Capitolo sette

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Harry

Misi Noah nel suo seggiolino, pensando a tutte le cose che avrei voluto gridare a Seth senza averlo fatto. Invece ero scappato come il perdente che ero. Avrei dovuto farmi rispettare, anche per Noah, ma vedere lì Louis con un bel ragazzo che aveva chiaramente successo nella sua vita mi aveva mandato in palla. Sembrava che fossero fatti l'uno per l'altra. Vidi come lo prese per mano quando ritornai al tavolo dove avevo lasciato i miei libri. Si avviarono verso l'uscita mano nella mano, le teste appoggiate l'una all'altra.
Non solo erano fatti per stare insieme; erano insieme.
Mi aveva messo a posto la macchina perché Louis era fatto così. Almeno ora sapevo e potevo smettere di giocare il gioco del "chissà se" che permaneva nella mia testa dal venerdì precedente, quando mi aveva accompagnato alla porta di casa e sembrò che una scintilla fosse accesa tra di noi. A quanto pare, era tutto nella mia testa. Peccato che il mio cervello non volesse accettare la realtà è i miei sogni fossero tutti su Louis. Ogni volta, vivevano insieme nella nostra casa con la porta blu e quel ragazzo entrava e con un gesto leggero prendeva la sua mano e lo portava via. Lui non diceva mai nulla quando se ne andava.
Non mi serviva uno psicologo per capire il significato di quel sogno.
Questo fino alla sera del mercoledì seguente, quando stavo servendo da bere ai ragazzi che erano venuti a vedere le spogliarelliste esibirsi sul palco, allora capii. Non avevo nulla di cui vergognarmi. Avevi un piano, e le circostanze erano cambiate. Avrei fatto qualsiasi cosa per proteggere Noah e avrei continuato a farlo. Non mi importava nulla di ciò che pensavano gli altri.
«Spero che quell'occhiataccia non sia per me», disse Eve. «Stai fulminando con gli occhi, amico». Lei era una delle cameriere che sapeva muoversi abilmente in un mare di mani per portare boccali di birra e cocktail.
«Scusami». Rivolsi l'attenzione verso le bottiglie che erano davanti a me. Non avevo fatto amicizia con nessuno delle ragazze che lavoravano lì. Tentavo di mantenere la vita lavorativa e quella privata più separate possibile. Eve si appoggiò con i gomiti al bancone di legno lucido.
«Fammi indovinare, un uomo?»
Alzai il bicchiere che stavo tenendo in mano e lo divisi verso di lei.
«Se vuoi sapere la mia opinione, qualsiasi cosa con un pisello é una testa di cazzo» Mi fece un sorriso e mi ci volle un po' a capire che cosa intendesse. Quando spalancai gli occhi, si mise a ridere. «Già, mi piacciono i miei uomini con molte più curve e molto meno pacco».
Wow. Lavoravo lì da più di un anno e non me ne ero accorto. Non mi sorprese il fatto che non sapessi, solo che immaginavo che chi lavorasse in una strip club avesse un debole per gli uomini. A pensarci bene, non so Perché quella fosse la mia convinzione. Le ragazze non usavano neanche il loro vero nome lì dentro, me incluso. Il mio nome tra le cinque e l'una era Filip.
Ognuno di noi aveva una vita di cui non parlava, al di fuori di quelle mura.
Guardai Eve di soppiatto. Era davvero splendida. La sua pelle color caramello riluceva nella luce soffusa del locale e aveva i capelli neri lunghissimi, che le accarezzavano la schiena quando camminava. I pantaloncini e il corsetto che erano l'uniforme che doveva indossare in quanto cameriera, le stava benissimo, e più di un ragazzo distoglieva lo sguarda dal palco quando passava lei.
«Stai pensando di cambiare squadra, tesoro?», disse Eve, maliziosamente. Quando la guardai mi fece l'occhiolino. Oh. Oh.
Potevo sentire il calore salirmi sul viso. «No».
Mi sentii osservato dalla testa ai piedi. Non dovevo indossare i pantaloncini, ma i pantaloni di pelle che avevo addosso erano a vita bassa e portavo il corsetto. Il trucco era pesante e i miei occhi avevano più ombretto del solito.
«Peccato», disse. «Fammi sapere se ti viene la curiosità». Pose i suoi ordini sul vassoio e se ne andò tranquillamente.
