chapter three

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John fu colpito per un attimo dalla temporanea incapacità di parlare, il che era decisamente inconveniente dato che sapeva che più tardi, ripensando al discorso di Sherlock gli sarebbero venute in mente innumerevoli cose che avrebbe voluto dire. Sherlock sembrava ignorarlo e la sua espressione vuota era simile a quella di un pesce rosso.
"Voglio che tu mi analizzi"
La sorpresa gli riportó la voce.
"Analizzarti? Cosa-"
"Sì, e seriamente, come hai fatto con quella donna. Ti ho insegnato abbastanza e voglio sapere cosa riesci a dedurre dall'esaminarmi... è noioso stare solo a guardare senza sapere."
"Ma... io ti conosco! Non è barare?"
"Non essere ingenuo, John. Nessuno mi conosce"
John si sentì come se fosse stato appena immerso nell'acqua gelata. Aprì la bocca per parlare, ma la richiuse, guardando il proprio drink. Poteva sentire gli occhi di Sherlock su di lui, analizzando i suoi pensieri e sentiva il suo disprezzo. Non poteva, almeno per una volta, evitate di leggergli la mente?
"Ti ho ferito" sentì la voce di Sherlock dire in tono sommesso. John non si era mai sentito tanto stupido; era strano, a pensarci, si era sentito lusingato fino a pochi secondi prima.
"Nascondo la mia vera identità a tutti, non solo a te. Non puó essere una novità... le cose stanno cosí, John"
Le parole di Sherlock, così fredde e distaccate, non fecero altro che peggiorare la verità. Il groppo che aveva in gola si fece più doloroso e cercó di ignorarlo, mandandolo giù insieme a un sorso del proprio drink, senza alcun risultato. Sherlock aveva ragione, non era una novità. Di tutti i misteri irrisolti che aveva visto nella sua vita, il più difficile da capire era l'uomo seduto di fronte a lui.
"Perché? Pensavo fossimo-"
"Lo siamo. E mi conosci meglio di chiunque, persino del mio stesso fratello"
"Tu odi tuo fratello"
"Non importa, non cambia il fatto che-"
"Va bene così" disse John, che voleva disperatamente cambiare argomento ed evitare lo sguardo di Sherlock.
"Non sono ingenuo"
"John."
Nonostante il proprio proposito, John dovette alzare lo sguardo e incontrare quello del detective, obbligato da qualche sorta di istinto.
"Dimmi" riuscì a rispondere con voce tremante.
A volte, guardando gli occhi di Sherlock, specialmente da così vicino, si sentiva come ipnotizzato. Era impossibile guardare da un'altra parte, gli sembrava di stare affondando nel blu e nel grigio di quelle due pupille.
"Giochiamo" le parole erano, come sempre, fredde e prive di sentimento, ma c'era un sorriso gentile sulle sue labbra che riuscì a calmarlo istantaneamente.
"Sei sicuro che vuoi che lo faccia?" Sherlock alzó gli occhi al cielo.
"Va bene, va bene" John inspiró profondamente prima di parlare "Tu... beh all'apparenza sei un paradosso. Sei sempre ben vestito e dall'aspetto presentabile, sembra che tu scelga i tuoi outfit solo per apparire dark e misterioso. È il complesso del cappotto di cui ti avevo parlato. Ma poi ci sono le tue mani."
"Le mie mani?" John annuì e gli fece cenno di toglierle dalle tasche. Sherlock obbedì e le mise sul tavolo, in modo che John potesse osservarle.
"Sembra che tu non riesca a notarlo, il che è assurdo perché solitamente noti tutto, ogni minuscolo dettaglio. Le tue mani sono piene di bruciature da acido e scolorimento per tutti quei macabri esperimenti. Vedi? Mi fa uscire di senno." Sherlock sbuffó e le rimise in tasca. "Quindi da questo capisco che ti concentri solo sui lati del tuo aspetto che ti sembrano importanti, il che è stupido e vorrei che ti prendessi più cura di-"
"Ok, va bene, ho capito. Sto bevendo, guarda"
disse Sherlock mentre la sua voce si affievoliva man mano che avvicinava il bicchiere alla bocca.
"Posso dirti di più"
"Beh, non sprecarlo tutto ora, tanto il bicchiere è vuoto" fece un cenno al barista, segnalando che erano pronti per il prossimo. "Uh, fantastico, sono già pronti"
Dopo che il barista ebbe portato i due drink e tolto i bicchieri ormai vuoti, Sherlock si poggio sullo schienale della poltrona e incroció le braccia.
