Capitolo 16

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E così il ragazzo più enigmatico dell'intero gruppo, mio acerrimo nemico per un motivo che a me era totalmente sconosciuto, è diventato un mio valido aiutante per le mie ricerche.

I nostri spiriti giovani e ribelli sono mossi dall'obiettivo comune di ritrovare i nostri cari; le nostre membra stanche e ossute si reggono su di un paio di gambe che portano il peso di una schiena scossa dal corso degli eventi, nonostante la giovane età dovrebbe lasciare intendere un vigore tipico dei nostri coetanei.

Mentre i nostri compagni sono ancora riuniti nel salone per la cena, io e Shimon siamo corsi di sopra con due scuse differenti, sotto gli occhi esterrefatti e dubbiosi di tutti.

"La tattica del cestino e del berretto deve essere perfezionata", mi ha detto, e abbiamo deciso di fare una piccola riunione.

"Ho un forte mal di pancia" ho detto io.
"Ho voglia di leggere" si è inventato lui.

E così ci siamo ritrovati nella mia stanza, su quella scrivania che è stata portatrice di libri sentimentali, parole messe su carta e dormite profonde.

La mappa della città, quella autentica che ho sfruttato tante volte durante le mie nottate pensierose e solitarie, giace sotto gli occhi vigili e attenti di due ragazzi che non vogliono nient'altro che ricongiungersi con i propri cari e sorvolare il problema "nazisti" con mosse audaci e percorsi sempre nuovi.

Lui mi espone il suo piano, io dico la mia, facendo di volta in volta qualche obiezione.

«Sono passato una volta di qua, e ci ho quasi rimesso le penne» gli dico io, indicandogli una strada alternativa.

«Qui c'è una pattuglia a tutte le ore. Sospetto che non si distraggano neanche per andare in bagno» mi spiega poi lui.

«Qui andiamo alla casa di quel fantomatico medico, ma c'è un vicolo cieco, e non potremo imboccare la strada che porta alla mia vecchia casa. Dobbiamo trovare una soluzione che sia efficiente e vantaggiosa per entrambi» lo rimbecco poi io.

«Tu sei fastidioso e irrimediabilmente puntiglioso, mentre io sono stanco. Dovresti riposare anche te Saul, o Uri, o come diamine ti chiami, magari questa tua acidità è dovuta al sonno» mi rimprovera.

«Non posso suscitare la simpatia disinteressata dell'intero genere umano, e d'altro canto noi uomini non siamo nient'altro che una macchina da guerra con molte facce: è quella che viene colta a etichettarci.
È una catena umana di rivalità e invidia, gelosia e ammirazione.
La nostra è un tantino arrugginita, non credi Shimon?
Se riuscissi a mostrare anche solo per un effimero secondo quella buona, il mondo ti apparirebbe meno duro di quanto già non sia.
Perché pensi che la catena tra Tedeschi ed Ebrei sia irta di chiodi? Perché la personalità dell'uomo può portare ad azioni indicibili.
Sii più positivo, Shimon, ed evita di commettere gli stessi errori dei tuoi antenati.»

Concludo il mio discorso con orgoglio e sicurezza, la quale viene meno quando i miei occhi incontrano l'espressione totalmente impassibile del mio nuovo alleato.

«Indubbiamente queste perle di saggezza non possono venire da una bocca tanto stolta come la tua» ragiona.

«È tanto evidente?» chiedo, e lui annuisce.

«Ricordati comunque che la famiglia Almeda è una famiglia di scrittori» gli rispondo con audacia, pavoneggiandomi.

«Sì, hai bisogno di una bella dormita, ruffiano. Buonanotte» conclude, chiudendo la porta con un tonfo sordo.

***

È notte fonda, e fuori sta piovendo.

Ho passato le ultime ore a rigirarmi tra le coperte in preda a migliaia di riflessioni concomitanti: l'unico aspetto positivo è che il compito ingrato di dormire con Zeev questa notte non spetta a me.

Per conciliare il sonno scendo dal letto a castello e cerco a tentoni un libro qualsiasi e una torcia per leggere più facilmente il testo.

Afferrato il bottino mi rimetto nel mio comodo letto, con Aaron e Zen che inspirano ed espirano in sincronia, quasi lo facciano appositamente.

Tra i sospiri loro e del vento fuori, la pioggia e qualche lampo che ogni tanto squarcia il cielo, non si sa cosa sia più rilassante.

Sta di fatto che tra tutti i libri presenti, ne ho preso uno per ragazzine intitolato "Pollyanna".

Faccio spallucce e mi dedico alla lettura di questo romanzo che ho avuto modo di leggere una sola volta nella mia vita, nella fase in cui Sarah e io eravamo soliti scambiarci libri e parlarne a casa mia.

Da questo libro ho appreso diverse cose.
Numero uno: i romanzi per bambine sono più intriganti di quanto potessi pensare.
Numero due: i nostri caratteri sono nel loro piccolo dinamici, modificabili, e non è mai troppo tardi per poter cambiare la nostra attitudine verso il mondo che ci circonda.
Numero tre: la vita è un dono impareggiabile, e in quanto tale ha il diritto di essere vissuta al massimo delle nostre possibilità, trovando ogni mattina una ragione per sorridere e dire "questa sarà una giornata stupenda".

La positività di questa bambina, orfana di madre e poi in un secondo momento di padre, costretta a vivere con una zia scostante e austera, va decisamente a cozzare con il mio perenne pessimismo, ma terrò a mente le sue considerazioni.

Intanto non mi resta che leggere, nonostante la vicinanza di questo testo con la mia Sarah non sia un ottimo strumento di distrazione.

***

«Sveglia, Saul, ti aspettano tutti di sotto.»

A parlare è Alexander che riesco a mettere a fuoco dopo essermi sforzato.

Dalle finestre penetrano dei raggi di luce che attestano un miglioramento delle condizioni climatiche dopo il tempaccio di questa notte.

«Ti stai ancora riprendendo dopo le corse degli ultimi giorni, non è vero?» mi chiede con un'espressione comprensiva.

«Direi proprio di sì» rispondo, sbadigliando sonoramente.

«Sei un ragazzo coraggioso. Ti aspettiamo di sotto. Abbiamo preparato una colazione sostanziosa» mi spiega, uscendo dalla stanza.

Mettendomi seduto faccio cadere giù la torcia che, fortunatamente, a parte emettere un rumore fastidioso, non sembra presentare gravi danni.

«Tutto bene?» chiede il signore da dietro la porta.

«Sì... credo» rispondo, stropicciandomi gli occhi.

Lui indugia un attimo, poi sento indistintamente i suoi passi per il corridoio.

Forse si sta stancando della mia riservatezza, ma dipende tutto dal gioco delle facce che stavo illustrando a Shimon.

Scendo lentamente e rifletto.

«Perfetto. Ho dormito relativamente di più. Mi aspetta una colazione da leccarsi i baffi. Sto per trovare più informazioni su mio padre, e di certo le ricerche saranno proficue. Questa sarà un'ottima giornata.»

In mezzo al sospiro del ventoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora