Capitolo sei

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Louis

«Non sono malaccio», dissi a Ryan.
Ryan e io incontrammo Seth e Avery al parco domenica pomeriggio, e Ryan fece magicamente in modo di trovarci posti centrali anche se erano stati assegnati. Ero sicuro che l'aver nominato la compagnia discografica di suo padre ci avesse dato una bella mano.
«Hanno una sonorità diversa ma senza essere eccessivi». Tirò fuori il suo telefono e registro stralci dello spettacolo. Guardai Seth e vidi che aveva il suo braccio intorno alle spalle di Avery, mentre lei si appoggiava a lui con una mano sulla coscia. Erano connessi fra di loro anche se entrambi concentrati sulla musica. Ogni tanto, Seth le passava la mano tra i capelli, o lungo il collo, e lei lo guardava e sorrideva. Si, lo ammetto, l'amore funzionava....per alcune persone.
Guardai Ryan. Era divertente e aveva un gran senso dell'umorismo. Dopo essersi diplomato si era tagliato i capelli e si era coperto le mèches rosse. Portava ora un caldo colore castano che ricordava il caramello e si sposava benissimo con i suoi occhi. Fece tutto per avere l'aria più professionale. Ora che stava facendo il tirocinio tre giorni a settimana presso un elegante studio di decorazione di interni, per gente con troppi soldi, doveva recitare la parte.
Mi vide che lo fissavo e mi fece l'occhiolino. Gli sorrisi. Con lui era facile. Sesso. Nessuna aspettativa. Nessuna richiesta di un impegno maggiore. Sapevo che se la stava solo spassando, e lo stesso era per me. Eravamo perfetti insieme. Ci completavamo, in quel momento. Sapevamo entrambi che questa non era una relazione a lungo termine.
«Non sono male», disse Avery.
Ryan alzò le spalle come se non fossero granché. Ci furono altri gruppi ma nessuno di questi fu degno di essere registrato. Lei giocherellava con i suoi capelli, un segno che si stava annoiando.
«Hai finito?», le chiesi.
«Dio, si. L'ultima band mi ha fatto quasi sanguinare le orecchie».
Non erano stati così male, ma il chitarrista doveva smetterla con i suoi assoli alla Jimi Hendrix.
Mi rivolsi a Seth: «Anche voi siete pronti ad andare?».
Cominciamo ad allontanarci, e misi la mia mano sulla schiena di Ryan mentre comminavamo fra la folla. Ci saranno state trecento persone davanti al padiglione, ora.
«Vado a prendere da bere. Qualcuno vuole qualcosa?», dissi indicando le bancarelle allestite da un lato.
«Non credo che avranno uno Screaming Orgasm qui, quindi immagino che aspetterò», rispose Ryan, facendomi un sorrisetto. Era quello che bevve la sera che ci incontrammo - è quello che ricevette poco più tardi. Apparentemente era anche il suo programma per quella botta. Per me non c'era nessun problema.
Mi misi a ridere. «Voi andate avanti, io vi raggiungo».
Feci una corsa verso la fila più corta, davanti al banco che vendeva tortillas con finto formaggio squagliato sopra e corn dogs. Quando fu il mio turno chiesi una soda. Non ci volle molto per raggiungere gli altri. Avery guardò la mia bibita e arricciò il naso. «È tutto a base di sciroppo di mais e merda artificiale, sai?». Si girò verso Seth per un appoggio morale e lui annuì. Gli diedi quasi un pugno lì per lì - se le cose fossero rimaste così, Avery avrebbe cominciato presto a fissarli appuntamenti mensili per la piedicure e le cerette alle sopracciglia.
Bevvi un bel sorso e poi feci un «Aah» di soddisfazione esagerato. «E qui gli aromi artificiali hanno un sapore delizioso».
Ryan rise e mi diede una pacca sul braccio «Louis, non la prendere in giro!». Feci un sorrisetto e mi avvicinai a lui per chiedergli se voleva un sorso quando sentii pronunciare il mio nome. Con tutta la gente al parco ci saranno stati almeno una dozzina di Louis, quindi mi guardai intorno senza troppa convinzione.