Qualche pianeta doveva essere in posizione retrograda perché tutti durante quella settimana stava andando storto. Prima Louis, poi quel cretino di Seth e ora Eve. Su, giù, su.
Quindi ora sarebbe arrivato il giù. Perfetto.
Le cose erano andate malaccio per un po'.
Era ora di smetterla di piangersi addosso, cominciai quindi a lavorare sul prossimo ordine. Le ora volarono e all'improvviso fu il momento di pulire tutto. Mettevi a posto mentre lavoravo, quindi non rimaneva mai troppo da fare tranne portare il vassoio di bicchieri sporchi nella cucina sul retro.
Poi avrei potuto posare il mio asciugamano, prendere lo zaino, e andare a casa.
Allungai la mano sotto il bancone e presi la mia busta con lo stipendio. Potevi tenere per me le mance lasciate al bancone e il dieci per cento lasciate alle cameriere. Quella sera era stata lenta ma costante, il che significava che avevi fatto più o meno centocinquanta dollari. Abbastanza per poter pagare la bolletta della luce che avevo rimandato a causa della macchina.
Pensare alla mia macchina mi fece tornare in mente Louis. Dovevo smetterla. Ero un uomo capace e un pendente che poteva pensare a se stesso. E sì, forse ero un po' solo, ma avevo molta scelta se avessi voluto. Dove lavoravo, gli uomini erano ovunque.
Alcuni clienti abituali mi lasciavano il loro numero di tanto in tanto. La logistica sarebbe stata difficile: non avrei mai potuto avere un uomo nell'appartamento, non con Noah, ma cosa mi sarebbe rimasto? Il suo appartamento o una camera d'albergo? Non sarebbe stato da me. Quindi per più di un anno rimasi solo e usai tante batterie.
Non che Louis potesse essere un'opzione. Sfortunatamente avevo bruciato quel ponte anni prima. Perché, dannazione, era diventato un gran bell'uomo. Non che l'aspetto fosse la cosa più importante. Si vedeva che non era cambiato dal ragazzo che avevo conosciuto io.
Era ancora una persona semplice: non mi aveva detto di andarmene all'inferno quando mi aveva rivisto. Era generoso: chi altri avrebbe riparato la mia macchina praticamente gratis? Ed era stato gentile con Noah. Non l'ho visto mai guardarlo come se fosse una seccatura. Anche dopo un paio di ore del suo "aiuto" sotto il cofano.
Le domande nei suoi occhi a lavoro finito erano state ciò che mi aveva colpito di più. Non chiese mai nulla, eppure morivo dalla voglia di raccontargli qualcosa.
Non interessava a nessuno, perché nessuno sapeva a cosa avevo dovuto rinunciare per tenere Noah con me.
Gli sguardi. Le supposizioni. Quasi tutti in chiave negativa. Alcuni più benevoli dettati da un senso di solidarietà.
Volevo solo che qualcuno sapesse la verità.
Mi stupì il fatto che volevo che quella persona fosse Louis. Me n'ero andato perché volevo di più, ma al tempo stesso volevo che lui sapesse del momento più buio della mia vita. Perché volevo aprirmi a lui più che a ogni altro?
Attrazione fisica.
Quella era possibile.
Mi ricordava tutto ciò che stavo perdendo. Tutto qui.
Il suo tocco aveva provocato sensazioni che non sentivo da parecchio tempo. Il fatto che avessi conosciuto le sue labbra, anche se sette anni prima, aumentò la mia curiosità di sapere se qualcosa era cambiato.
Curiosità naturale.
Sana curiosità.
La curiosità uccise il dannato gatto.
Dio, quanto speravo di non essere io il gatto.
Questi erano i pensieri che scorrevano nella mia testa mentre camminavo verso la macchina. Salutai Jesse, il grosso brutto buttafuori che si assicurava che noi ragazzi uscissimo dal lavoro senza problemi e guidai per dieci minuti verso casa. Maya sgattaiolò via dopo che le diedi io suo assegno di settantacinque dollari per occuparsi di Noah per la settimana. Mi piaceva pagare in anticipo in modo da non doverci più pensare.
Sapevo di essere stato fortunato a trovarla. Non solo Noah la adorava, ma io mi fidavo di lei e mi chiedeva la metà rispetto a chiunque altro, specialmente così tardi la notte o così presto la mattina. "Sono sveglia comunque e so com'è. Mi piacerebbe aiutarti"
Senza di lei, non sarei riuscito a fare nulla.