"Ricordami di dargli una mancia generosa"
"Ma tu non lasci mai mance"
"Già, non lo faccio mai, non è vero?"
John sospiró e bevve un sorso del cocktail.
"È il tuo turno" gli ricordó Sherlock
"Quindi avevo ragione?"
"Ho bevuto, no?"
"Volevo solo sentirtelo dire"
"Sei il detective migliore di tutti i tempi, infinitamente saggio nella tua logica divina e non sono degno neppure di pulire gli stivali del tuo genio"
"Un semplice sì sarebbe bastato"
"Fai la tua dannata domanda è basta"
John sorseggió il gin and tonic con un sorrisetto, riordinando i propri pensieri prima di parlare; non avrebbe mai avuto un'occasione simile.
"Sei mai stato in una relazione? Con un uomo o con una donna"
"Beh certamente non ho frequentato un cane"
"Sai cosa intendo"
"Tu e Mrs. Hudson ne avete discusso approfonditamente, immagino" borbottó Sherlock "è un'informazione irrilevante"
"Se è così irrilevante perché non mi rispondi?" Sherlock, ancora una volta, lo fissó leggendogli nel pensiero in un modo che John adorava e odiava allo stesso tempo.
"Sono solo curioso" aggiunse, facendo del suo meglio per guardare qualsiasi cosa che non fosse l'uomo davanti a lui.
"Facciamo un patto. Non risponderó alla tua domanda, ma potrai usare le tue nuove, sorprendenti abilità deduttive. Diciamo che è un esperimento. Io, ovviamente, berró o non berró in base all'accuratezza della tua analisi. Così otterrai una risposta, se te la meriterai, senza che io debba dire niente"
"Non credi che dopo tutto ció che abbiamo passato insieme io mi meriti una risposta?"
Forse era per l'influenza dell'alcol, ma John stava cominciando a sentirsi agitato. Non avrebbe dovuto poter chiedere qualsiasi cosa al proprio migliore amico e ottenere una risposta?
"Sono convinto che, guardando e pensando, riuscirai-"
"Come? Lo hai detto tu stesso. Nessuno ti conosce. Se potessi dedurre la tua intera vita sessuale solo guardandoti, non credi che lo avrei già fatto?" John poteva sentire il sangue affluirgli alla testa e colorargli le guance di rosso, mentre il cuore batteva all'impazzata nel suo petto.
"Sei frustrato"
"Sì... no, scusa... non... non sono frustrato" balbettó scuotendo la testa mentre la rabbia veniva gradualmente sostituita dal rimorso.
"Sei ancora ferito per ció che ho detto"
"Ovviamente no, sto solo dicendo-"
"Sei un pessimo bugiardo, John"
"Onestamente, dimenticalo. Non mi importa, davvero."
Sherlock si limitó a fissarlo, facendo scivolare lentamente l'anulare sul suo labbro inferiore, pensando.
"Io... vado un attimo in bagno. Finiró di giocare quando torneró" disse John alzandosi "e te lo giuro, non sono arrabbiato" aggiunse prima di lasciare il tavolo. Riusciva a sentire gli occhi di Sherlock che lo seguivano mentre si allontanava e questo gli faceva quasi venire voglia di nascondersi sotto un tavolo.
Non appena ebbe chiuso la porta del bagno, si afferró il viso fra le mani, resistendo all'impulso di darsi uno schiaffo: le cose stavano andando relativamente bene, perché aveva dovuto rovinare tutto? E proprio sulla questione "relazioni" poi. Non voleva ripetere l'incidente della loro prima cena da Angelo's. Al solo ricordo rabbrividiva d'imbarazzo.
Dopo essersi calmato, prese un respiro profondo e tentó di riordinare i suoi pensieri. Doveva prepararsi se voleva tornare alla conversazione con uno straccio di dignità. Eppure, mentre finiva di mettere a punto il suo piano di sedersi, bere, accettare la sconfitta e poi usare qualsiasi scusa per cambiare discorso, sentì il suo telefono vibrare nella tasca.
"Per rispondere alla tua domanda, no, nessuno dei due. Bevi quando ritorni. SH"
John fissó il messaggio per un po', rileggendolo più volte e cercando di dare un senso al bizzarro cambio d'umore del coinquilino. Considerò di rispondere ma, oltre a non riuscire a pensare a niente da scrivergli, decise che sarebbe stato meglio tornare al tavolo e ignorare l'accaduto.