«Ehi, Louis!», sentii di nuovo, e vidi Noah attraversare di corsa il parco giochi verso di me. Non potevo non sorridere alla vista di come muoveva le braccia mentre correva. Quando si fermò davanti a noi mi puntò contro il pugnetto chiuso. Questa volta sghignazzai. Quando stavo lavorando alla macchina di Harry ci inventammo una nuova stretta di mano. I nostri pugni si scontrarono, le nostre mani si aprirono e dicemmo contemporaneamente: «Pssss!».
Qualcuno si schiarì la gola dietro di me e quando mi girai vidi tre sguardi molto curiosi.
«Ragazzi, questo è Noah. Lui è...».
«Noah», una voce senza fiato lo stava chiamando. «Non scappare mai più così. Mi ha spaventato a morte...».
Harry alzò gli occhi e il resto delle sue parole gli si gelarono in bocca quando incontrò i miei occhi. «Oh, ciao».
«Ehi». Non potei non notare quanto sembrassero lunghe le sue gambe in quel paio di jeans. I suoi capelli erano raccolti sulla nuca e c'era una matita che li teneva insieme. «Come va la macchina?».
Sorrise. «Perfettamente. Meglio del solito».
«Fammi sapere se ti dà altri problemi».
Guardò Noah, poi mi sorrise da sotto le sopracciglia. «Lo farò».
«Chi è il tuo amico?», chiese Seth, avvicinandosi. Dimenticavo che mi stavano tutti aspettando. Merda. Non gli avevo raccontato di aver messo a posto la macchina di Harry, o che l'avessi incontrato, perché anche se giocavamo tutti insieme da ragazzini, lui non era mai stato un suo grande ammiratore, specialmente quando io e Harry incominciammo a frequentarci lui divenne il terzo incomodo. Poi lo detestò quando mi spezzò il cuore. Lo sguardo di Harry viaggio da me a Seth vidi il panico balenargli per un istante negli occhi quando lo riconobbe, prima di alzare il mento.
Mi grattai la nuca. Le cose stavano per mettersi male in fretta. «Ehm, ti ricordi di Harry?».
Sentii Seth irrigidirsi accanto a me. «Mi stai prendendo per il culo» disse in uno stato di stizza. E gli lanciò un occhiataccia, poi fece lo stesso con me.
«Seth», lo riprese Avery, tirandolo da una parte. «C'è un bambino, modera il linguaggio».
Le guance di Harry si tinsero di rosso e lui afferrò la mano di Noah. «Dovremmo tornare al parco giochi», affermò senza guardare nessuno.
Seth incrociò le braccia. Alzò un sopracciglio e sapevo, ne ero certo, che sarebbe stato un idiota prima ancora di aprire la bocca.
«Bello vedere come accettare l'offerta di tuo padre abbia dato i suoi frutti esattamente come pianificato, Harry. Ne é valsa la pena, vero? Comportarsi da stronzo senza cuore, dico».
Avery sussultò, e le guance di Harry assunsero dieci diverse sfumature di rosso.
Seth non aveva alcun diritto di parlargli così, mi girai e gli intimai in faccia: «Ehi, datti una calmata. Quella che hai detto é una cosa da stronzo».
«Hai ricominciato a vederlo?», chiese. «Quando diavolo avevi intenzione di dirmelo,Lou? Cristo, credevi che avessi imparato la lezione la prima volta».
Strinsi le mie dita in un pugno. Io e Harry non eravamo più nulla e lui doveva smetterla di comportarsi come uno stronzo.
«Louis, lascia perdere», disse Harry con un filo di voce. «Non fa niente. Devo tornare al nostro tavolo comunque. Ci... ci vediamo in giro. O forse no...», mormorò un saluto prima di prendersi con sé Noah, apparentemente molto confuso.
Amavo Seth come un fratello, ma in quel momento avrei voluto solo dargli un pugno. «Che cazzo hai fatto?», ruggii.
Seth fece spallucce. «Cosa? É la verità. Aveva un'offerta per una vita migliore e l'ha presa al volo. E ora guardalo, incastrato con un figlio a ventun anni. Devi ammettere che c'è dell'ironia in tutto questo».
