Capitolo 2 . Telefoni e citofoni

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"L'Inverno di Vivaldi è meraviglioso", pensò Matilde. Si trovava all'interno di una delle toilette dell'università, e si stava dirigendo verso uno dei servizi igienici, perché, pur essendo la protagonista di un romanzo, lo era a sua insaputa e, quindi, questo non le impediva di espletare le normali funzioni corporali, al contrario di quello che accade alle eroine di molti altri libri.

Si fermò però un attimo, ammaliata dalla melodia che aveva inaspettatamente pervaso l'aria di quel locale angusto, che in quel momento era completamente deserto. Non si chiese da dove venisse la musica, come una persona più pragmatica avrebbe fatto; constatò soltanto che quello era proprio il suo brano preferito, e che apprezzava in modo speciale proprio le battute che risuonavano in quegli istanti, le ultime dell'Allegro-ma-non-troppo. Veramente intense, le facevano vibrare qualcosa nell'anima.

"Potrei mettere questo motivo come suoneria sul cellulare", fu il primo pensiero che le passò per la testa. No, non è vero: il primo pensiero era durato poco meno di un nanosecondo e conteneva qualcosa di confuso e informe riguardo a quanto sarebbe stato bello usare l'Inverno di Vivaldi come colonna sonora per farci sesso, ma quello non accadeva da tanto, tanto tempo, e perciò la mente di Matilde lo aveva scartato ancora prima che lei stessa potesse rendersi conto di averlo pensato. Se Matilde avesse controllato su Wikipedia, avrebbe scoperto che un nanosecondo è l'intervallo di tempo in cui un elettrone si trova nello stato eccitato e, forse, il fatto di riuscire ad eccitarsi meno a lungo di un elettrone le avrebbe fatto impressione, tuttavia Matilde non possedeva uno smartphone, bensì un vecchio Nokia indistruttibile (al momento dell'acquisto, da persona parsimoniosa qual era, aveva giurato che l'avrebbe cambiato solo quando si fosse rotto, ma quel giorno sembrava non arrivare mai), senza connessione internet, e quindi la rete non poté fornirle questa utile informazione.

"Potrei mettere questo motivo come suoneria del cellulare" fu quindi in effetti il secondo pensiero che le passò per la testa. Il terzo, che formulò dopo un attimo di perplessità dovuta alla sensazione di qualcosa che le sfuggiva, subito risolta da una specie di rivelazione (c'è chi rimane folgorato sulla via di Damasco e chi sulla via per il WC), fu "Ma che cosa sto dicendo, questa è già la suoneria del mio cellulare!"

Alla rivelazione seguì un repentino tuffo delle mani nella borsa, capiente quasi quanto quella di Hermione Granger dopo l'incantesimo di estensione irriconoscibile, alla disperata ricerca del telefono. Dallo scavo archeologico emersero convulsamente quaderni, taccuini, penne, matite, un pettine a denti larghi, due portamonete stracolmi di spiccioli, un gel lavamani igienizzante al profumo di fiori d'arancio, un certo numero di incarti di caramelle all'anice, un assorbente ripiegato nella sua bustina viola, due barrette energetiche ai datteri con appiccicato sopra il bollino arancio dei ribassi del discount e, infine, venne fuori anche il suddetto Nokia, privo di connessione internet ma dotato di un buon player mp3, su cui lo spezzone del brano di Vivaldi si stava ripetendo già per la terza volta, ormai.

"Pronto?", disse Matilde affrettandosi. Dall'altra parte della cornetta chiesero qualcosa e lei rispose: "Sì, sono io!", poi restò in ascolto. Dopo alcuni istanti di silenzio riprese la parola e affermò con energia: "Certo che sono ancora interessata! Quando posso trasferirmi?"

*****

Matilde si era affrettata a casa per fare i bagagli, saltando la lezione di Diritto Amministrativo del pomeriggio, cosa che non le era rincresciuta affatto, perché ogni lezione della professoressa Laudisio aumentava esponenzialmente, per qualsiasi essere umano che ne fosse esposto, il rischio di morte accidentale per noia acuta. Desiderava trasferirsi al più presto nel nuovo appartamento con quelle strane ragazze che aveva conosciuto appena due giorni prima, un po' per immergersi al cento per cento nella sua nuova vita da studentessa, e un po' perché ciò significava poter dar disdetta per l'abitazione nella quale aveva sinora vissuto e smettere di pagarne il canone d'affitto, iniziando a spendere invece solo un quarto della cifra nella nuova casa condivisa.

