F I V E : s u p e r m a r k e t f l o w e r s

650 39 3
                                    

Ho scritto questa One-Shot basandomi su una parte del testo della canzone "Supermarket Flowers" di Ed Sheeran, gli asterischi (*) segnano delle modifiche che ho fatto nel testo originale.
(consiglio di leggere con la canzone di sottofondo)

WOLFSTAR:
I took the supermarket flowers from the windowsill
I threw the day old tea from the cup
packed up the photo album Lily* had made
memories of I life that's been loved.

Remus si affacciò alla finestra e l'aria fresca investì i suoi zigomi umidi, le sue guance salate, inspirò profondamente quella stessa aria sperando che potesse attenuare il bruciore dentro il suo stomaco, ma per quel fuoco che lo divorava da tutta la notte fu soltanto un soffio vitale di ossigeno.
Con le mani tremanti, non per la tristezza, la paura o altro (le sue mani avevano perso la loro sicurezza ormai da anni) afferrò il piccolo bouquet di girasoli avvolto nella carta argentata e abbandonato tristemente in un vaso sul davanzale.
Stringendo i denti richiuse la finestra interrompendo così la corrente che aveva reso, seppur in modo doloroso, meno viziata l'aria della casa.
Si schiarì la voce senza in realtà voler dire nulla, forse solo un tacito addio.
Si avvicinò meccanicamente al cestino, premette la leva con la punta del piede e quello si aprì: lui vi lasciò cadere, come stupito da se stesso, il mazzo di fiori che aveva regalato a suo marito qualche giorno prima per il loro anniversario, per l'esattezza il sessantaquattresimo.
Tre tonfi si susseguirono negli istanti successivi: il primo fu quello dei fiori appassiti che cadevano inerti nella pattumiera, il secondo di quello secco e metallico del coperchio che si richiudeva senza mostrare alcuna compassione e il terzo, il più fastidioso, quello del cuore debole dell'uomo che si rendeva conto di quello che stava facendo.
Pochi secondi dopo Remus vagava per la stanza strascicando la gamba dolorante, con gli occhi spenti, privi di qualsiasi luce quando il suo sguardo appannato e stanco si posò sul tavolo di legno della cucina immerso nella penombra.
Fece scorrere un polpastrello sulle venature della superficie, sui graffi, le rughe e sulle cicatrici che, così come quelle sul suo viso stanco, raccontavano di una vita lunga e travagliata.
Continuò a seguire con la punta dell'indice e del medio quelle sottili insenature finché le sue dita non si imbatterono in una tazza.
Una tazza gialla, piuttosto grande e un po' sbeccata su un lato, che nella semi oscurità della cucina spiccava nitida; al suo interno un fondo di tè, EarlGray tea per essere precisi, ormai di un marrone denso e scuro.
Sorrise amaramente osservando quell'oggetto tanto familiare e ricordandosi del perché fosse stata acquistata, per quale assurda fissazione del marito: Sirius beveva solo EarlGray, non caffè, non latte, né nessun altro tipo di tè, ma soprattutto pretendeva che la tazza fosse dello stesso colore della bustina, di conseguenza gialla.
Afferrò la tazza per il manico e la avvicinò alle labbra, sfiorò il bordo e inspirò l'odore pungente del tè ormai freddo, un singhiozzo gli impedì di berne anche solo un sorso.
Pochi secondi più tardi il contenuto della tazza scivolava lentamente nel lavello della cucina insieme ad una quantità non indifferente di lacrime salate che, pur volendo, Remus non era capace di arrestare.
Ogni ragione era buona per piangere negli ultimi giorni dal momento che la ragione che fino a quel momento gli aveva concesso la forza di farsi coraggio si era dissolta nell'aria come un sospiro, con un sospiro.
Era successo in quella casa, sulla sua poltrona, quella più vicino alla finestra da dove Sirius controllava la luna, con un misto di timore reverenziale, terrore e aria di sfida e cercava di fare da scudo a suo marito.
Remus era seduto sulla poltrona accanto alla sua, e sfogliava davanti ai suoi occhi malinconici l'album di foto che Lily aveva regalato loro poco prima: ripercorreva tutta la loro storia, dall'inizio, dal primo giorno a hogwarts, fino ad una foto scattata qualche mese prima.
E mentre le mani tremule del vecchio lupo sfioravano le pagine di cartoncino con un fruscio lieve, il suono altrettanto lieve che era il respiro di Sirius si era interrotto.
Lui non se n'era accorto immediatamente, aveva continuato per diversi minuti a indicare volti amici e cari con un sorriso sereno e carico di malinconia, solo quando, chinandosi su di lui apparentemente dormiente, per dargli il bacio della buonanotte e per portarlo in camera da letto, aveva avvertito una strana sensazione al petto, aveva notato che quello di suo marito non si alzava né abbassava più.

I took the get well soon cards and stuffed animals
poured the old ginger beer down the sink
You always told me don't you cry when you are down, but Sir* there's a tear every time that I blink

Remus si lasciò cadere sul letto che cigolò rumorosamente, con un lamento stridulo e aspro.
Si sdraiò con un sospiro e si sistemò le coperte con cura quasi maniacale, per poi rannicchiarsi come un bambino su un fianco, le gambe stanche strette al petto.
Nonostante fosse buio le luci della città riuscivano a penetrare attraverso le tapparelle abbassate e gettavano lunghe ombre sulla parete azzurrina della camera; sul comodino appoggiato a quest'ultima si distinguevano nitide le sagome di una pila ordinata di biglietti, pacchettini ancora incartati ed un enorme peluche grigio dalle sembianze canine.
Erano tutti i regali che amici e conoscenti avevano portato lì per confortare Sirius durante il periodo di malattia che stava affrontando ormai da quattro mesi.
Remus non poteva sopportare la vista di tutti quei pacchetti e doni senza non pensare inevitabilmente alle mani scarne e pallide di Sirius che li stringevano senza comprenderne il significato, con lo sguardo stupito e confuso.
Senza pensare ai lunghi capelli bianchi che ricadevano ai lati di un viso altrettanto diafano, quasi trasparente, alla pelle sottile e segnata dalle rughe.
Agli occhi che di tanto lo scrutavano senza riconoscerlo, provocandogli un dolore immenso.
Senza pensare ai sorrisi grati e silenziosi che il marito gli rivolgeva nei pochi momenti di lucidità e che facevano ancora più male di tutto il resto.
Era per lui inevitabile posare lo sguardo su quegli oggetti senza trovarsi davanti agli occhi il corpo inerte dell'uomo che amava, gli occhi chiusi e la bocca piegata in un sorrisetto beato.

Oh I am in pieces it's tearing me up but I know, a heart that's broke is a heart that's been loved so I sing Hallelujah
you are an angel in the shape of my love*
when I fell down you'd be there holding me up spread your wings as you go when god takes you back we'll say Hallelujah you're at home.

MARAUDERS ONE-SHOTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora