~ 17 ~

118 12 0
                                    

*Dalin*

Il nostro viaggio procedeva lento,mentre Annael trasportava vivande in cielo,portando con sè il nuovo futuro Cavaliere.

Ero consapevole del fatto che "il Drago sceglie il Cavaliere",ma era alta la probabilità che Ganar,il giovane nano,potesse diventare un Cavaliere con le nuove uova.

Ammiravo quel giovane nano.
Come fa ad avere tale coraggio,da abbandonare la casa,i suoi monti e la sua famiglia..per un Drago?
Mi chiesi.
Con quale coraggio solcherà le nubi?
Pensai,mentre gli sguardi dei battaglioni si posavano con rinnovata curiosità verso il cielo.

?:-E se i Draghi non lo accetteranno?
Sentii dire da un vecchio,
mentre procedevamo il cammino.
?:-Meglio non pensarci.
Rispose il nano accanto a lui.
?:-Pensate che diverrà come Galbatorix?!
Esclamò un giovane del secondo battaglione.

Mi volsi di scatto verso di loro ed urlai,
Io:-Risparmiate il fiato!
Irato,continuai il cammino.

I passi si fecero più pesanti e molti nani persero la vita,
ma non mi voltai indietro.

Improvvisamente le temperature si abbassarono e davanti a noi una piccola foresta ci divideva dai Beor.
Io:-Siamo vicini!
Urlai con la poca voce che avevo,mentre una nuova speranza rinvigoriva i battaglioni.

Ma la strada era lunga ancora e noi eravamo esausti.
Io:-La foresta ci rende protezione;riposate e nutritevi,domani proseguiremo il viaggio.
I battaglioni esultarono,entusiasti.
Non ci fermavamo da mesi,nel timore di essere dilaniati dai corvi del deserto.

Creammo in poco tempo un focolare,poggiammo delle coperte a terra e ci riempimmo di Burro Birra.
La gioia era visibile negli occhi stanchi dei nani.

Danzammo e cantammo le glorie dei nostri antenati,intorno al focolare e calammo nel sonno con il sorriso sulle labbra.

*Gelir*

Verso sera riuscimmo a raggiungere il bosco;dalle ali di Annael  riuscivo a vedere i Monti Beor spuntare dalle punte dei pini,con un piccolo candore dovuto alle nevi.

Scendemmo in picchiata verso il basso,mentre il futuro Cavaliere di Draghi urlava al mio fianco.
Quando avevo domandato chi aspirasse a divenire Cavaliere,tutti avevano temuto,ma lui era entusiasta all'idea.Ganar,si chiamava.

Quando lo avevo fatto salire su Annael,aveva timore di lei.
Le si era chinato davanti e le aveva mostrato lentamente la mano,in modo che potesse annusarlo,poi le aveva gentilmente accarezzato il muso e Annael lo aveva sorpreso dandogli una leccata.

Aveva riso;il suo animo era puro,sapevo che i Draghi lo avrebbero accettato.

G:-Posso?
Le aveva chiesto cortesiemente e quando si era accomodato sulla sella,aveva fatto un urletto di vittoria.
Ganar e Annael erano diventati amici lungo il tragitto.

Lei gli aveva fatto solcare le nubi con prudenza,cercando di rendergli un volo sereno e lui le accarezzava le squame e le raccontava le leggende della sua famiglia.

Pensavo ai loro discorsi,alle loro risate, mentre bevevo un boccale colmo di burro birra e osservavo Ganar con lei.

Quando andai a dormire,
faticai ad addormentarmi;
avevo il pensiero tormentato da lui.

Così preso dall'ira,mi alzai di scatto ed andai verso Annael.

Avevo dormito con i miei fratelli,mentre Annael si teneva lontana e controllava il territorio tenendo una sua palpebra semi-aperta.

Il cielo era stellato,quella sera e la luna mostrava il suo chiarore illuminandomi il viso.
Continuai ad avanzare verso di lei e la vidi alzare il muso,
indicandomi interrogativa.

A:-Dimmi.
Disse telepaticamente.
Io:-Sono irato,con te ed il tuo nuovo "amichetto".
Dissi,preso da una furia cieca,mentre incrociavo le braccia e la osservavo guardingo.

A:-La tua gelosia mi lusinga.
Rispose.
A:-Ma nulla mi costringe a non apprezzare la sua compagnia.
Continuò.
Io:-Abbene.
Dissi.
Io:-I-O LO-LO
IM-MPEDIRÒ!
Conclusi,irato a tal punto da balbettare furente.
La voce non aveva mezzi per sfogare la mia ira.

Così,presi di getto la mia lama e corsi verso Ganar.
Tenevo l'arma a due mani e correvo verso di lui con una rabbia immane.

Ero sopra di lui;già sentivo il suo sangue sui miei guanti.

Lo sentivo caldo e viscido tra le dita.

Potevo vedere la sua putrida faccia martoriata dai miei colpi.

Ma ciò,fortunatamente,non accadde.
Avevo puntato la mia ira su di un albero accanto a lui.

Evitando una strage per pochi metri.

E solo quando vidi le prime luci del mattino,fermai le mie braccia stremate e tornai a dormire.

Quando appoggiai la testa sul cuscino capii:
Avevo tanta gelosia in corpo,
da uccidere un mio pari;

un mio fratello.

L'Erede di Ellesméra [ IN REVISIONE ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora