Capitolo 7

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~Celine, è qui, è qui, è qui....~
~ E cosa ci fai li impalata? Forza, scendi!~
~ Si...allora vado...ciao...~ e iniziò a uscire.
~ Jessie aspetta, hai dimenticato una cosa...~
~ Che cosa? ~
~ Questo!~ disse Celine correndole incontro e abbracciandola. Jessie rimase spiazzata per un secondo, poi strinse l'amica forte a se. Adesso si sentiva più sicura, più forte, meno sola. Insieme andarono alla porta.
~ Mamma sto uscendo!~
~ Aspetta Jessie, abbracciami. Sei bellissima, sono così contenta di vederti uscire.~ e la strinse a sè.
Perché l'abbracciavano tutti? Non stava mica andando in guerra.
~ In bocca al lupo Jessie, chiamami appena torni.~ disse Celine.
Jessie si fece coraggio ed aprì la porta.
Celine e sua madre intanto sbirciavano dalla finestra.
C'era una ducati nera parcheggiata. E poggiata a questa c'era Nate, con il casco tra le mani, un sorriso sfrontato, i capelli spettinati dal vento. Si era carino. Molto più che carino.
~ Dove la porto Zuccherino?~ disse non appena lei si avvicinò abbastanza.
~ Emh, ciao...non lo so, tu...tu dove vorresti andare? ~
~ Va bene, salta in sella Dolcezza. ~
Detto questo, con un movimento rapido salì sulla sua moto, e porse una mano a Jessie. Lei non era mai salita su una moto e aveva un po' paura. Iniziò a guardarlo un po' spaesata.
~ Dai vieni, non ti mangio mica. ~
~ Emh...non sono mai salita su una moto, non so come si fa. ~
~ Davvero? Non posso crederci.~ Nate scoppiò a ridere.
Jessie iniziò a sentirsi molto in imbarazzo.
~ Dai su, metti una mano sulla mia spalla, poggia il piede lì e con l' altra gamba scavalchi. Fatto.~
Jessie si avvicinò titubante. Seguì le istruzioni e si trovò sulla moto, molto vicina a lui, troppo vicina a lui.
~ Visto che non era così difficile, Bambolina? ~
~ Ora ti conviene stringiti forte a me.~
Jessie ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma appena mise in moto e iniziò a sfrecciare ad una velocità a cui lei non era sicuramente abituata, si strinse a lui con tutte le sue forze. Quel contatto la turbava, ma la paura di volare via dalla moto e ritrovarsi spiacciata al suolo era molto più forte.
Stette su quella moto un quarto d'ora buono, senza avere la minima idea di dove stessero andando.
Poi finalmente la moto si fermò.
~ Arrivati Bambolina.~
Nate scese dalla moto e l'aiutò a scendere. Lei iniziò a guardarsi intorno, davanti ai suoi occhi si stagliò una piccola radura. Alberi, fiori, un piccolo lago. Si sentiva il profumo di natura, e il cinguettare degli uccellini, il gracidare delle rane.
~Wow, ma quì è bellissimo.~ disse Jessie dall'entusiasmo.
~ Si, è il mio posto speciale. Vengo qui quando ho voglia di stare da solo. Il che capita molto spesso. Preferisco rimanere solo con i miei pensieri, piuttosto che in mezzo a tutte quelle persone che non fanno altro che preoccuparsi per me, starmi addosso, riempirmi di domande.~
Quanto lo capiva.
~Vieni, sediamoci quì.~ disse arrampicandosi su un grosso ammasso di pietra, e aiutando lei a fare lo stesso.
~Anche io vorrei avere un posto del genere. Ma non mi lasciano più uscire da sola dopo quello che è successo...~
~Si, ho sentito la tua storia, il rapimento, brutta cosa.~
~Eh già... tu invece perchè vieni alle sedute?~ chiese timidamente.
~Ho commesso un omicidio.~ disse secco e serio in viso.
~ Cosa?~ Tuonò Jessie immobilizzata, iniziando a sentirsi a disagio.
Nate scoppiò a ridere.
~ Scherzavo, è sempre bello vedere la reazione che avete.~
~ Molto divertente.~ fece Jessie stizzita. ~ Credo che possiamo tornare a casa.~
~ Dai non fare così, era solo uno scherzo. Non te la prendere. Sarò serio adesso, okkey?.~
~Okkey.~ disse titubante.
