Uscire di casa quindici minuti in anticipo era diventata ormai una costante. Da quando ero venuto a conoscenza che ti incamminavi alla fermata del bus venti minuti prima dell'orario prestabilito, non ci pensai due volte a presentarmi lì ancor prima di quanto facessi tu. Ti vedevo arrivare con le cuffiette incollate nelle tue orecchie e il capo chino, con gli occhi che saettavano da una parola all'altra scritte nelle pagine del tuo libro preferito. I capelli scompigliati e dalla tinta quasi scarica ti donavano quell'aspetto che mi faceva totalmente uscire di testa, soprattutto quando il tutto era accompagnato da una delle tue immancabili felpe di qualche taglia in più e i tuoi occhiali rotondi che ti aiutavano a leggere meglio.
Mi sarebbe piaciuto sapere quale canzone e quali parole ti facevano disconnettere totalmente dal mondo che ti circondava, eri così perso e concentrato da non accorgerti mai dei miei occhi che si fermavano sulla tua pelle tanto quasi da potertela bruciare. Anche quello era una costante ormai: osservarti mentre eri perso nella tua piccola bolla.
Ti trovavo davvero interessante, Felix, nonostante non avessi mai parlato con te e il suono della tua voce mi rimaneva un suono ancora sconosciuto e troppo lontano da raggiungere. Il tuo essere così silenzioso e distaccato da ciò che ti circondava faceva crescere in me sempre più curiosità sulla tua persona. Avrei voluto parlarti prima, poter leggere vecchi libri con te mentre un giradischi faceva risuonare una melodia targata anni '90 per tutta la stanza. Lo avrei voluto davvero, guardare le tue grandi occhiaie e dire "quei cerchi neri sono stati frutto di una notte passata a cercare l'amore tra le pagine ingiallite di un romanzo."
Quando il tuo bus arrivava ti vedevo alzare istintivamente la testa, come un soldatino svizzero, forse non eri così perso come pensavo, magari ti accorgevi anche dei miei occhi su di te... Ma insomma, Felix, quando avevi intenzione di smettere di essere solo un gran mistero? Iniziavo a non poterne più di quel distacco tra noi, era quasi un anno ormai che mi limitavo a vederti per poco più di mezz'ora al giorno, e per quanto non potessi conoscerti, tutta quella distanza stava diventando nociva per i miei sentimenti.
Il gesto con cui chiudevi il libro era secco, veloce, non dimenticavi mai di tenerci il dito in mezzo per non perdere il segno. Salivi i gradini del veicolo senza alcuna particolare fretta, lo zaino sulle tue spalle si muoveva a seconda dei tuoi passi, poi ti vedevo scomparire dietro i finestrini neri, ma riuscivo comunque a scorgere la tua sagoma quando ti sedevi agli ultimi posti, con la testa poggiata al vetro e il libro di nuovo aperto sulle tue gambe.
Vedi, Felix, molte persone sostengono che si può capire la personalità o il trascorso di qualcuno attraverso i loro gesti, in base al loro modo di muoversi, al modo di parlare... ma nonostante ti osservassi più attento che mai ogni mattina, non riuscivo a capire nemmeno un pizzico di te. Eri come avvolto in un alone di mistero, come se non volessi che gli altri capissero il tuo vero essere.
Non volevi raccontarti, non volevi far sapere agli altri quali eventi avessero segnato la tua vita e come ti avevano fatto diventare.
Era quasi ironico, come un ragazzo con i libri sempre aperti si limitasse ad essere un libro chiuso.