𝟘𝟝 - The Sacrifice...

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Quella notte era innaturalmente silenziosa, a Gotham. Sembrava che tutto fosse fermo, immobile, congelato nel tempo.

Nella zona industriale ai margini della città, disseminata di capannoni, la situazione non era diversa. Persino i gatti randagi non frugavano nelle pattumiere alla ricerca di cibo, quasi temessero di incorrere in qualche sorta di pericolo se avessero spezzato quell'equilibrio producendo anche il minimo suono.

Il boato che seguì l'esplosione e il conseguente incendio di uno dei tanti depositi, quindi, si udì forte e chiaro riverberarsi nell'etere. La saracinesca che lo sigillava fu spazzata via da un camion in corsa che, come fosse di cartapesta, lo superò allontanandosi dal luogo del misfatto che ormai bruciava cancellando ogni traccia del loro operato. Alla guida del mezzo, il Joker rideva sguaiatamente col compagno al suo fianco – il fedele Harley Quinn – che lo stringeva guardandolo adorante.

«Ce l'abbiamo fatta, Puddin'!» esclamò sorridente, il volto diafano segnato per sempre dai colori che lo avevano marchiato il giorno in cui era venuto al mondo per mano del suo creatore.

«Certo, zuccherino!» rispose il pagliaccio, andando a leccargli un dito affusolato della mano che percorreva delicatamente il proprio viso. «Ottengo sempre ciò che voglio.»

Harley, le iridi celesti che brillavano di folle amore per il suo uomo, sospirò sentendo la sua lingua bollente succhiargli l'indice.

Le sirene della polizia, lanciatasi al loro inseguimento, li distolsero da quella parentesi lussuriosa.

«Forza ragazzi, dateci dentro!» urlò il Re, la sua risata agghiacciante che seguiva quelle parole.

Il tetto del camion si aprì rivelando i suoi scagnozzi che, armati di mitra e mascherati come animali da macello, iniziarono a sparare in direzione delle forze dell'ordine. Gli agenti risposero al fuoco, tentando di superare l'enorme veicolo o perlomeno portarsi fuori la traiettoria dei proiettili a loro riservati. Una delle auto si avvicinò quanto bastava per tentare il sorpasso quando la fiancata del camion la colpì con forza, facendola sbandare per poi schiantarsi violentemente contro un edificio.

Il Joker riportò il veicolo in carreggiata, le labbra tese in un inquietante sorriso, osservando divertito il proprio operato.

«Maledetti sbirri, fuori dai piedi!» inveì il giullare. Estrasse la propria pistola in madreperla sporgendosi dal finestrino, le ciocche argentate a frustargli il viso mentre prendeva la mira. Due colpi, ognuno dei quali andò a segno: il primo trapassò, con precisione millimetrica, la fronte del poliziotto alla guida dell'auto più vicina; il secondo, invece, bucò il pneumatico della stessa, facendola sterzare con violenza e tagliare la strada agli altri mezzi alle calcagna del Re e della Regina di Gotham.

Letale come poco altro sulla faccia della Terra, Harley tornò al proprio posto baciando la canna dell'arma donatagli dal suo amato. Il Joker, dallo specchietto laterale, ammirò estasiato come le automobili della polizia si scontravano l'una contro l'altra, impedendo loro ogni tentativo di cattura. Il suono dei vetri che si infrangevano, dell'acciaio che si ammaccava e le luci dei lampeggianti che si spegnevano, gettando le strade malfamate che percorrevano nell'oscurità più totale, erano musica per le sue orecchie.

La folle coppia rise, certa della propria vittoria, quando un rombo alle loro spalle convinse i due che la vera minaccia alla loro libertà era giunta sulle ali della notte. Il buio del cielo di Gotham era stato squarciato dal Bat-segnale, e l'eroe era giunto in soccorso della città che aveva invocato il suo aiuto.

Batman, a bordo della Bat-mobile, accelerò non appena vide il camion.

«Sparate, idioti, fatelo fuori!» ordinò il pagliaccio ai suoi sgherri, i quali obbedirono dando fondo ai caricatori senza alcun successo. Il veicolo scuro del pipistrello era blindato, per nulla scalfito dalla raffica di colpi da cui era stato raggiunto.

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