Fili

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Il passato ha sempre il medesimo sapore. È dolciastro. Porta i vestiti scombinati di un'anima che ha sofferto. Cosí irrangiungibile e morto, ma così vivo. Tremo, son senza forze. La pressione è bassa, il battito accelerato. A malapena sento le parole che mi sussurra il pensiero. Le trascrivo per trattenerle e dar loro forma, dar loro vita. Tremanti anch'esse vogliono prendere consistenza e presentificare un'esperienza lontana nel tempo.
Perché questa esigenza di incidere il ritratto di una dea che vive in ere perdute?
Ne ricordo a malapena il profilo.
Distruttiva penso che questa mia tendenza sia lo stupido tentativo dell'uomo di dar senso e sostanza al nulla.
I legami non hanno realtà, non hanno un posto riservato nella dimora dell'Essere.
Le connessioni prendono forma nell'inganno. L'uomo che non ne ha dubitato, non è un uomo riflessivo.
Tendo una corda alla donna del passato e la riporto al presente. Tendo una corda alla me del passato e le descrivo il presente.
Non vedo concretezza, tangibilitá nel ricordo di un presunto legame. Nel presente l'assenza assoluta. Ma quando il ricordo non è tale, É? A me par che sia.
Combatto in un duello all'ultimo sangue i cui protagonisti sono due maschere della mia persona. L'una cieca, l'altra speranzosa, ma entrambe legate con fili d'acciaio ad un passato che resiste nel presente, indistruttibile, entrambe in balia di un destino inevitabile. Impotenti e incapaci di avere il controllo su di un legame immortale che supera la realtà, vera o finta che sia. Incapaci di sbarazzarsene, di tagliare il filo d'acciaio credendosi la terza Parca o di conviverci. Lottano tra di loro, compagne di speranza e disillusione.


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