The 1975

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Era mezzanotte e stavano litigando, come sempre d'altronde.
-Vaffanculo Matty.- Urlò lei contro il ragazzo esasperato, uscendo di casa e sbattendo la porta. Lo faceva sempre. Ogni volta che litigavano, lei doveva scappare via. I loro non erano litigi, erano vere e proprie lotte di supremazia. Il loro orgoglio doveva prevaricare su tutto e se questo avesse significato rovinare la loro relazione, avrebbero corso comunque il rischio. Abigail solitamente camminava per le strade di Manchester, si fermava in un parco, fumava qualche sigaretta e dopo un'ora tornava a casa, pronta per il secondo round. Ma quella notte non fu così, lei ormai era troppo stanca per continuare quella battaglia selvaggia. Corse via da quell'abitazione, non sapendo con esattezza dove andare. Matty, dal canto suo, era abituato a quella situazione, ma quando passarono tre ore cominciò a preoccuparsi seriamente. Loro erano così: lottavano con i denti e con gli artigli, ma si amavano. A quel punto decise di reagire. Prese le chiavi della macchina e uscì, mettendo in moto. Girò per ogni strada della città, mettendo da parte il suo orgoglio per trovare la ragazza che lo stava facendo impazzire, perché sì, lui era pazzo di lei, ma non in senso positivo. Vide in lontananza una ragazza che correva e si avvicinò lentamente, spegnendo gli abbaglianti, in modo da non accecarla. Riconobbe la camicia che indossava, era la sua. Si potrebbe pensare che fosse una camicia qualsiasi, una di quelle anonime che potrebbero avere tutte le ragazze del mondo, ma non quella. Ricordava bene il giorno in cui gliel'aveva comprata e l'aveva fatta decorare solo per lei con un enorme rettangolo bianco. Un semplice rettangolo su uno sfondo nero. La rappresentava in pieno. Lei era stata così per lui: un punto di luce in un momento buio della sua vita. Accostò, spense l'auto e scese. Camminò velocemente verso di lei e la tirò per un polso, facendola girare e abbracciandola. Respirò pesantemente l'odore dei suoi capelli e lei scoppiò a piangere tra quelle braccia così familiari. Non aveva mai pianto davanti a lui.
-Mi dispiace...- Sussurrò disperata, cadendo giù. Lui si inginocchiò alla sua altezza.
-Non devi chiedermi scusa. Forse dovrei farlo io.- Disse leggermente.
-Siamo dei coglioni.- Fargugliò il ragazzo a contatto con la sua testa. Un suono leggero irradiò la nottata: la sua risata. La strinse, in modo da essere a contatto completamente con lei, come se volesse entrarle nelle ossa e non farla andare più via. Poi si staccò leggermente, guardandola: respirava pesantemente dalla bocca ed era scossa da leggeri singhiozzi, così decise di porre fine a tutto quello. La baciò, togliendole del tutto il respiro, in modo da farle uscire l'aria solo dal naso e farla calmare. Lentamente Abigail prese fiato e lo guardò in quei suoi penetranti occhi marroni.
-Grazie.- Sussurrò la ragazza.
-Non ringraziarmi. Non farlo, perché ti amo e non c'è bisogno di ringraziamenti per questo.-
-Grazie per amarmi e ti amo anch'io.- Cercò di provocarlo e il moro alzò gli occhi al cielo.
-Torniamo a casa nostra, dai.- Propose lui.
-Giá, nostra.- Arrossì lei.

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