Capitolo 6

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Ciao a tutti i lettori di questa storia! Prima di lasciarvi al capitolo, ci tengo davvero tanto a scusarmi per l'assenza.
Ci sono stati problemi di salute in famiglia, non me la sono sentita di aggiornare, se lo avessi fatto, sono sicura che il capitolo sarebbe stato influenzato dal mio umore nero.
Per ora la situazione è stabile, perciò credo di avere la lucidità necessaria per scrivere.
Scusatemi ancora tantissimo, ma cercate di capirmi, voglio lasciarvi capitoli scritti bene e non pubblicati semplicemente per necessità di mandare avanti la storia.
Infine (poi vi lascio leggere in pace, tranquilli) voglio ringraziarvi tanto tanto tanto per le 1,05K letture!
So che non sono tantissime, ma ho il cuore stracolmo di gioia!
Il mio grazie va anche ai lettori silenziosi, ossia coloro che non stellinano (ma sì, inventiamoci i verbi) o scrivono commenti.
Bene, questo è tutto! Buona lettura!

Katelyn osservava assorta il cielo tramite lo spiraglio della porta.
Era terso e le nuvole grigie nascondevano l'azzurro spento che s'intravedeva di tanto in tanto.
La ragazza si ritrovò a paragonare se stessa a quel cielo. La sua anima, dopo aver passato il temporale, era ormai grigia. L'allegria che la caratterizzava faceva ora fatica a far passare la sua luce tra quella coltre di nubi.
La tempesta era passata da tempo, il suo animo era statico come quel cielo, ma i lampi e i tuoni rimbombavano ancora, ricordandole che quel che le procurava un dolore lancinante al cuore c'era stato, e lei non poteva fare niente per cambiarlo.

Non poteva fare niente per cambiarlo.
Niente sarebbe stato più come prima.
La parte migliore di lei se n'era andata con lui.
La tempesta glielo aveva strappato via dalle braccia.
Di lei era rimasto solo un'animo grigio e spento.
Come il cielo terso dopo il temporale.

In testa le risuonavano quelle parole, la rabbia le montava nel petto quando ricordava di non poter fare niente, assolutamente niente per cambiare l'accaduto.
Si sentiva così tremendamente incompresa, diversa e sola senza di lui al suo fianco, ma sapeva che
nessuno tranne lui sarebbe riuscito a comprendere a pieno la sua persona, tanto fragile quanto forte;
nessuno tranne lui sarebbe riuscito a farla tornare quella di un tempo, la Katelyn sempre solare, amante della vita, così diversa dalla Katelyn scostante, brusca e fredda di ora;
nessuno tranne lui sarebbe riuscito a entrare nella sua solitudine.

Un lacrima scese solitaria lungo la guancia della ragazza, calcando lo zigomo marcato, ma fu subito spazzata via dalla sua mano. Si impose di non piangere, era compito della notte accogliere le sue lacrime.
Raccogliendo le sue forze, spinse la porta facendola aprire del tutto, uscì e la chiuse alle sue spalle. Per sua sfortuna doveva recarsi a casa di Coraline per il the e la cosa non l'allettava minimamente. Sua madre, le aveva acconciato i capelli, sotto sua espressa richiesta, in una treccia a corona. Lo aveva fatto per una buona ragione; aveva pensato che, facendosi agghindare dalla madre, ella avrebbe creduto che la propria figlia avesse interesse a mostrarsi affabile nei confronti delle due ragazze.
Decise di indossare un abito rosa antico dallo scollo quadrato; le spalle erano fasciate da maniche in raso, che scendevano morbide fino all'avambraccio. Il corpetto era morbido, impreziosito da piccoli inserti dorati, e fasciava il busto della ragazza coperto dal corsetto, senza però comprimerlo maggiormente. La gonna scendeva dritta e morbida lungo i fianchi, priva di decori; semplice, ma bella.
Quello era l'unico abito abbastanza elegante in cui Katelyn si sentisse bene e non frivola.

I suoi passi erano svelti sul sentiero che portava alla sua destinazione, non tanto per arrivare il prima possibile, quanto per cercare di sfuggire ai pensieri riguardanti il suo passato, che la attanagliavano da quella mattina.
Dopo quattro anni, si chiedeva ancora perché fosse successo a lei, perché fosse compito suo soffrire ogni giorno per quell'ingiustizia.
Sapeva di essere una donna forte e coraggiosa, ma non poteva fare a meno di piangere ogni notte lacrime amare. Aveva così tanta voglia di urlare al mondo il suo dolore, di accasciarsi a terra e non rialzarsi più.
Nonostante tutto, dentro il suo cuore brillava ancora un fioco barlume di speranza, che la spingeva a credere che avrebbe potuto di nuovo stringerlo a sé, far scorrere le dita tra i suoi capelli scuri, incrociare le due pozze d'ambra quali erano i suoi occhi, poggiare la testa sul suo petto e lasciarsi accarezzare.
Le mancava terribilmente sorridere ogni qual volta lui era nei paraggi e ridere delle sue battute, le mancavano le sue mani sul viso e i baci rubati quando era imbronciata o impegnata in qualcosa.

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