“Come ti immagini tra vent’anni?” è la domanda che tutti gli adolescenti si dovrebbero porre.
In molti si saranno pentiti troppo tardi della scelta presa alla fine dei tre anni di scuola media, in molti avrebbero desiderato un percorso diverso. E’ ovvio che non tutti sono capaci di sostenere i ritmi sfrenati del liceo, simili a quelli di una canzone black metal, concepita apposta per i veri “metallari”. Il problema principale si presenta con l’intervento dei genitori di fronte all’insicurezza del ragazzo, che, per timore di deludere le loro aspettative, cede alla convinzione che il liceo sia la scuola più adatta. Certamente lo è, ma è necessario affrontarlo con lo spirito giusto. Se non si è motivati, si rischia di inciampare in un ostacolo e non rialzarsi più. Questa situazione può essere “comprensibile”, vista la giovane età, ma, se la scuola è veramente un percorso di crescita, bisogna che gli studenti acquisiscano consapevolezza entro la fine dei cinque anni.
I maturandi si ritrovano a dover compiere una scelta che determinerà un nuovo punto di inizio. A differenza di cinque anni prima, ci si aspetta che questa scelta non susciti perplessità. Si suppone che una volta raggiunta la maturità i ragazzi sappiano cosa fare della loro vita. Ci si ripete dunque la solita domanda: “Come ti immagini tra vent’anni?” e si cerca di darsi una risposta, il più delle volte non immediata. Com’è possibile? Qualcosa non ha funzionato... Sarà colpa dei ragazzi che non riescono ad avere un “sogno”?
Per comprendere, converrà fare un passo indietro e chiederci: “Cosa mi può dare la scuola?”. Sicuramente ci offre una preparazione, una cultura valida che (così dicono) ci servirà quando entreremo a contatto con il mondo del lavoro. Nessuno ci ha mai spiegato cosa effettivamente ci aspetta una volta terminato il percorso di studi. Ciascuno di noi sarà portato ad occupare un determinato posto nel mondo, a seconda delle proprie capacità, di cui molte volte non si è consapevoli. C’è chi pensa addirittura di non possederne. A cosa serve la cultura se non si sa dove, come, perché applicarla? Cominciamo il primo anno di liceo simili a diamanti grezzi che devono essere curati per raggiungere la loro forma perfetta. Ogni adolescente è un universo a sé stante, unico e inimitabile, con qualità nascoste che devono essere tirate fuori. Chi se non un professore, sarebbe capace di scavare dentro questi universi, questi mondi così apparentemente assurdi, per tirare fuori quella luce minuscola e inconsapevole, talvolta quasi invisibile, che si cela dentro ognuno di noi? Tutti i ragazzi hanno un talento, ma in pochi sono consapevoli di possederlo. C’è chi preferisce tenerlo per sé per timore del giudizio altrui. Dov’è dunque il problema?
Dal momento che ciascun docente è portato a concludere entro la fine dell’anno un determinato programma, il futuro di un ragazzo passa automaticamente in secondo piano. Evidentemente, gli insegnanti sono subordinati a un organo coordinatore, che è il Ministero della Pubblica Istruzione, il quale non consente loro di praticare l’arte dell’insegnare come dovrebbero, prediligendo peraltro meccanismi extra nelle ore curriculari e togliendo di conseguenza tempo al normale svolgimento dell’attività didattica.
Nella società contemporanea ci si aspetta molto dalle nuove generazioni, la scuola pretende tanto, forse troppo, dai suoi ragazzi, ma è ora che chi di dovere si fermi a riflettere: “Stiamo facendo la cosa giusta?”.
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De TodoI miei articoli del giornale scolastico riportati direttamente qui. Uscita mensile di ogni numero.