di viaggio.

Erano finalmente liberi, di essere loro stessi, di amarsi, di passare la loro vita insieme.

Non guardarono indietro nemmeno una volta.

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