Mentre impacchettava vestiti e roba varia non poté fare a meno di ripensare all'incontro durante il quale aveva conosciuto le nuove future coinquiline, soprattutto perché stava trafficando proprio con i vestiti sui quali aveva perso almeno un'ora di indecisione, incerta sul look da adottare per apparire più giovanile senza però sembrare una perfetta idiota. Era stato difficile perché i vestiti più sbarazzini le sembravano azzardati per la sua età e la facevano sentire stupida. Quanto poteva essere credibile una quarantaseienne coi jeans interamente ridotti a brandelli? O con due trecce alla "Anna dai capelli rossi"? Non aveva nemmeno i capelli rossi!

Matilde non voleva fare la figura della nonna che giocava a travestirsi da cappuccetto rosso, ma non voleva nemmeno dare alle papabili coinquiline la sensazione di trovarsi davanti ad una novella signorina Rottermeier, puntigliosa, acida e ultra rompiballe, alla quale si sentiva vagamente simile nell'aspetto quando era tutta compunta nei deprimenti tailleur di cui aveva pieno l'armadio, acquistati per l'ufficio. Il pericolo di dare questa impressione poteva anche non sussistere perché c'erano alte probabilità che le ventenni d'oggi non avessero mai visto il cartone animato "Heidi" e fossero del tutto ignare dell'esistenza del personaggio di Fraulein Rottermeier, la governante più petulante di tutta la narrativa per ragazzi, ma... Misericordia, perché rischiare?

Alla fine, dopo milioni di prove di abbinamenti, aveva optato per una camicia a righe verticali bianche e blu e dei semplici jeans, e si era raccolta i capelli in una coda alta, pettinatura che non esibiva in pubblico dal lontano 2004. Si era leggermente truccata e in questo modo si era recata, per la prima volta, all'indirizzo dell'appartamento oggetto dell'annuncio, arrivando proprio sul limite dell'orario concordato. Aveva letto i cognomi sui campanelli, alla ricerca di quelli che le erano stati indicati per telefono, e quasi subito aveva scorto, vicino ad un pulsante, quattro adesivi, in quattro diversi colori, che riportavano a rilievo i cognomi "Ventura", "Melas", "Imperatrice" e "Guarneri". I colori sembravano quasi disposti a formare un piccolo arcobaleno, anche se tra un colore e l'altro mancavano alcune sfumature. Il tutto aveva un effetto molto simpatico e metteva allegria. Matilde aveva suonato con decisione.

"Chi è?", aveva chiesto una voce un po' metallica proveniente dall'altoparlante del campanello.

"Matilde Lanzeni, sono qui per l'annuncio!"

"Ah, ciao! Sali! Secondo piano, appartamento sinistro".

Un'altra voce, sempre metallica ma diversa dalla precedente, era subito intervenuta: "Sta' zitta e dammi la cornetta, impiastro! Hey Matilde, senti! La mia amica voleva dire "appartamento a sinistra", non "appartamento sinistro". Non è sinistro, per nulla. Niente fantasmi qui! Scusala, è sarda."

L'altra voce, sullo sfondo, si era risentita: "Ma sentila! Che cazzo vuol dire "è sarda?" I sardi parlano italiano, non dire fesserie a caso come tua abitudine!" e le due avevano cominciato a battibeccare animatamente mentre le voci sfumavano e il citofono veniva riattaccato. Matilde era restata in attesa, disperando sulla possibilità di riuscire infine ad entrare in quell'appartamento: forse quelle due ragazze erano troppo impegnate in una rissa selvaggia, a quel punto. Ma poi, inaspettatamente, la serratura aveva avuto un piccolo scatto e il portoncino di ingresso del palazzo si era schiuso davanti a lei.

Angolo autrice

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Piccolo quiz.

Secondo voi chi ha premuto il pulsante per aprire il portoncino? ;)

D'affetti & d'affitti - Amori in (un) secondo pianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora