Introduzione.

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Era novembre di 2 anni fa, lo ricordo come fosse ieri, ero seduta nel mio solito bar, Claude's Corner.

Ero lì ogni volta che potevo, al mio solito posto accanto ad una grande vetrata, guardavo la gente frenetica di Londra, chi camminava, chi correva e chi parlava al telefono.

Non sapevo cosa mi attirasse di più di Londra, era affascinante ma allo stesso tempo era costantemente grigia. Ambigua. E forse mi piaceva per questo.

«Il tuo caffè spiona.» Non avevo soltanto l'abitudine di andare nello stesso bar, avevo l'abitudine di ordinare anche la stessa bevanda.

«Ti ringrazio Claude - Ne bevvi subito un sorso, sapendo tuttavia che fosse bollente - E smettila di chiamarmi in quel modo, non spio nessuno.»

«Sei sempre lì, a guardare. Cosa fai per ore se non spiare? - Risi, trovava sempre il modo per parlare con me, per capire a cosa stessi pensando, se fossi di buon umore, se fossi triste o arrabbiata. Non risposi direttamente alla domanda, aveva semplicemente l'abitudine di chiedermela continuamente ed io lo lasciavo fare. - Come va con l'università?»

«Bene, molto bene in realtà. Il tuo aiuto mi ha servito molto - gli feci un occhiolino, negli ultimi mesi avevo cambiato metodo di studio, notavo che prendeva troppa parte del mio tempo, tempo che avrei potuto passare con mia madre o con mio padre essendo distanti. Ma avevo iniziato a soffrire, seppur sottile, di crisi di panico e Claude mi ha aiutata. - Questa volta mi sembravi tu. Un po' vecchio come te.»

«Attenzione, io ho i miei cari anni, riesco a sopportare intere giornate di lavoro, non sottovalutarmi Monica. - Sorrisi all'udire di quel soprannome. - Adesso ti lascio di nuovo alla tua gente, questa baracca non va avanti senza il suo capitano!»

Claude's Corner era il bar di Claude, ovviamente. Per quanto mi ha raccontato Claude, il bar è aperto sin da quando lui ne ha memoria, prima di essere il proprietario, era del padre e prima ancora del nonno. Ci sono tutti i suoi ricordi all'interno, tante cose sono cambiate, ma per lui è rimasto come un fidato amico, un qualcosa su cui contare. Per questo bar, Claude ha rinunciato alla sua adolescenza dovendo aiutare suo padre, quando poi gli è venuto a mancare il papà, ha dovuto pensarci lui e da quel momento non l'ha mai lasciato, tanto che non si è mai nemmeno sposato.

Io invece ero davanti al mio computer, dovevo consegnare una tesi entro domani e l'avevo quasi terminata ma ovviamente, non ero mai convinta del mio lavoro.

«Gilda!»

"Luis!"

"Ciao, come stai? - Luis, il cameriere/nipote di Claude. - È da un po' che non ti vedo, dove ti eri cacciata?" mi sorride.

"Ho da consegnare una tesi entro domani e sai, dovevo scriverla - alzai le mani come se fosse ovvio. - Tu invece?"

"Io sono appena tornato da Edimburgo, te l'avevo detto, non ricordi?"

"Ah sì, certo! Che sbadata."

"Come al tuo solito - mi sorride ricevendo subito un'occhiataccia. Sa quanto sono permalosa. Ma cambia subito argomento. - Comunque, che ne dici se sabato sera esci con me? Ti presento un po' di amici, soprattutto adesso che la tua amica se n'è andata."

"Vediamo, potrei avere qualcosa da studiare."

"Ovviamente."

"Ehi! Guarda che medicina non è facile...". Non finisco in tempo la frase che subito mi precede.

"Lo so, lo so. Ma tu sei proprio un topo da biblioteca." Sogghigna, prendendomi in giro.

"Il problema è che devi farti un culo così - lascio intendere con le mani - per passare l'esame e non è facile, anche perché io con chimica e fisica non sono bravissima."

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