«Muoviti, Harper, tocca a te!», Miguel mi spintona un po’ lungo il corridoio e barcollo sui miei tacchi mentre mando giù in fretta uno shot di tequila.
Ho bisogno di alcool prima di riuscire a salire sul palco.
Lascio il piccolo bicchiere tra le mani del mio capo e mi fermo dietro il sipario, cercando di placare i battiti del mio cuore.
Butto fuori dalle labbra un po’ di aria e sistemo la gonna che indosso sopra un body di pelle nero.Sento la musica farsi sempre più forte, poi la voce squillante del presentatore che annuncia il mio ingresso.
Ecco.
Il sipario si apre, le luci si puntano su di me e oscurano il resto del locale colmo di uomini e donne.
Più uomini, in realtà.
Mi chiamano la spogliarellista timida.
Perché?Beh, punto primo: sono davvero una ragazza timida.
Le mie guance si colorano di rosso per molto poco e in genere non riesco a guardare negli occhi una persona per più di trenta secondi.
A meno che io non m’incanti, quella è un’altra storia.
Punto secondo: odio fare la spogliarellista ed è evidente.
Mia madre lo era e ho sempre trovato affascinante il suo mestiere.I riflettori, gli abiti di scena e la sensualità sembravano scorrere nel suo sangue.
Ma non nel mio.
Piuttosto figure di merda e una buona dose di sfiga sembrano scorrere nelle mie vene.
E vabbè.
Non si può avere tutto dalla vita.
Dopo la morte di mia madre Miguel mi ha offerto un posto di lavoro ed io ho accettato a seguito di qualche ripensamento.Avevo bisogno di un lavoro e in un paesino come il mio l’alternativa era fare da badante al vecchio John, un adorabile signore di ottant’anni con la passione di lanciare la dentiera come se fosse un frisbee.
E pretende che sia tu a portarla indietro.
Ehw.
Non voglio pensarci.Sbatto le palpebre e mi muovo piano verso il pubblico, cercando di assumere un’espressione seria e professionale.
Ma so già che la mia faccia è rossa come un pomodoro.
Mi concedo un respiro profondo e comincio con il mio show, ricevendo dei fischi di approvazione quando mi libero della gonna e rimango con solo il body addosso.Avrei dovuto bere più tequila.
Dannazione.
Mi sento ancora troppo in imbarazzo.
Perché non ho preso da mia madre?
Lei sì che ci sapeva fare.Sospiro ancora e sbottono piano anche il body, muovendo i miei fianchi lentamente e puntando lo sguardo su Miguel che è dietro le quinte.
Il mio capo solleva i pollici e gli rivolgo un sorriso, quindi continuo con il mio spettacolo fino a quando la musica non finisce e posso andare via.
Scendo in fretta le scale e raggiungo i camerini, quindi chiudo la porta alle mie spalle e cerco di placare l’agitazione che sento nello stomaco.«Dovevi bere più tequila», Amelia mi lancia una veloce occhiata prima di concentrarsi sul suo riflesso nello specchio per mettere un po’ di mascara sulle sue ciglia lunghe.
Annuisco con convinzione e prendo posto su una sedia, «Lo so. Mi abituerò mai a tutto questo? Sono mesi che lavoro in questo posto e non ci sono ancora riuscita»
«Devi prendere confidenza con il tuo corpo, tesoro», Nora, una delle spogliarelliste più anziane, poggia le mani sulle mie spalle e sorride gentilmente, «Anche tua madre era timida quando è arrivata qui»
«Davvero?», punto i miei occhi nei suoi azzurri e mordo l’interno della mia guancia.«Davvero», conferma, quindi rigira una ciocca dei miei capelli tra le sue dita, «Ma con il tempo ci ha stracciate tutte. Era la più richiesta, sai?».
E mentre parla ripenso al modo in cui mia madre riusciva ad incatenare lo sguardo di tutti anche con un semplice sorriso.
Mi si forma un brutto nodo alla gola e mi limito ad annuire, incapace di aggiungere altro.Mi manca.
Mi manca davvero tanto.
E mi chiedo se mi abituerò mai alla sua assenza o se continuerò per sempre ad immaginare di averla ancora accanto.
STAI LEGGENDO
LA FAMIGLIA MOORE.
ChickLitHarper Brown è una giovane venditrice di marmellate fatte in casa, oltre ad essere una timida spogliarellista e un' aspirante pasticciera davvero poco brava con le creme al cioccolato. Convinta fermamente di dover diffondere le sue marmellate in tu...