Avevo capito. A Seth non piaceva Harry, ma questo non giustificava il suo comportamento da testa di cazzo. Così non andava bene. Sapevo che non avrebbe mai chiesto scusa, ma qualcuno doveva pur farlo. Cominciai a camminare verso di lui quando lui mi trattenne per il braccio.
«Sul serio? Lo stai seguendo? Perché?», mi chiese con insistenza.
«Forse dovresti lasciare che Louis se la sbrighi da solo», gli disse Avery, tenendolo per il polso.
Seth sbuffò: «Quando si parlava di Harry non era mai in grado di pensare lucidamente. Non riesco a credere che tu non mi abbia raccontato di lui. Non fare lo stesso errore. Ti ha mandato davvero fuori di testa. Quanto tempo ci hai messo prima di riuscire ad ammettere che non ti avrebbe più richiamato, sei mesi? Non hai bisogno di questo un'altra volta».
C'era troppa verità in quelle parole per far finta di niente è una fitta mi colpì al cuore. L'autunno che Harry smise di chiamarmi, mia madre se ne andò. Fu un anno del cazzo a scuola, uno di quelli che mi fece ricredere su tutto ciò che credevo di sapere. Ma Seth si era comportato male e Harry meritava delle scuse. Se non da lui, almeno da me. Con un sospiro, Seth lasciò andare il mio braccio. «Certo, sii un cretino. Va' e fai un altro enorme sbaglio. Così avrò l'occasione di dirti "te lo avevo detto"».
Seth se ne andò infuriato, e Avery rimase lì, mordendosi la lingua. «Guarda, non vuole essere uno stronzo. É solo che tiene molto a te».
«Be', qualcuno dovrebbe andare a chiedere scusa a Harry. Nessuno si merita di essere trattato così, non importa cosa abbia fatto sette anni fa», dissi.
«Oh, Seth mi sentirà per quanto riguarda le buone maniere, credimi!», insisté Avery con un'occhiataccia.
«Allora che faccio....torno a casa con loro?», chiese Ryan. «Così lo puoi andare a cercare»
Mi ero dimenticato che lui fosse lì. Cazzo. Mi tolsi il capello e passai la mano tra i capelli. Guardai nella direzione in cui era andato Harry, ma la folla l'aveva già fagocitato. Avrei potuto seguirlo, diavolo, sapevo dove viveva. Scossi la testa. Che cazzo stavo facendo?
Sapevo che quello era più che chiedere scusa per il comportamento di Seth. Lo sguardo negli occhi di Harry quando Seth aveva perso la testa mi aveva messo in ginocchio, e il mio unico impulso era stato di proteggerlo. Prendermi cura di lui.
Ma poi cosa? Non sarebbe cambiato niente.
Ero ancora lo stesso tipo di tre giorni fa, anche prima di incontrare Harry.
Feci un sospiro. Avevo un nodo nello stomaco, ma allungai il braccio e presi la mano di Ryan. Sapevo come sarebbe stato con lui. Semplice. Ed era tutto quel che volevo. Era ciò che voleva anche lui. Mi potevo permettere una relazione così, senza impegno. Farmi coinvolgere con Harry sarebbe stato un enorme errore. Avevamo troppo alle nostre spalle. Seth aveva ragione su un punto: non avevo bisogno di tornare a quella situazione. Non potevo dargli quello che il mio io più giovane aveva. Non in quel momento. Non era nel mio DNA.
Non volevo nulla di più e Avery aveva ragione. Dovevo smettere prima di ferire qualcuno che non se lo meritava. Sopratutto Noah.
«No. Andiamo». Lo portai via, verso il parcheggio.
Ryan non disse nulla, ma potevo vedere come mi guardava di soppiatto. «Pensi ancora di venire sta sera?», mi chiese. Aveva già accennato al doppio senso dello Screaming Orgasm prima. Ignorai il senso di colpa nello stomaco e annuii.
Quella era l'unica cosa che sapessi fare.

🌈
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Dimmi che ti manco. Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora