Capitolo 2

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«Edith Janine Parker, se non scendi immediatamente da quel letto ti faccio pentire di essere nata!»

Nuovo giorno, nuovo semestre, nuovo anno, nuove disgrazie.
Non posso credere che le vacanze siano già finite e che dovró dire addio al dormire per tutta la mattinata, alle maratone di serie tv ogni giorno e alla sensazione di sale sulla mia pelle per le giornate passate a mare.
L'unico aspetto positivo sono i pancakes del lunedí di mio padre e il poter vedere tutti i giorni i miei migliori amici.

Prima che mia madre mi butti giú dalla finestra con tutto il letto mi alzo e comincio a prepararmi.

Entro nel bagno e mi fermo davanti allo specchio, ci perdo almeno 10 minuti facendo le mie solite smorfie e poi mi faccio una doccia. Incomincio a fare i boccoli ai miei lunghi capelli, mi vesto e poi applico il mascara sulle mie folte ciglia, la cosa che piú amo della mia faccia. Penso di avere una fissa per le ciglia, sono la prima cosa che guardo nelle persone, non so nemmeno io perchè.

Resto almeno 15 minuti appoggiata all'anta dell'armadio e poi scelgo di indossare una camicetta a mezze maniche bianca e un pantalone di pelle, prendo lo zaino e scendo in cucina.

In ogni famiglia normale la mamma o il papà cucina e gli eventuali fratelli sono seduti al tavolo.
Bene, in tutte le famiglie normali, ma nella mia no.

Appena scendo trovo Brad e Dorian, i due gemelli cavernicoli che si ingozzano di cereali e pancakes, mia sorella Grace che suona lo xilofono sul tavolo, mio padre che cucina e mia madre che medita sul divano.
Purtroppo mia madre è un'insegnante di yoga molto presa dal suo lavoro. Generalmente recita ogni ora un mantra e la cosa peggiore è che vorrebbe trascinare me in tutto ció.

«Buongiorno famiglia» urlo saltellando e dando un bacio sulla guancia a Grace.

«Certo i baci alla piú piccola, ai tuoi dolci fratelloni niente?» esclamano Brad e Dorian contemporaneamente, come fanno quasi sempre con la loro telepatia da gemelli.

«Dopo quello scherzo che mi avete fatto ieri appena sono tornata dal campus l'ultima cosa che voglio fare è avvicinarmi a voi, se mi avvicinassi potrei tentare di uccidervi. Era il mio shampoo preferito!»

«E dai sorellina, è solo uno shampoo, si ricompra» afferma Brad con un sorrisetto dando un cinque a Dorian.

Io e i gemelli siamo completamente diversi, loro hanno preso tutto da mia mamma: gli occhi marroni, i capelli scuri e la carnagione olivastra. Caratteri predominanti nella famiglia dell'insegnante di yoga Susan Fitzgerald. Loro sono solamente un anno piú grande di me, sono dei senior. Mentre Grace è la piú piccolina, ha 10 anni ma secondo mamma e papà è la piú matura fra tutti noi.
Io e Grace siamo molto simili, capelli biondo cenere e occhi chiari, tutte caratteristiche della famiglia Parker.

Sbuffai alla loro risposta, tra me e i miei fratelli era una lotta continua di scherzi e non pensate che Grace si tiri fuori da ció, contribuisce eccome!
Un giorno usammo il soggiorno come campo di battaglia, vi lascio immaginare la reazione di mio padre, mia mamma meditava in quel momento,non poteva mica cedere al nervosismo!
Ci mise in punizione per un mese intero, ma ne valse la pena, l'atmosfera che si era creata era degna degli Hunger Games.

Finii di mangiare tutto e aspettai che lo facessero anche i gemelli, perchè mi avrebbero accompagnato a scuola.

«Muovetevi o vi uccido, siete peggio delle femmine»

«Sorellina non siamo mica come te che anche se ci aggiustiamo rimaniamo comunque un cesso»

«Dorian sto pensando a dove infilarti il vaso di Zia Marge»

«Non nominare il nome di zia Marge invano!»

«Ma cosa? Ok non voglio discutere, vi aspetto fuori e vedete di muovervi non voglio fare ritardo il primo giorno di scuola»

Arrivammo a scuola in anticipo grazie all'irrefrenabile voglia di Brad di farmi morire, sa che odio quando si va ad alta velocità e lui non faceva che accellerare.

Appena scesa dalla macchina vidi Sophie corrermi incontro seguita da Ethan e Will, i miei migliori amici.

«Edith, cosa è successo? Sembri appena scesa dalle montagne russe» esclamó ridendo Ethan con quel suo sorriso perfetto.

Ethan è il bad boy della scuola, quaterback della squadra di football e puttaniere della scuola. Il classico ragazzo bello da mozzare il fiato che ci prova con tutte tranne che con me e Sophie, siamo cresciuti insieme e ci considera sue sorelle. Peccato che per noi non sia così, o meglio, per me. Diciamo che in tutti questi anni ho maturato una cotta nei suoi confronti, ma nulla di particolare, quest'estate mi è passata.

«Il cavernicolo numero 1 ha preso la sua auto per un jet privato, l'unica cosa positiva è che stavo per vomitargli nell'auto»

Scoppiammo a ridere e ci dirigemmo all'interno della scuola, inutile dire che le ragazze stavano sbavando grazie alla presenza di Ethan.
Venimmo fermati da almeno dieci gallinelle, una addirittura gli chiese quanto misurassero i suoi bicipiti. Io per poco non mi affogai con la mia stessa saliva, pensavo gli stesse chiedendo la misura di qualcos'altro.

A prima ora avevo storia con Sophie, non appena ci sedemmo incominció a porni milioni di domande, di tutti i tipi. È sempre stata curiosa ed esuberante. Ci conosciamo da quando eravamo in fasce, le nostre mamme si sono conosciute in ospedale e non si sono piú separate, come noi d'altronde. Conosciamo tutto l'una dell'altra e facciamo qualsiasi cosa insieme anche il compleanno, visto che è nata un giorno prima di me.

«Domanda piú importante di tutte, sei riuscita finalmente a vedere il misterioso ragazzo del molo?»

A quella domanda diventai completamente rossa, non ci pensavo da ieri ormai, lo consideravo perduto, anche se avevo ancora in mente la sua voce.

«Ehm, no, n-non penso che riusciró mai a trovarlo»

«Oddio hai pure balbettato, ma sei completamente cotta! Ma di cosa poi? Non lo conosci nemmeno»

«Non sono cotta, voglio dire... forse un po' ma non troppo, e poi mi piace tanto la sua voce e il suo modo di scrivere .»

«Quindi ora puoi dire addio alla stupida cotta per Ethan!»

«Si finalmente, solo che ormai ho un altro amore platonico, non sono molto fortunata in amore»

«Cosa? Non ti preoccupare, lascia fare a me, lo troveró, quanto è vero che mi chiamo Sophie Annabelle Johnson»

Le sorrisi un po'titubante, consapevole che non l'avrei mai piú trovato, ma non sapevo che lui era piú vicino di quanto pensassi.

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