Capitolo 1

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Frequentavo l'ultimo anno delle superiori e mancavano circa due settimane all'inizio degli esami di maturità. Passavo intere giornate a studiare in biblioteca assieme ai miei compagni di classe.

«Che fai stasera, Elis?» mi chiese Barbara.

«Non lo so» le risposi distratta, cercando di tenere bene a mente i passaggi più importanti della seconda guerra mondiale.

«Sei con noi?» mi domandò Laura e sorrisi guardando l'orologio che segnavano le sei del pomeriggio.

«Non lo so, come sempre i miei sono all'ospedale a lavorare» risposi poi alla domanda di Barbara «Quindi penso che mi metterò a studiare oppure... quasi quasi sono tentata di andare in palestra. In fondo è da tanto che non vado ad allenarmi» conclusi, chiudendo il libro di storia.

«Ti piace così tanto il karate» affermò Laura con un sorriso.

«È un passatempo maschile! Non si addice ad una ragazza» mi fece notare Barbara con aria risoluta.

«È vero, ma è uno sport che mi fa sentire viva dentro e poi mi piace un casino» le risposi.

«D'accordo. Allora ci vediamo domattina alle dieci davanti alla biblioteca» mi confermò infine Laura.

«Ok, ciao a domani» dissi dando un bacio sia a Laura sia a Barbara e uscii dalla biblioteca salutando il resto della mia classe.

L'aria estiva mi accarezzò il viso con delicatezza e chiusi gli occhi traendo un profondo respiro. Pensai a dove avrei trascorso le prossime imminenti vacanze estive assieme ai miei genitori.

Loro lavoravano presso l'ospedale di Niguarda ed erano entrambi medici.

Si erano conosciuti alla facoltà di medicina e insieme superarono le varie difficoltà per diventare medici. Era raro per me passare del tempo assieme a loro.

Un po' mi dispiaceva sentirli solo al telefono o vederli per qualche minuto quando mi apprestavo a fare un po' di volontariato all'ospedale, in modo da stare un po' vicina ai miei genitori, ma sapevo bene che il lavoro che svolgevano era importante ed ero orgogliosa di essere la loro figlia.

Quelle poche volte che passavamo del tempo assieme, papà ci portava in montagna, lontano dalla città.

Per non sentire troppo la loro mancanza in casa, mi iscrissi alle arti marziali per dar sfogo alla mia solitudine ed iniziò a piacermi, ma mia madre non era poi tanto d'accordo con questa mia piccola passione per il karate visto come tornavo conciata a casa.

Piena di dolori e di lividi i primi tempi, ma dopo quattro anni di duro allenamento, ero riuscita a prendere la cintura nera e, solo da qualche mese, avevo lasciato il club di karate per buttarmi a capofitto nel mondo dello studio e scegliere la strada da intraprendere per il mio futuro che era un bel punto di domanda.

I miei genitori mi consigliarono di scegliere un'università che poteva approfondire i miei interessi e che potesse poi fruttarmi un bel lavoro. Mi resi conto che non avevano tutti i torti al riguardo e così decisi di vagliare vari campi di studio per avere un'idea di quale fosse la facoltà che facesse per me.

Una volta arrivata a casa mi feci una doccia veloce e mi rilassai davanti alla tv con una bibita fresca.

Erano le sette di sera passate quando mia madre mi chiamò al cellulare.

«Ciao tesoro, tutto bene?» mi chiese.

«Ciao mamma, non mi posso lamentare» le risposi, poi le raccontai la mia giornata di studio.

«Perché non esci?» fece mia madre «Ti devi distrarre un po' se no non fa bene alla salute» concluse.

«Grazie del suo preziosissimo consiglio, dottoressa» le risposi ridendo «Non ti preoccupare mamma, avevo una mezza idea di andare in palestra».

La leggenda della Farfalla RossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora