Warm Chocolate

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Le guance di Lino erano rosse, quasi viola a causa dell’aria polare di Nevepoli.
Piccole lame d’etere gli sferzavano il viso, tremante come il resto del corpo, in quel freddo invernale, tipico della tranquilla cittadina montana.
Un ensemble di fiocchi di neve danzanti accompagnava con movimenti ipnotici quella giornata grigia e gelida, un velo candido copriva i tetti in legno spioventi delle piccole villette, mentre dai camini fuoriuscivano sbuffi scuri di fumo che, volatili, si disperdevano nell’aria risaltando su tutto il bianco del paesaggio.
Per strada due bambini giocavano tirandosi palle di neve, imbottiti con cura di cappotto, scarponi e sciarpe pesanti.
Poco più in là, un uomo dalla folta barba scura spaccava in due dei ceppi di legno, brandendo un’ascia affilata.
Una donna camminava veloce con una busta della spesa in mano, seguita dal figlio adolescente, carico di due borse visibilmente più pesanti.
Lino guardava incantato la gente del posto, le loro movenze, il loro stile di vita quasi incurante del freddo artico che invece gelava le ossa.
In quella piccola valle il tempo sembrava scorrere a rilento, forse era solo un’impressione, forse era proprio il freddo. Guardò l’ora  e si accorse che di tempo, lento o veloce che fosse, non ne aveva molto.

- Sono in ritardo! – esclamò, aumentando il passo.

Pochi minuti dopo si ritrovò finalmente davanti alla Palestra della città: un enorme edificio in mattoni e legno d’abete, che appariva quasi come un forte solitario in quella distesa di neve e alberi.
Guardò nuovamente l’orologio, e si accorse di essere arrivato in perfetto orario. Nove in punto.

Mai si sarebbe aspettato di arrivare così lontano da casa, in un ambiente così ostile, con le sue sole forze. Lui, che solo cinque anni prima doveva fare attenzione a non dimenticare l’inalatore a casa, in quel momento era in una bufera di neve.

E si recava davanti alla Palestra, le cui porte si sbloccarono, permettendogli di accedere all’interno. L’ampio salone era arredato con mobili di legno scurissimo, scaffali carichi di ogni tipo di libro immaginabile e un grazioso caminetto in fondo alla stanza.

Il ragazzo fu avvolto da una gradevole onda di calore, due mani tiepide che parevano strappare con forza il freddo dal suo corpo.
Un uomo si presentò da una delle due porte che conducevano probabilmente al campo di battaglia della Palestra, facendo accomodare Lino su una graziosa poltrona in pelle, tenuta in ottimo stato nonostante la visibile età.

- Buongiorno, presumo lei sia Lino…

- Buongiorno. Sì, sono qui per la sfida. – Il ragazzo si alzò in piedi.

- Le chiedo di aspettare qualche istante, la Capopalestra sta ultimando i preparativi e l’arbitro deve ancora verificare che il campo sia agibile. Ci perdoni per il disagio ma gestire una Palestra con questo clima non è affatto semplice... - l’uomo fece un leggero inchino.

- Non c’è problema, signore, capisco benissimo. – Lino sfoggiò il suo solito sorriso cortese, il sorriso che rifletteva perfettamente il suo carattere educato e pacato e che lo rendeva una persona facilmente apprezzabile.

Il ragazzo dagli occhi d’argento prese nuovamente posto sulla poltrona e iniziò a osservare i diversi soprammobili che adornavano quell’enorme salone: un candelabro d’ottone spiccava sulla piccola mensola di marmo sovrastante il camino, le candele erano invece tutte spente, consumate allo stesso livello, tranne una; una goccia di cera era riuscita a scivolare lungo un braccio del candelabro prima di solidificarsi.
Guardò i ritratti appesi al muro. I loro sguardi lo mettevano in leggera soggezione. Pareva dicessero:

“Ci aspettiamo una grande sfida!”

Era normale essere turbati, pensava, d’altronde doveva sfidare Bianca, la Capopalestra di Nevepoli, una delle Allenatrici più forti dell’intera regione di Sinnoh.

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