prologo

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Mi sveglia di soprassalto con gocce di sudore fredde che mi scendevano dal viso.

Avevo sognato di nuovo quel luogo... uno spiazzo di terra con un tronco enorme nel mezzo.

Ma... cosa significava? Era come se mi chiamasse, mi attirasse...

Forse voleva che lo trovassi, o semplicemente era solo uno stupido sogno come tanti altri. Non sarebbe stata la prima volta che facevo un sogno ridicolo e senza significato, ma la maggior parte delle volte facevo sogni reali, sogni che avevano un significato ben preciso.

Non me lo riuscivo a spiegare. Perché non riuscivo a dare una ragione a tutto questo?

Mi guardai attorno. La mia camera era vuota e insignificante. Le pareti erano spoglie. In quella stanza c'erano solo un letto, un armadio e uno specchio. Che felicità.

Sistemai un ciocca di capelli scuri, che si era attaccata alla fronte madida di sudore, dietro l'orecchio e sospirai.

Buttai le coperte giù dal letto con uno strattone e mi alzai con una mano sulla fronte, intenta ad asciugarla.

Andai a guardarmi allo specchio e notai che i miei occhi erano di nuovo argentati e brillavano.

Dovevo controllare meglio il mio potere sovrannaturale. Se mi sarei trasformata in pieno giorno davanti a tutti in una ragazza/lince, mi avrebbero o uccisa o portata in un manicomio per gente come me.

Chiusi gli occhi per un paio di secondi e poi li riaprii.

Ecco come ero veramente.

Dei denti appuntiti e affilati come rasoi sostituivano i due canini. Gli occhi argento luccicanti. Lunghi artigli mi uscivano dalle mani dove sarebbero dovute esserci le unghie. Le orecchie... più lunghe del normale con dei ciuffi sulle punte.

Ero un mostro. Ecco cos'ero.

Richiusi gli occhi disgustata e poi li riaprii, felice di vedere una normale ragazza di 17 anni dai lunghi capelli castani, gli occhi scuri e un sorriso sghembo che mi dava l'aria di una che la sa lunga; la maglietta lunga che usavo per dormire era ridotta a brandelli, con un graffio che squarciava metà maglia; e il colletto - se era rimasto il colletto - morso e strappato da denti affilati.

E la colpa era mia. Ero io che l'avevo ridotto così il mio pigiama, perché ogni tanto mi trasformavo di notte e avevo degli attacchi d'ira.

Ma perché a me? Era questa la frase a cui pensavo sempre.

Perché a me?

Artigli sfoderati //Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora