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Solo le 7:30 di venerdì mattina e Matteo ha deciso di tornare finalmente a casa.
Perché finalmente?
Perché da due giorni, ovvero da quando non è successo quel bacio e sono successi quei bacini, non riusciamo a comportarci normalmente, non riusciamo neppure più a battibeccare, ci proviamo ma la cosa non funziona, non abbiamo più le risposte pronte e ci imbarazziamo di nulla.
Anche lui.
Ieri, ad esempio, sono uscita solo in asciugamano dal bagno, perché mi sono scordata il cambio sul divano, e al posto di fare una squallida battuta, come avrebbe fatto di solito, ha girato la testa dall'altra parte per evitare di guardarmi.
Vi sembra una cosa da lui?
No! Da lui sarebbe stato dirmi qualcosa come "puoi toglierti l'asciugamano, ho visto milioni di donne nude" o fare uno stupido fischio da assatanato.
Invece anche le sue orecchie erano rosse per l'imbarazzo!
Inoltre non ci tocchiamo.
Lui non accarezza più i miei capelli, non mi abbraccia, niente testa sulla spalla, niente mani da nessuna parte.
Niente.
Neppure per scherzare.
Se ci sforiamo per sbaglio scattiamo via come se ci fossimo bruciati e lui sparisce in un'altra stanza con qualche scusa improbabile.
Così ora sembra che mi stia evitando.
Credo di aver rovinato tutto.
Forse non avrei dovuto spingermi così in là.
Che stupida.

Lo ammiro mentre chiude la zip dello zaino e immagino i suoi muscoli contrarsi, com'era successo quando stringeva i bordi della scala per salvarmi: la felpa gli era troppo stretta e fasciava perfettamente le sue braccia da Ercules. Ritorno a quell'istante in cui il suo naso si incastrava a lato del mio e le sue labbra erano così vicine da sembrarmi quasi un sogno, deglutisco rumorosamente e sbatto le palpebre più volte per disincantarmi.
Non faccio che avere questi pensieri ultimamente, ma nelle mie fantasie nessuno ci interrompe e noi non ci fermiamo ad un bacio dato sulle scale.
Andiamo, Susan, riprenditi e di' qualcosa al posto di stare lì a fissarlo come una cretina!
«Ma poi vieni a lavoro o devo aspettarmi di trovarti di nuovo sanguinante per averti in fumetteria?» chiedo cercando di assumere un tono scherzoso.
«Lo sai che se mi vuoi ti basta dirlo» ci prova anche lui, ma nel suo viso non c'è più il sorriso malizioso che faceva funzionare tutto, anzi è diventato viola e non sostiene il mio sguardo.
Vedete?
Non funziona.
Maledizione!
Mi impongo di ridere ma ciò peggiora tutto, quindi rimaniamo zitti per secondi interminabili.
«Vabbè allora vado» rompe il silenzio mettendosi lo zaino in spalla.
«Ok»
«Ok»
Ma non si muove.
Ci guardiamo ancora un po'.
È come se stessimo aspettando che uno dei due dica qualcosa.
Tipo: non andare o non voglio andare.
Forse ci speriamo.
Ma nessuno dei due apre bocca, quindi sospira e si sporge per un bacio sulla guancia, però le nostre teste non riescono a sincronizzarsi e c'è quel momento imbarazzante dove la muovi da una parte all'altra senza concludere una beata minchia.
Scusate la finezza.
Lui prende il mio viso tra le mani per tenerlo fermo e poi mi lascia un dolce bacio sulla fronte, inspira il mio profumo prima di separarsi e lo seguo fino a quando non sparisce dalle scale del condominio, sotto il mio sguardo...Confuso?  Sognante?  Sorpreso?
Non lo so neanche io quello che sto provando!
Dopo che sento il rumore del portone sbattere, aspetto ancora una decina di minuti.
Magari torna indietro.
Ti prego.
Nulla.
Così mi chiudo la porta alle spalle e mi vado a vestire.

Il tragitto da sola è noioso, mi chiedo se lo vedrò spuntare davanti a me come il primo giorno che l'ho incontrato.
Chi l'avrebbe mai immaginato che mi sarei presa una sbandata per il ragazzo che ho molestato in metro?
Ripenso alla scena e sorrido da sola.
Sono proprio un'imbranata.
In tutto.
Anche in amore.
Non è passato neppure un mese ed io sono cotta a puntino.
In mia difesa posso dire che abbiamo passato insieme ventiquattro ore su ventiquattro e ho imparato a conoscerlo, a notare i piccoli e dolci gesti che fa spontaneamente, nonostante cerchi di interpretare il classico cattivo ragazzo, ma è un ruolo che gli sta piccolo, ha molto di più da offrire e per quanto si sforzi non riuscirà mai a nasconderlo.
Inoltre è un chiacchierone e anche se in metro è pieno di gente che parla mi sembra comunque troppo silenziosa.
Mi manca.
Non lo vedo da neppure due ore e già mi manca.
Infatti non riesco a trattenermi e scruto la folla cercando un biondo tendente al rossiccio.
Niente.
Sospiro amaramente e cerco di leggere un manga che mi ha consigliato lui, We don't know love yet.
Ma nonostante mi piaccia non riesco a godermi a lungo la lettura perché il mio cuore parte in quarta appena sento addosso degli occhi.
Penso siano i suoi, ormai mi sono così illusa che sono convinta mi appartengano ed esistano solo per me.
Alzo la testa dalle pagine bianche e nere e mi guardo attorno alla disperata ricerca dei suoi smeraldi.
Ma non li trovo.
Così cerco di concentrarmi di nuovo sulla storia, però una strana angoscia si impossessa di me e va ad adagiarsi sul mio cuore.

Arrivo in negozio in anticipo e alle nove, puntuale come un orologio svizzero, la campana suona annunciando l'ingresso di Oscar.
«Niente tizio inquietante con la mascherina oggi?» chiede sorpreso ed io mi limito a confermare con un semplice cenno della testa.
«Hai pensato al nomignolo?» mi informo curiosa di sapere cosa si sia inventato.
«Pooh» risponde incerto «come Winnie Pooh, sai per i suoi capelli»
«Vero che hanno il colore del miele?!» domando esaltandomi troppo per qualche strano motivo.
«Sì ma gli diremo che lo abbiamo scelto perché è grasso, non perché ha i capelli come il colore del miele» mi scimmiotta facendo una voce acutissima.
«Posso assicurarti che non sia grasso» il ricordo di lui mezzo nudo sdraiato nel mio divano mi fa avvampare.
«Tutto il contrario» affermo appena l'immagine della sua V illegale si stampa nel mio cervello.
«Susina» alza gli occhi al cielo «Non m'interessa cosa avete fatto voi due. Insieme. Da soli. In casa. So benissimo anche senza le tue allusioni che non sia grasso, ma scommetto che da piccolo lo fosse»
«Perché?»
«Perché sì, quelli come lui lo sono tutti» ribatte scocciato «Comunque poi inizieremo a chiamarlo Pooh-Pooh imitando la cantilena del treno e infine diventerà Pupu»
«Ma quando le partorisci queste idee?»
Scrolla le spalle prima di continuare «Ma non sono convinto»
«Non mi piace» sentenzio.
«Proponi qualcosa di migliore»
«Non mi viene in mente niente» mi gratto la fronte mentre penso «Possiamo tenere Pooh come provvisorio fino a quando non troviamo di meglio»
Il ragazzino annuisce e poi si appoggia al bancone della cassa col volume di Bleach in mano.
Aspettiamo per un po' l'arrivo di Pooh ma dopo un'oretta e mezza Oscar decide di andarsene e io riprendo a leggere il manga, interrompendomi per servire i vari clienti.
Il tempo passa con una lentezza disarmante e mi sembra di stare lì dentro da secoli.
Mi sento sola e in più la strana angoscia che provavo in metro non mi ha ancora abbandonata.
Scocca l'ora del pranzo e vado da Alessia.
«Oggi Matteo non viene?» chiede subito.
«Non è venuto al lavoro»
E non si fa vivo per tutta la giornata.
Sicuramente si starà sbronzando in un bar.
O peggio ancora, starà scopando con l'ennesima ragazza che gli si è lanciata ai piedi.
Stupida io che ci speravo.
Una strana rabbia si propaga velocemente in ogni angolino del mio corpo.
Ma cosa mi aspettavo?
Che anche lui mi stesse pensando?
Che non vedesse l'ora di vedermi?
Che sarebbe venuto solo per stare in mia compagnia?
Che cazzo di cosa?!
Lo aveva detto che non fosse interessato a me.
Sono proprio un'illusa.
Stupida illusa.
Stupido Matteo.
Prendo il portapenne che è vicino alla cassa e lo scaravento con forza contro uno scaffale.
Mi viene anche da piangere, non per tristezza per questa rabbia immotivata che sto indirizzando verso di lui anche se so perfettamente che ce l'ho solo con me stessa.
Tiro un respiro profondo e mi allontano dal bancone per raccogliere il casino che ho fatto.
Sono proprio una stupida.

Quando arrivo a casa, l'idea di dovermi preparare la cena mi deprime, non ne ho assolutamente voglia.
Mi levo il cappottino rosso e mi lancio sul mio lettone.
La testa rivolta verso il lato in cui aveva dormito Matteo la prima notte.
Allungo la mano ed accarezzo il cuscino pentendomi di non aver approfittato di quella volta che dormiva ed era dolcissimo con il cappuccio da coniglio.
Ma come ha fatto ad entrare nel mio cuore così a fondo con questa rapidità?
Perché io non gli ho fatto lo stesso effetto?
Sospiro tristemente.
Cerco di racimolare tutta la buona volontà del mondo e mettermi davanti ai fornelli ma proprio non ci riesco.
Così mi arrendo al mio pessimo umore e decido di ordinarmi una pizza.

Dopo poco più di mezz'ora il citofono suona e apro al fattorino, lo pago, mi richiudo in casa e mi avvio verso la piccola cucina, ma non faccio in tempo ad aprire il cartone che il campanello suona di nuovo.
Gli avrò dato male i soldi?
Non ne faccio una giusta oggi.
Spalanco la porta pensando si tratti del ragazzo delle consegne, purtroppo però non è lui.
Il cuore mi salta in gola, inizio a tremare e il mio corpo diventa così pesante che non riesco più a muoverlo.
«S-Sandro» balbetto.
___________
Angolo Me 📚
Eccomi! 🎉
In questo capitolo abbiamo una Susan malinconica o forse un po' appiccicosa? Abbiamo solo pochi secondi con Matteo che si separa da lei per tornare a casa, quando si rivedranno? Si rivedranno? 🤔
E di Sandro cosa diciamo? Come l'ha trovata? Che succederà?
Ci vediamo al prossimo 💫
Grazie per spendere qualche minuto con la mia storia ❤️

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