Capitolo 5. Una cena e un dopocena

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Quattro persone di sesso femminile, nella piccola cucina dell'appartamento al secondo piano di nostra conoscenza, sedevano attorno al tavolo, masticando silenziosamente la pastasciutta che Matilde aveva poco prima preparato. La donna, piuttosto in ansia, stava scrutando i visi delle tre giovani coinquiline per capire, dalle loro espressioni, quanto la cena da lei cucinata fosse, per l'ennesima volta, un fiasco totale.

Il silenzio di Letizia, seduta compostamente alla sua destra, poteva forse essere considerato normale: benché la conoscesse da poco tempo, Matilde aveva già capito quanto la ragazza fosse di poche parole, perlomeno di poche parole espresse in forma orale; le era capitato invece di trovarla spesso intenta a scrivere in modo torrenziale sul proprio smartphone e di sentire, con una certa frequenza, un ticchettio continuo prodotto da tasti di computer provenire dalla stanza della ragazza, quando era sola in camera. Ma le altre due solitamente erano chiacchierone e chiassose, e amavano punzecchiarsi a vicenda. Il fatto che diventassero improvvisamente silenziose solo dopo aver assaggiato le sue pietanze era sospetto, molto sospetto.

Gloria, per esempio, in quel momento, testa abbandonata a peso morto su una mano, stava con l'altra girando e rigirando la forchetta nel piatto, avvolgendo sulla posata una quantità sempre maggiore di spaghetti ormai semi-freddi. Il boccone diventava sempre più grosso, come accade alle palle di neve quando, nei cartoni animati, scivolano a valle ingigantendosi via via sempre di più. Ma di questo sicuramente non se ne stava accorgendo, visto che fissava il vuoto, mettendo a fuoco chissà quale punto recondito oltre il viso di Letizia, seduta di fronte a lei, e sicuramente anche ben oltre il muro alle spalle di quest'ultima.

"Ehm, Gloria? Mi dispiace, la pasta non è buona?"

L'interpellata spostò lentamente lo sguardo dal nulla cosmico in cui era perso al piatto, quindi smise di arrotolare spaghetti su spaghetti e, spalancando al rallentatore le fauci come potrebbe fare un tricheco con entrambe le articolazioni mandibolari lussate, ripreso alla moviola, si infilò in bocca, intero, quello che, per forma e dimensione, avrebbe potuto quasi essere il nido di un piccolo colibrì. Il tutto senza emettere un suono o cambiare minimamente l'espressione facciale.

Matilde temette che la ragazza potesse strozzarsi con quel boccone enorme e si protese istintivamente in avanti, staccando la schiena dalla spalliera della sedia e restando in posizione di allerta, ma, visto che Gloria sembrava ruminare la pasta all'infinito senza decidersi a deglutire, chiese di nuovo:

"Com'è?"

Nessuna risposta

"E' terribile?"

Silenzio.

"E' ftracotta", intervenne la Bionda, sottovoce e con la bocca piena.

"Veramente?" Lo sguardo di Milde, così come il suo tono di voce, era deluso e mortificato. "Mi dispiace tantissimo, scusatemi. Avevo cercato di tenerla meno sul fuoco, stavolta, ma, non so..."

"Ma non parlavo della pasta, parlavo di Gloria! Non le manca l'appetito perché gli spaghetti sono cattivi, ma perché si è presa una brutta sbandata per una!"

A Letizia andò di traverso il boccone ed iniziò a tossire convulsamente, colpendosi il petto ripetutamente con il piccolo pugno, mentre fissava la Bionda con gli occhi oltremodo spalancati, cercando di mandarle un segnale d'allarme . Matilde si precipitò a prestarle soccorso versandole un bicchiere d'acqua.

"Una brutta sbandata per una persona, dicevo", riprese allora l'altra, capendo il problema. "Per una persona, non per una e basta, o non per una pietra o... o una patata, che ne so. No, no, per una patata assolutamente no. Per una persona. Un essere umano. E' chiaro, no? San Crispino, che fatica spiegarsi" La Bionda non si era ancora abituata a dover controllare tutto quello che diceva, trattenendosi davanti alla nuova coinquilina, e a volte le sfuggivano indizi lesbici che avrebbe dovuto tener nascosti e riusciva a salvarsi in corner solo dopo acrobazie dialettiche che la facevano sudare copiosamente (e che, ovviamente, rendevano invece molto, molto assurdo e pericolosamente più sospetto tutto quello che diceva). Quanto le era difficile restare in incognito, non c'era più abituata! Fortuna che l'idea l'aveva lanciata proprio lei! Letizia, a cui la tosse non era ancora del tutto passata, le aveva lanciato occhiatacce in sequenza per tutta la durata del suo sconclusionato discorso, praticamente una per ogni parola proferita.