Dopo aver controllato Noah, andai in bagno e feci scorrere l'acqua per una doccia. Mi piaceva lavarmi via il lavoro di dosso, e mettermi i pantaloni del pigiama preferiti con una canottiera. Ci mettevo più o meno un'ora per rilassarmi dopo una notte di lavoro, quindi presi uno dei miei libri e uno snack e mi posizionai sul divano con il mio computer. Avevo una tesina di inglese da consegnare il giorno dopo e avevo quasi finito di correggerla. Ci misi il doppio del tempo per finire il secondo anno di college. Avevo ancora un ricordo confuso del primo anno che andai a vivere con Noah. Non avevo fatto altro che andare nel panico e piangere molto.
O anneghi o nuoti quando si tratta di un bimbo di un anno e mezzo. Fu allora che mio padre mi minacciò di farlo andare via. Così mi segnai al corso online tramite il college pubblico della zona e cominciai a lavorare di notte. Due anni dopo mi mancava un solo corso per la laurea in Economia. Un tempo sognavo di diventare un'astronomo. Poi ebbi a che fare con la realtà quando ottenni la custodia di Noah. Economia era una scelta più pratica e sarebbe stato più facile trovare lavoro dopo. Scelsi comunque astronomia come corso facoltativo.
Spedii la mia tesina e spensi il computer. Una volta saputo il voto e finito il semestre la settimana dopo, sarebbe stata la fine di tutto e in qualche modo avrei mantenuto quasi il massimo della media per tutto il tempo del mio corso.
Noah sarebbe stato pronto per l'asilo con l'arrivo dell'autunno, il che avrebbe reso più fattibile l'ipotesi di frequentare di persona l'università. Sapevo che c'erano delle agevolazioni per affrontare i costi di mantenimento di un bambino, ma non ne avevo ancora approfittato. Volevo essere sicuro che Noah si fosse abituato a tutti i cambiamenti nella sua giovane vita prima di gettarlo in una nuova situazione.
Ed egoisticamente, mi piaceva passare i miei giorni con lui prima di andare a lavoro, anche se ciò significava studiare di notte. Inoltre non volevo allontanarlo dagli eventuali amici che si sarebbe fatto, nel caso in cui avessimo debito traslocare di nuovo, se accettato in una qualsiasi università. Sempre che venissi accettato da qualche parte. Tutto quel che mi rimaneva da fare era cercare di capire dove potessi laurearmi e al contempo lavorare da qualche parte dove la paga fosse decente.
Era molto a cui pensare, e forse ci avrei messo altri quattro anni, ma ero determinato a ottenere successo. Dovevo cominciare a mandare richiesta di accettazione alle varie scuole dello Stato e, come ultima risorsa, ad alcune fuori. La retta derebbe stata molto più cara in caso avessi dovuto lasciare la Carolina del Nord, dove risiedevo, quindi speravo in un colpo di fortuna per poter rimanere dov'ero.
Non importava neanche quale università, bastava che avessero un corso di laurea in Economia aziendale, cosa che gran parte di esse aveva.
Dopo aver messo i miei libri nello zaino, spensi la luce e mi avviai nel corridoio al buio. Questo appartamento non era granché e non c'era molto, ma era tutto mio. In qualche modo ero riuscito a sopravvivere negli ultimi due anni.
E ce l'avrei fatta per i prossimi cinque, i prossimi dieci - perché il fallimento non era contemplato.
Non ero più lo stesso ragazzo di prima. Ero più forte. Più determinato. Niente e nessuno mi avrebbe fatto sentire in fallo.
Maledetto chiunque ci avesse provato.

🌻

Ciao a tutt*! Scusate il ritardo nel pubblicare ma con la festa di ferragosto (AUGURI PASSATI🎉🎉🎉), l'iscrizione all'università e un piccolo problema fisico che sto avendo non ho avuto un minuto, mi dispiace. Mi farò perdonare pubblicando un altro capitolo tra domani e dopodomani, promise.
Anyway, cosa ne pensate del capitolo? Questo é un capitolo di passaggio che però ci fa capire come la pensa Harry e quello che deve fare per il piccolo Noah. Scrivere di lui che studia economia aziendale é stato come un cazzotto nello stomaco.🤢
Corro a lavoro, xX🌻🌻

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 17, 2018 ⏰

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