È mia figlia?

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Il mattino era passato veloce. Avevano pranzato in un ristorante non impegnativo mentre Asia aveva bevuto del latte dal biberon, a quantità industriali.
Il pomeriggio avevano comprato dei vestiti per Iris e per la piccolina.

«È sorprendente come i vostri genitori riescano a sfornare solo femmine, a volte un maschietto dispettoso servirebbe.» commentò la babysitter ridendo.
«Ma per quel ruolo c'è Sharon!» disse Angela.
«E ci sei anche tu.» rise Iris.
«Hey!»

Si diressero poi verso il supermercato. Iris ed Angela andarono a comprare le cose che Ariana aveva scritto sulla lista mentre lei ed Asia passeggiavano ai giardini.
Era ora che la più piccola facesse un riposino. La castana iniziò così a fare avanti ed indietro sotto l'ombra degli alberi di quel parco e canticchiò a bassa voce giusto per farsi sentire dal terremoto che era la bimba.
Dopo dieci minuti si accorse con gioia di averla fatta addormentare così la prese in braccio, sapendo quanto quel passeggino fosse scomodo. Magari ci avrebbero messo le buste della spesa.
In fondo Asia era una piccola piuma.

Prese il telefono dalla tasca per chiamare Iris e chiederle a che punto fossero, la ragazza riccia di solito la chiamava spesso perché non capiva cosa ci fosse scritto ma quella volta ancora non l'aveva fatto.

Una voce la raggiunse alle spalle e non trasmetteva null'altro che non fosse malinconia e nostalgia.

«È mia figlia?»

E lei l'avrebbe riconosciuta fra centinaia la voce di quella che credeva essere la sua anima gemella.
Un'anima incredibilmente stupida, c'era da ammetterlo.

«Fa' piano, si è appena addormentata.» disse lei a bassa voce voltandosi verso di lui. «E no che non è tua figlia, cretino.»

Dopo l'ultima frase fece incontrare i loro sguardi e lei giurò a sè stessa di aver sentito di nuovo le sensazioni che aveva provato quel giorno sotto la pioggia. Quel giorno della confessione.
Le gambe sembravano ora essere gelatina perciò si sedette sulla panchina, continuando a cullare con amore la piccolina.

«Un'altra bambina dei Logan? I cromosomi XY non li conoscono proprio, eh?» disse il ragazzo ridendo mentre guardava fisso la ragazza.
«Quello che dico anche io; il padre impazzirà presto.» gli disse per poi spostare il suo sguardo su Asia che sbuffava leggermente mentre respirava.

Justin le si avvicinò incerto. Avrebbe voluto avere il coraggio, o l'incoscienza, di sedersi accanto a lei ma era rimasto lì, in piedi.
Non la ricordava così bella. O forse cercava di non farlo per non ferire sè stesso.

«Come stai?» chiese lui allungando un braccio nella sua direzione.
Lei si rialzò veloce e raggiunse il passeggino per poi impugnarlo con la sinistra.
«Taglia corto, che vuoi da me?» chiese lasciando trasparire il tono di una persona ferita.
«Non lo so nemmeno io.»

«Allora non illudermi, ti prego.» gli disse poi incamminandosi verso il supermercato.
«Mi fai solo del male

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