"Ah! Ho capito. Si è..." Milde abbassò la voce e si mise una mano a lato dalla bocca, come per nascondere a Gloria quello che stava per dire. "Si è... innamorata?"

"Esatto!" Rispose la Bionda senza sussurrare affatto e sbattendo una mano sul piano del tavolo. "E' stracotta, è per questo che è... che è strana. Beh, più strana del solito, diciamo. Non hai sentito la musica che usciva in questi giorni dalla sua stanza?"

"Quella specie di nenia funebre cantata da... ehm... orchi?"

"Orchi con la raucedine. Raucedine in fase terminale", precisò Letizia.

"Esatto! E' gothic metal, e lo ascolta solo quando è depressa, normalmente ascolta altri generi, come il death metal o l'heavy metal o il..."

"...o il fatti-i-cazzi-tuoi metal, quello che dovresti ascoltare anche tu, Bionda, razza di poppettara pettegola che non sei altro." Gloria, stanca di sentire parlare della propria persona come se non fosse presente in quella stanza, si era finalmente riavuta dal suo momento di estraniamento, anche se non stava apostrofando la Bionda con la solita grinta, ma solo con una sorta di amarezza stizzita.

Si alzò quindi di scatto dalla sedia. "Non ho più fame, vado a dormire, così vi fate i fatti miei con più libertà. Scusami Milde, non è colpa della tua pasta. Buonanotte."

Sulla soglia della cucina però Gloria si fermò, voltandosi verso la Bionda. "E come fai a scambiare per gothic metal il funeral doom metal? Dico io, non si assomigliano per niente!" disse, alzando gli occhi al cielo. Poi sospirò e sparì nel corridoio alla volta della propria camera da letto.

"Hai visto quanto è strana? Hai visto com'è remissiva? In condizioni normali avrebbe avviato una polemica di almeno un'ora! Altro che due frasi e poi a nanna!" commentò la Bionda incrociando le braccia sul petto. "E' più stracotta di questi spaghetti, te lo dico io!" e subito si morse la lingua perché, di nuovo, aveva parlato totalmente senza filtri e si era resa conto solo dopo aver finito la frase che non aveva certo fatto un complimento alla cucina di Matilde. Era quello il motivo per cui era stata silenziosa, in quei giorni, al momento del pasto: sapeva benissimo che, parlando parlando, avrebbero potuto uscire dalla sua bocca, assieme al milione di cose divertenti che diceva giornalmente, anche commenti poco carini sulla disastrosa cucina della donna. "Ops. No, non intendevo affatto dire che fanno schifo. Cioè, no, davvero, non lo fanno, non fanno schifo, gli spaghetti alla carbonizzata di giovedì erano peggio. Alla carbonara. Intendevo dire carbonara, e non carbonizzata, lo giuro. Non erano carbonizzati, affatto, solo un po'... abbronzati?!"

"Oh, capisco... ", disse Milde un po' delusa e un po' ridendo perché la Bionda che si arrampicava sugli specchi era veramente uno spettacolo. "Devo prendere ancora un po' la mano con la vostra attrezzatura da cucina. Ma so cucinare, ve lo garantisco. Non che mi piaccia o che sia particolarmente brava, ma sono capace!"

"Ma sì, ti abituerai presto!"

"Speriamo. Però... però mi dispiace per Gloria. Non dobbiamo intrometterci nella sua vita privata, forse. Si è irritata."

"Ma no! E' solo un po' strana perché ha problemi di cuore, e con qualcuno li deve sfogare. Non è veramente arrabbiata."

"Mhm, speriamo"

"Dai, su, Milde, non crucciarti, ti assicuro che è strana sì, ma nella norma"

"Normalmente strana, dici?"

"Esatto! Proprio così. Adesso sparecchiamo dai, che poi vorrei studiare".

"Tanto si sa che finisci a giocare con la play invece che a studiare", decretò Letizia, iniziando raccogliere i bicchieri dal tavolo e scuotendo la testa.

***


D'affetti & d'affitti - Amori in (un) secondo pianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora