Freddo tiepido.

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-Come ti sembra?-

Guardai prima mio padre sulla soglia del grande portone in mogano e allungando un po’ il collo oltre l’entrata, osservai una parte del grande salone che mi si presentava. Era grande, troppo grande. E all’antica. E fredda. E buia. Non risposi a mio padre, non volevo spegnere quel sorriso così entusiasta, per la prima volta dopo quindici anni l’avevo visto felice. Per davvero almeno. Mossi un passo, esitando e raggiunsi il centro di quel grande salone. Mi guardai intorno, immaginando quali grandi feste aveva ospitato quell’ambiente e, molto probabilmente, gli invitati erano tutti deceduti. Sì, deceduti. Quella casa non aveva ospitato più nessuno dal 1980. Eppure era ancora in commercio, stata ristrutturata e il prezzo era anche ragionevole. Peccato fosse collocata in un angolo dimenticato da Dio. Forse per questo costava poco. Il mio sguardo si posò su i tanti quadri di famiglia appesi sulla parete accanto al camino: erano proprio tanti e quei volti più inquietanti della casa. Erano tutta gente così vecchia, sapevo che la gente del loro tempo si faceva dipingere solo quando sapevano che la morte li avrebbe presi.

Le persone avevano bisogno di ricordi, le persone anche dopo morte hanno bisogno di essere ricordate. Solo così si può vivere in eterno. E’ un pensiero egoistico? Voler vivere per sempre? Non vuol dire niente, è tutta una gran cazzata.

Pensai. Il mio sguardo viaggiò dai quadri al grande camino, talmente grande da poterci tranquillamente entrare dentro, lungo la parente bianca e le scale, fino a notare qualcosa che a pensarci bene non doveva essere lì. Rispettando le tradizioni, seguendo uno schema, non doveva essere .

Un quadro grande il doppio degli altri raffigurava un ragazzo tanto giovane, avrà avuto la mia stessa età, diciassette? Diciotto? Aveva i capelli di un color castano scuro, con dolci sfumature miele e gli occhi. Dio, gli occhi, di un color blu-ghiaccio talmente intenso che non ti lasciava scampo, lo sguardo attento e le sopracciglia leggermente aggrottate gli conferiva un’aria tanto affascinante quanto misterioso. La posa era così regale, il petto in fuori lasciando che la lussuosa giacca bianca risaltasse. Aveva dei muscoli pazzeschi, ne sono sicura. Azzardai a pensare. Ma il mio sguardo era fisso nei suoi occhi, lo stesso sembrava fare il ragazzo nel dipinto. Fu questione di un attimo che sentii un leggero brivido dietro alla nuca, le labbra stranamente formicolavano e le mani erano fredde, come se toccassero del ferro. Ma non c’era nessuno.

 – Che cazzo…-

Era una sensazione così gradevole, non avevo mai amato tanto il freddo in vita mia, perché non era un freddo che scaturiva da una folata di vento o quel freddo umido quando non sono accesi i riscaldamenti. Era un freddo… accogliente. Era un freddo fottutamente tiepido. Sono pazza. Un freddo tiepido?

-Savannah? Hei. Ti sei incantata?-

Mi svegliai. Feci un passo indietro e mi toccai d’istinto le labbra. Erano di nuovo calde, come anche le mani. Sto impazzendo. Mi voltai e accennai un sorriso a mio padre, con un’espressione divertita. –Sì, scusa papà.

No, un momento. Io che sorridevo a papà? Io che ero divertita? Io, dopo che ho litigato pesantemente con lui prima di arrivare in quella casa? Io, che prima di entrare volevo scappare ma ero stata fermata dal sorriso di mio padre? Avevo la mente in pappa o cosa? Non mi era mai capitato di perdere la testa così. Mi voltai nuovamente verso il quadro: qualcosa non andava. Non mi fissava più e il ragazzo sembrava solo… un semplice dipinto inanimato. Gli occhi non erano che semplici colpi di pennello color bianco e azzurro.

-Ti piace, mh? Lo sapevo che ti avrebbe interessata subito. Voi ragazze e i vostri ormoni. Era un bel ragazzo, lo devo ammettere.-

-Papà!- sbottai, le guance improvvisamente rosse. Io…rossa? No, quella storia doveva finire all’istante. Mio padre rise, posandomi una mano sulla spalla. –Piuttosto. E’ morto tanto giovane mh?- La risata di mio padre svanì e lasciò il posto ad un lungo sospirò. Mi strinse la spalla.

-A quanto pare. E’ un vero peccato, no?-

Mi ritrovai ad annuire con gli occhi incollati su quel quadro. Era davvero triste, un ragazzo così fottutamente bello, morto. Senza aver avuto il tempo di fare tante cose. Era vergine? Aveva avuto la ragazza? Cazzo, doveva essere un figo assurdo, è impossibile che fosse stato single. Mi battei una mano forte sulla fronte e iniziai a camminare avanti e indietro davanti le scale di marmo. – Sono pazza. Salgo in camera. – avvisai mio padre, salendo fin su il primo piano. Non avevo mai fatto pensieri tanto perversi su un ragazzo e, a dirla tutta, non mi ero mai interessata ad un ragazzo. Stavo bene da sola, con quelle due o tre amiche con cui ammazzare la noia e quando si parlava di “loro” facevo orecchie da mercante. Non perché fossi lesbica o completamente asessuale, ma perché non avevo voglia.

Dio, ma perché dovrei mettermi in ghingheri per piacere ad un fottuto ragazzo? Per una relazione che sarebbe finita presto e che mi avrebbe indotto a fare la depressa come tutte le ragazze della mia età? Non voglio iniziare a scrivere frasi poetiche su un amore perduto su Facebook. Ma proprio zero.

-Savy, quel ragazzo è morto, fottutamente!-

Dissi a me stessa. Dovevo frenare quel flusso di pensieri assurdi all’istante. Dovevo ricominciare invece a pensare al nuovo disco del mio gruppo preferito, quello sì che aveva un senso. Mi alzai le maniche sulle mani, un gesto che faccio più o meno sempre, senza un motivo e camminai per il primo piano, osservando quelle porte mastodontiche, erano tutte camere da letto? Come cazzo avrei fatto a pulirle tutte?

Papà, devi chiamare quelli delle pulizie adesso!- urlai per farmi sentire. Già facevo fatica in quel garage che chiamavo casa nel Maryland. Percorsi il corridoio e arrivai ad una porta un po’ più scura delle altre. Afferrai la maniglia laccata d’oro e la girai verso sinistra. Si sentì un clack rumoroso e spinsi la porta all’indentro. Una grande e regale camera con graziosi motivi geometrici bianchi e neri sulle pareti, un letto a baldacchino con tanto di tendine trasparenti, i mobili raffinati, uno specchio e il bagno adiacente. Molto probabilmente apparteneva ad una ragazza. Andai a sedermi sul letto, lentamente e sospirai. Dovevo rifarmi una vita e dovevo vivere in quella casa così inquietante. Ma forse i primi giorni non saranno terribili, li avrei passati ad esplorare ogni angolo di quel posto, volevo conoscerne tutti i segreti, gli angoli, le stanze, tutto. Ero una tipa curiosa e un posto come quello che rispecchiava tanto la casa di uno di quei libri gotici che mi leggevo non aspettava altro che me. Ma ero stanca, il viaggio dal Maryland alla Contea di Los Angeles era stato una botta in testa. MI buttai di schiena sul letto.

Sentii un brivido, un freddo tiepido.

E poi mi addormentai.

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Ecco qui ragazzi, il nuovo capitolo! Scusate il ritardo, ma non avevo tempo di postarlo:3

Spero vi piaccia, non ci ho dormito due notti per idearlo al meglio ahah

Fatemi sapere se vi piace con un like e un commento!

Zau:3

Nathaniel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora