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“Non importa quanto freddo o caldo faccia, al maneggio si va comunque. Nemmeno la pioggia, la neve, il vento possono fermarti, perché anche se non puoi montare ci sono i finimenti da ingrassare, gli stivali da pulire, l’armadietto da mettere in ordine. Tutto da ripulire dalla sabbia del campo, perché su quello combatti, su quei centimetri di granelli che sanno essere morbidi quando ci si cammina e durissimi quando ci si cade. Quelli che ti spazzoli in fretta via dai pantaloni quando ti rimetti in piedi per salire di nuovo in sella. Cosa ne sanno le persone, gli amici, la famiglia, di quanta forza e di quanto coraggio ci vogliono per tornare di nuovo in sella quando dalla stessa sei stato scaraventato via, e non sai bene né perché né come, ringrazi solo mentalmente qualche dio per essere ancora in grado di alzarti. A volte fa così paura tornare in sella che anche quando sei già su e ti prepari a un nuovo esercizio hai ancora le mani che ti tremano. Che ne sa chi ti dice ‘’chi te lo fa fare’’ di cosa si prova quando riesci a finire un percorso con un netto, o anche solo quando si è ancora in sella dopo che il nostro compagno, troppo vivace, ha provato più e più volte a buttarci giù. Che ne sanno di quanta fatica, di quanto impegno, di quanta dedizione e passione ci sia voluta per finirlo un percorso. Di quante volte sotto un salto hai chiuso gli occhi e preso fiato, perché lo sai, cazzo, lo sai che la distanza non c’è, e non hai idea di cosa succederà di lì a un istante prima di staccarsi da terra. Speri solo di avere buone gambe per restare attaccato alla sella, perché una fermata mentre si corre al galoppo verso un salto significa quasi sempre un viaggetto contro l’ostacolo. O la terra o il cielo, non ci sono vie di mezzo per chi fa salto, e quando non si va a terra ecco che accade la magia. Senti l’adrenalina dai talloni attaccati al costato del cavallo, alla punta delle dita strette intorno alle redini. Senti il tuo compagno fremere, accettare la sfida che è di uno e di entrambi, e nemmeno la gravità riesce più a tenervi a terra, voli al di là dell’ostacolo, una, due, tre, otto, dieci volte, ma non importa perché ogni salto è come fosse il primo. Si vive più cinque minuti su una sella che quanto faccia molta gente in una vita intera. E non c’è solo il salto, ci sono anche le ore passate a fare fiato, ad allenare i muscoli, i crampi alle gambe e le fitte nei fianchi, tanto dolorose da farti lacrimare, perché non puoi fermarti se l’esercizio non è finito. E poi c’è la rabbia, la frustrazione perché non si è mai abbastanza bravi, perché il cavallo è testardo e contro la mano, perché l’incollatura non è giusta, perché non hai mai le spalle abbastanza dritte o i talloni abbastanza bassi. Perché il cavallo scarta i salti e sai che la colpa è tutta tua, che non gli dai abbastanza impulso, perché per prima hai paura. Ti tocca affrontare anche gli attimi in cui vorresti mollare tutto, gli attimi in cui ti senti crollare e sai che sarebbe tutto più facile se lasciassi perdere, gli attimi in cui devi trattenere le lacrime e sostenere lo sguardo del tuo istruttore mentre ti rimprovera perché non sei mai abbastanza determinata. E il lavoro nel campo e i salti sono solo una parte dell’impegno, ci sono i veterinari, le ferrature, le coperte, il fieno, e i soldi che sembrano non bastare mai. Stringi i denti e rinunci, impari a rinunciare. Limiti le uscite serali, rinunci alle marche, perché una Louis Vuitton, scarpe Hogan e sciarpa Barberi non hanno alcun valore, non quanto ne ha il tuo cavallo. Sacrifichi natale e pasqua, compleanni e capodanni per i cavalli. E la cosa stupefacente è che mai una volta, che sia una, te ne penti. Sai che ogni goccia di sudore, di paura o di fatica, ogni lacrima di rabbia o di gioia, ne è valsa la pena. Ne vale sempre la pena.

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