Come aprì la porta, sentì un grande sollievo nello scoprire di non avere gli occhi di Sherlock addosso, ma che stavano guizzando da una parte della stanza. Lo raggiunse, cercando di sembrare disinvolto, e si sedette sulla propria sedia.
Lentamente e di proposito, John prese il proprio bicchiere e bevve metà del suo conenuto. Dopo che ebbe finito, il silenzio cadde fra i due coinquilini e Sherlock continuó a fissarlo con espressione indecifrabile.
"Non era necessario, lo sai?" riuscì a dire con un tono appena più forte di un sussurro.
"Lo so"
"Allora perché lo hai fatto?"
"Oh no, adesso è il mio turno. Per citarti, sto cominciando ad avere sete"
"Sei impossibile, lo sai?"
"So tutto." entrambi ridacchiarono "Hai detto che avresti potuto dirmi di più"
"Huh?"
"Andiamo, dimmi di più. Cos' hai capito dall'osservarmi? Sto diventando impaziente."
"Che novità"
"E va bene, allora perché non lasci che io analizzi te invece?"
"No, no, assolutamente no. Lo faró, ok?" Sherlock sorrise soddisfatto "Una volta, quando Anderson ti ha dato dello psicopatico, hai risposto che non lo sei, che sei un sociopatico. Ma io non penso che sia vero; penso che tu sia brutalmente sincero e anormale e geniale e a volte uno stronzo, davvero, ma non credo che tu sia un sociopatico."
"Sono lusingato"
"Non cercavo di lusingarti. Cercavo di dirti che ti sbagli"
"E hai qualche prova per supportare questa deduzione o è solo il tuo inguaribile complesso da eroe?"
"Beh mi hai appena dato tutte le prove del mondo che sei uno stronzo, ma per quanto riguarda l'essere sociopatico... sei mio amico. E non solo perché ti porta beneficio, ma perché hai genuinamente bisogno di compagnia. Sei totalmente insensibile al dolore degli altri quando non è rilevante per il tuo lavoro, ma non godi nel vedere altre persone soffrire. Sei brusco ma non crudele, a meno che tu non sia provocato, oppure senza saperlo a causa della tua schiettezza. Sei bravo a manipolare le persone ma usi questa abilità solo come mezzo per risolvere i tuoi casi. Il tuo lavoro consiste nel trovare killer e salvare la vita alle persone, quale sociopatico farebbe una cosa del genere? Ma soprattutto per essere sociopatico dovresti essere incapace di amare."
"Cosa ti faccia pensare che io ne sia capace?"
John esitó un attimo "Ami il tuo lavoro"
"Conta?"
"È una forma d'amore"
"Ho detto "ad alta funzionalità, se ben ricordi"
"Sei capace di amare, quindi non sei un sociopatico"
Quando Sherlock non rispose subito, John cominció a sentire l'ormai familiare sensazione di rimorso. Guardò il proprio drink, odiando intensamente gli ingredienti che lo avevano reso così stupido, vulnerabile e onesto.
"Ci hai pensato molto" constató Sherlock
"Sto solo giocando" John pregó che la conversazione sarebbe finita lì, ma sapeva che il coinquilino non aveva alcuna intenzione di cambiare argomento.
"Ti aspetti molto da me"
"Troppo?"chiese John con delicatezza
"Probabilmente" rispose Sherlock con un mezzo sorriso che, nonostante non sembrasse molto sincero, scaldó il cuore di John. "Adesso sono io quello ingenuo, non è vero?"
"Su alcune cose, sì"
"Qualcuno obietterebbe che piuttosto è la tua fiducia in me a farti sembrare ingenuo"
"Il contrario, in realtà"
"Ah davvero? Sei pronto ad ignorare tutti i miei difetti solo per provare la tua teoria?"
"I tuoi difetti sono molto difficili da ignorare"
John volse lo sguardo dal basso all'alto, percorrendo tutto il corpo di Sherlock suggestivamente e trattenne un sorriso. Il detective prese la cannuccia e bevve velocemente.
"Così ammetti che ho ragione!"
"Era un piccolo sorso"
"Ma una parte di ció che ho detto era giusta. Quale?"
"Non ne sono ancora sicuro"
"È raro che tu non sia sicuro di qualcosa"
La testa di John stava cominciando ad alleggerirsi e non era sicuro se fosse per l'alcol o per l'argomento della conversazione.
"Come ho detto, mi rendi perplesso"

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