Capitolo 22_Say Something

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Adam

Non avevo idea che traslocare fosse tanto faticoso.

La metà degli oggetti sparsi per la dépendance di casa Moore non sapevo neppure di possederli. Eppure c'erano canestri da basket pieghevoli di ogni dimensione proponibile, vestiti a non finire, più smoking di quanti ne ricordassi, la console dell'X-box e la vecchia Play Station 1, che miracolosamente funzionava ancora. Gli scatoloni con i miei dischi in vinile tappezzavano il pavimento di marmo lucido e, non avendo un giradischi a disposizione, rappresentavano una nullità bella e buona.

Dopo la mia alzata di testa improvvisa, avevo deciso di mantenere la parola data a Charles e sparire dalla sua vista per sempre.
La versione ufficiale era che dovevo aspettare che certi lavori di ristrutturazione terminassero, prima di poter tornare a casa mia. In questo modo i suoi amati elettori non avrebbero avuto nulla da ridire in proposito e lui avrebbe potuto continuare a impersonare l'impeccabile Sindaco con la famiglia perfetta.

Sebbene fosse un maledetto adultero e trattasse di merda suo figlio, Jackson Moore mi aveva assicurato che sarei potuto rimanere nella sua dépendance senza problemi, fino a che non fossi andato al college. Aveva sempre avuto un debole per me.
Naturalmente il frigobar venne svuotato il giorno prima del mio arrivo. Che peccato.

Sembrava strano muovere i primi passi nella mia nuova vita, ma sapevo che era la cosa giusta da fare. Il mio fondo fiduciario era vincolato fino al compimento dei venticinque anni e, siccome non avevo la minima intenzione di abbandonare gli studi tanto a lungo, sapevo che avrei dovuto trovarmi un lavoro appena arrivato al college. Tuttavia ciò che più mi preoccupava era ottenere i soldi necessari a mantenermi fuori dalla maledetta lista d'attesa, in cui sarei sicuramente finito, se non avessi dato all'università le giuste garanzie finanziarie.

La seconda nota stonata di quel quadro semi-perfetto era...che mi mancava lei.
Dannatamente tanto.

Per il suo diciottesimo compleanno, Rowan aveva saltato una settimana di scuola per fare un viaggio ad Austin. Il messaggio in cui me lo comunicava era breve, diretto e non includeva nemmeno un misero accenno alla nostra ultima conversazione. Né al bacio.
Come se nulla fosse successo.

Io invece non ero più riuscito a smettere di pensare a quella notte, quando mi ero praticamente dichiarato, ripercorrendo i passi di qualunque adolescente sfigato e patetico dei telefilm anni '90. Dawson Leery, qua la mano.

Era qualcosa che mai mi sarei sognato di fare: pregare per avere una possibilità.
Non era proprio da me.

Tanti anni prima avevo giurato che non mi sarei mai più abbassato a elemosinare l'affetto di qualcuno. Avevo già tentato e fallito. Così spesso che avevo perso il conto. A quanto pareva, però, non ero poi così in gamba quando si trattava di mantenere la parola data.
Neppure quando la davo a me stesso.

Il giorno del suo compleanno le inviai un sms con gli auguri e mi rispose con un 'Grazie! ' stringato. Deluso e vagamente incazzato, decisi di ignorare l'intera faccenda. Se avesse voluto discuterne al suo ritorno sarebbe stata la benvenuta, ma spettava a lei fare la prima mossa.
Io.avevo.chiuso.

C'era un limite a quello che ero disposto a sopportare e con Rowan Scott l'avevo superato da un pezzo. Avevo diciotto anni e la mia vita non poteva restare in pausa, in attesa di una ragazza.

Inoltre c'erano questioni più importanti di cui occuparmi.
Avevo la finale del Campionato da giocare e, possibilmente, vincere. La squadra contava sul loro quarterback e sarebbe stata l'ultima partita di football del liceo per molti dei componenti. Meritavano di avermi presente al 100%.

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