chapter seven

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Dopo aver speso cinque minuti cercando di darsi un contegno ed essersi trattenuto dal lanciare il telefono contro la parete, John si alzó e raggiunse la porta del bagno, trascinando i piedi.
In piedi di fronte allo specchio, con le mani poggiate sul lavandino in un goffo tentativo di sorreggersi, John si trovò disturbato dalla persona di fronte a lui. I suoi occhi erano spenti, segnati da occhiaie scure, e i capelli completamente spettinati. Sherlock non aveva esagerato dicendo che il suo aspetto facesse schifo. Si morse il labbro. In fondo il suo coinquilino aveva una macabra passione per la morte e gli omicidi; forse lo avrebbe preferito come uno zombie.
Accese la doccia e si tolse i vestiti con cui aveva dormito. Non appena l'acqua calda venne a contatto con la sua schiena sentì un'onda di sollievo attraversarlo. Il suo mal di testa si stava leggermente placando e quando l'acqua raggiunse le sue gambe, di cui non si era neppure accorto di quanto fossero doloranti, notó diversi lividi che era sicuro di non avere la sera prima. Decise di ignorarli, per il momento.
Sfortunatamente, non appena ebbe finito di fare la doccia, lavarsi i denti ed essersi vestito, lo stormo di domande senza risposta tornó a tormentarlo. Si sdraiò sul letto e rimase a fissare il soffitto bianco per un po'.
La situazione in cui si era cacciato era completamente assurda. Non solo era riuscito a bere fino a dimenticare la maggiorparte della serata, ma lo aveva fatto con il più grande manipolatore del mondo. D'altra parte, l'idea di loro due un vicolo aveva cominciato a sembrare più allettante. Contempló la possibilità di passare il resto della vita a maledire Sherlock per quel giochetto, senza sapere cosa li avesse portato dentro il suo letto, ma forse non era l'opzione migliore.
E se lui e Sherlock avessero dormito insieme, l'uno accanto all'altro, al buio, sotto le coperte? E se non avessero solo dormito? Il fatto che dovesse chiederselo era preoccupante. Non importava quanto disperatamente lo volesse, non poteva fidarsi che da ubriaco sarebbe riuscito a limitarsi ad una relazione platonica. Prima di dimenticare tutto, non era stato esattamente il ritratto dell'eterosessualità. Ricordava di essere arrossito in seguito a qualche scambio di battute e il cuore fluttuargli  nel petto come se fosse di nuovo un quindicenne. Ricordava come il suo sguardo si fosse soffermato leggermente troppo a lungo sulle sue labbra semiaperte, sulla camicia mezza sbottonata e sul suo collo muscoloso. E poi c'erano i suoi occhi, il modo in cui lo fissavano senza lasciarlo andare. Gli facevano dire cose assurde che non avrebbe mai voluto uscissero dalla sua bocca. Se non fosse stato così terrorizzato dall'idea, John avrebbe persino ammesso di aver inconsciamente flirtato con il coinquilino.
John premette i palmi delle mani sugli occhi. Non ne era mai stato attratto, com'era successo? Ovviamente, non aveva mai pensato a Sherlock come un normale uomo, in nessun ambito. Era molto di più. Ad essere sincero, per quanto riguardava la personalità, doveva ammettere di essersene sentito attratto la prima volta che si erano incontrati. Vedere il suo genio all'opera era qualcosa di sublime, tutto sembrava perfettamente logico mentre le idee lampeggiavano nei suoi occhi chiari come raggi di sole in una giornata scura.
Eppure non era solo la sua mente a distinguerlo da chiunque John avesse mai conosciuto. Il suo sguardo, i suoi ricci ribelli, i suoi zigomi alti, la pelle pallida, tutto in lui era insolito e sconvolgente. Com'era possibile aspettarsi che John, per quanto fosse decisamente e inequivocabilmente etero, potesse non provare qualcosa verso di lui? Non era mica cieco.
John scosse la testa. Preoccuparsi del suo essere o meno attratto da Sherlock era irrilevante se lui non ricambiava e gli aveva già detto di essere "lusingato" dal suo interesse ma che non aveva chance. Se non aveva perso il controllo e ricordava la notte precedente perfettamente, che motivo c'era di credere che fosse accaduto qualcosa fra loro? Pensi davvero di potermi persuadere a fare qualcosa che io non voglia fare? le parole di Sherlock risuonavano nella sua testa.
Dopo un attimo di sollievo, un altro pensiero gli balenó in testa. E se Sherlock fosse stato interessato? C'erano stati dei segni?
Mi rendi perplesso. Mi conosci meglio di chiunque, persino del mio stesso fratello. Eri tutto ció che stavo cercando. Pensavo che sarebbe stato bello passare una nottata fuori dall'appartamento. Insieme. Hai detto prima di non aver bisogno di chiedermi se io sia felice, implicando che la risposta fosse negativa. Voglio che tu sappia che ti sbagli.
Certo, detti da chiunque altro quei commenti non avrebbero avuto alcun peso, ma Sherlock non era mai affettuoso o gentile se poteva evitarlo. John non riuscì ad evitare che un sorriso stanco gli si dipingesse sulle labbra. Si sentì improvvisamente stanchissimo e le parole di Sherlock rimbombavano nella sua testa conciliando il riposo. Si adagió sul letto, prendendo un respiro profondo e gli tornó alla mente qualche ricordo della serata prima. Sonno. Letto. Aveva freddo. Uno spiffero arrivava dalla finestra. Senza pensare cercó con la mano qualcosa accanto a lui. Cosa? Qualcosa di caldo.
E poi lo colpì, come un lampo nella notte. Aprì gli occhi, scioccato.
Si alzó, sentendosi gelare. "Oh mio dio" continuava a ripetere fra sè e sè. Prese carta e penna da un cassetto. Non c'era modo di evitare la realtà.
Aveva dormito nello stesso letto di Sherlock Holmes.
Per la prima volta nella vita capì come il detective si sentisse di fronte ad un caso particolarmente frustrante. Si ricordó di aver suggerito di aprire una bottiglia di vino. Poteva controllare la cucina e vedere se fosse ancora lì, ma mentre si avviava per uscire dalla stanza notó una cosa: la finestra dietro la scrivania, che era chiusa prima che andassero al pub, adesso era aperta. Ebbe istantaneamente la visione di lui e Sherlock, ubriachi, che si arrampicavano sul tavolo, ridendo quando i libri di medicina caddero a terra rumorosamente, e arrivarono alla scala antincendio.
Sempre con il taccuino in mano, seguì i loro passi.

                                        ***

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