~ Sono orfano, sono stato adottato quando avevo 14 anni, cinque anni fa da una famiglia del posto. Sono brave persone, ma non le considero la mia famiglia. Mi hanno mandato da vari psicologi perchè mi vorrebbero più aperto, più solare. Pensano mi faccia bene per superare il "trauma". Come se fosse facile dimenticare il mio passato e tutto quello che ho vissuto...~
~ Ti va di raccontarmi quello che hai passato? Se non te la senti, lo capisco, però mi piacerebbe conoscerti meglio.
~ Solitamente rispondo di no a questa domanda.~
~Ah, va bene... lo capisco.~
~Ma stavolta farò un'eccezione, solo per te bambolina.~
Lei sorrise e lo guardo intensamente.
~ Beh, da dove inizio, mio padre è morto quando avevo 6 anni. Schiacciato da un autobus. Niente di grave, se lo meritava. Era uno stronzo, alcolizzato e senza lavoro. Passava le giornate a dormire e a bere mentre mia mamma sgobbava per portare avanti la famiglia. Poi la sera usciva, se ne andava al bar, continuava a bere, e quando tornava, ancora più ubriaco massacrava me e mia mamma di botte. Quando è morto abbiamo tirato un sospiro di sollievo, pensavamo che i problemi fossero finiti, andava tutto bene, fino a quando, a 10 anni, una notte ho sentito un rumore al piano di sotto. Sono sceso pensando fosse mia madre, ma ho visto una scena che da allora mi perseguita ogni giorno. Un uomo, lo ricordo ancora, stava sopra mia mamma e le puntava un coltello alla gola. Si è girato verso di me, mi guardava. Non dimenticherò mai il suo sguardo. Mi sono lanciato su di lui, ma non è servito a niente. Ero solo un bambino. Alla fine lei è morta, quel bastardo l'ha uccisa, l'ha fatta a brandelli, non so cosa gli abbia impedito di uccidere anche me. La polizia non è mai stata in grado di trovarlo. Avrebbe dovuto marcire in prigione, quel maledetto. La scena mi riappare davanti agli occhi ogni volta che mi guardo allo specchio e vedo questa maledetta cicatrice, altro suo grandissimo regalo. Ma un giorno, lo troverò, giuro che troverò quel figlio di puttana.~ la sua voce si era fatta sempre più aggressiva man mano che raccontava. Gli occhi lucidi, il pugno stretto fino a far sbiancare le nocche. Jessie gli prese la mano: ~Mi dispiace un sacco che tu abbia vissuto tutto questo, non potevo minimamente immaginare. Mi dispiace che raccontarmelo ti abbia scosso così tanto. ~
Lui cercò di ricomporsi. ~ Non ti preoccupare, mi ha fatto bene parlarne con qualcuno. ~
~Mi fa piacere che hai deciso di confidarti. Anche perchè alle sedute non parli mai, quindi sono contenta che tu ti sia aperto con me.~
Lui le si avvicinò ulteriormente e disse: ~Sai, anche se non ti conosco quasi per niente, sento una strana fiducia nei tuoi confronti. Sento che potrei dirti qualsiasi cosa. Percepisco una sorta di legame tra noi.~
Le sfiorò il viso con una mano, e avvicinò il suo viso al suo. Lei lo vedeva sempre più vicino, stava per baciarla, lei non sapeva che fare, se ricambiare o respingerlo via, poi quando era così vicino da percepire il suo respiro sulle sue labbra, un rumore sordo li riscosse. Si girarono entrambi nella direzione da cui l'avevano sentito, ma era soltato caduto un frutto dall'albero vicino.
Una volta tranquillizzati, lui disse sorridendo: ~Beh dove eravamo?~ e fece per avvicinarsi, ma lei saltò in piedi e : ~Ehm...sta iniziando a farsi buio...forse è meglio tornare a casa, che dici? ~
Lui scoppio a ridere.
~Va bene Principessa, tutto quello che lei desidera.~
Salirono nuovamente in groppa alla moto e ritornarono a casa.
Arrivati, lui parcheggiò la moto, le sfiorò il viso e disse: ~Beh, sono stato bene, ci vediamo domani al Centro, Tesoro.~ E salì in sella.
Lei rientrò piena di confusione, era stata davvero bene, e non sapeva cosa pensare. Era talmente presa dai suoi pensieri da non sentire la mamma che le chiedeva come era andata, si diresse solo in camera sua, si buttò sul letto, e cadde in un sonno profondo senza nemmeno mangiare.

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