chapter four

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"Come ho detto, mi rendi perplesso"
"Non credo che se ti chiedessi di nuovo perchè mi risponderesti" disse John, fissando la fiamma della candela al centro del loro tavolo.
"Potresti teoricamente usare il tuo turno per scoprirlo. Com'è che si dice per indicare chi cerca di fare la stessa cosa più volte aspettandosi un risultato diverso?"
"Essere amici di Sherlock Holmes, immagino"
"Ah, giusto. E questo è il termine medico esatto, presumo" Sherlock sogghignó, facendo scivolare il dito sulla cera colata mentre John lo guardava affascinato. Se si fosse permesso di notare gli erotici doppi sensi dell'immagine, avrebbe cominciato a porre domande imbarazzanti per entrambi. Chiuse quei pensieri in un cassetto della sua mente denominato "cose a cui è meglio non pensare", notando per la prima volta quanto facesse caldo lì dentro.
"Dovrebbero scrivere un libro su tutti i termini medici che sono stati inventati a causa tua"
"Forse dovresti essere tu a scriverlo, considerando le tue svariate teorie sulle ragioni del mio essere asociale." gli occhi di Sherlock dardeggiarono verso John, ma prima che egli potesse capirne l'espressione tornarono alla cera.
"Il che mi porta alla prossima domanda" disse John, accavallando le gambe. Sherlock tolse la cera residua dal dito e lo guardó; John riconobbe immediatamente la trasformazione che stava cominciando: Sherlock aveva capito qualcosa.
"Sei ubriaco" disse alzando un sopracciglio.
"Wow, come ci sei arrivato?"
Non appena Sherlock cominció a parlare si pentì della domanda.
"La prima cosa che ho notato è stato l'esordio di una tenue atassia quando ti sei alzato per nasconderti in bagno, ma ora vedo che hai gli occhi lucidi e che le tue guance sono rosse; dubito sia causato dal disturbo post-traumatico come al solito, quindi più probabilmente dall'alto livello di etanolo nel tuo sangue. Per non menzionare che non solo hai fatto notare falle nel mio ragionamento, mossa rischiosa per chiunque, ma che ti sei abbandonato a una sentimentale e ottimistica analisi della mia precedentemente non menzionata autodiagnosi di sociopatico."
Quando Sherlock ebbe finito, ci fu un breve momento di silenzio fra i due, interrotto poco dopo da John.
"Anche tu sei ubriaco." dichiaró trionfalmente, notando che gli onniscienti occhi di Sherlock erano sonnolenti e lucidi.
"Ovviamente." sospiró Sherlock.
"Perchè ovviamente?"
"Ho bevuto sei drink in un breve periodo di tempo e a stomaco vuoto, tre di essi erano shot, ovviamente sono ubriaco, non capisco perché tu lo abbia fatto notare."
"Sì ma... sembrava che realizzare che sono sbronzo per te equivalesse a scoprire l'America!"
"Beh, pensavo che avresti retto meglio, ma è ancora probabile che saró io il vincitore di questa gara. Fai la tua domanda."
"Sei lento!"
"Fai la tua domanda, John. Sono impaziente di vincere."
"Sei gay?" le parole uscirono dalla sua bocca prima che se ne potesse accorgere.
"Non è quello che volevi chiedere inizialmente."
"Irrilevante. Rispondi o bevi. Sei noioso."
"Con gay intendi attratto dagli uomini?"
"Ci sono altri significati per questa parola? Certamente non ti sto chiedendo se sei felice, so già la risposta."
Piccola nota: non sono riuscita a tradurre il gioco di parole. "Gay" in inglese assume anche il significato di "gaio, felice" oltre che di "omosessuale"
tenetelo a mente per il resto del capitolo!
"Ti ho già detto che mi considero sposato con il mio lavoro."
"Sì ma da chi sei attratto? Uomini o donne? O entrambi?" chiese John tamburellando con le dita sul tavolo.
"E perché ti dovrebbe importare?"
"Sono io che faccio le domande qui. Bevi o... rispondi. Non mi interessa."
"Nessuno dei due."
"Sul serio? Andiamo, devi essere attratto da qualcosa!"
"Sono attratto dall'intrigo, dall'intelligenza, dal mistero e dalla complessità. Se ci fosse una persona che incarnasse tutto questo, suppongo che ne sarei attratto. Il genere è un dettaglio irrilevante. Questo, se non avessi il lavoro. Il lavoro è tutto per me e non voglio distrazioni."
"Quindi io non sono una distrazione?"
"Sei il contrario"
"Ah, bene, questo è... fantastico" Sherlock lo guardó con un ghigno.
"Sento una nota di delusione? Devo presumere che tu volessi essere una distrazione?"
"No, no... Io... non è ció che intendevo... È... fantastico. Davvero fantastico"
Per un momento John fu estremamente grato di poter dare all'alcol la colpa del rossore che gli tingeva le guance. Sentiva una vertigine concentrata al centro del suo petto: era una sensazione che non aveva mai provato prima.
"Suppongo che dovrei bere." borbottó, avvicinando il bicchiere alle labbra.
"Sono stanco di questo gioco."
"Finalmente!"
"Intendevo che le regole dovrebbero essere cambiate. Ecco le domande che io ho per te."
"Com'è possibile? Tu capisci ogni minuscolo dettaglio della vita di chi incontri con uno sguardo" Beh, forse non tutto, pensó passando le dita sui corti capelli che aveva sulla nuca.
"Ci sono aspetti della tua personalità che mi stupiscono ogni volta."
"Intendi che vuoi davvero rispondere alla domanda sul perché ti rendo perplesso?"
Sherlock lo ignoró.
"Sai cavartela nelle cosiddette situazioni di vita o di morte, ami l'eccitazione del risolvere i casi e correre per le vie di Londra con me, ma dall'altro lato sei un paradosso che semplicemente non capisco. Cerchi le cose normali, tieni un lavoro che non ti serve nè ti appaga e collezioni relazioni con donne insignificanti solo per mollarle non appena la cosa si fa seria, come se la loro esistenza per te fosse una giustificazione. Perché? È illogico."
"Mi stai chiedendo perché sono noioso?"
"Non proprio. Ti sto chiedendo: dato che non sei noioso, perché insisti nel fare cose noiose e frequentare persone noiose?"
John aprì la bocca e la richiuse. Persino da ubriaco capiva che avrebbe dovuto scegliere le parole attentamente.
"Ogni tanto ho bisogno di una pausa" rispose in modo mite.
"Una pausa da cosa? Da me?"
"No... beh sì... non lo so... non voglio rispondere. Preferisco bere." balbettó afferrando il bicchiere.
Mentre lo portava alla bocca Sherlock gli afferró il polso con forza, trattenendolo.
"Non puoi rispondere a metà e poi cambiare idea."
"Perchè no?"
"È contro le regole"
"Quali regole? Non ne abbiamo parlato." replicó poggiando il bicchiere sul tavolo. Sherlock non lasció la presa.
"Abbiamo detto che le opzioni erano due: bevi o rispondi, è nero su bianco. Non puoi scegliere una via di mezzo perché ti conviene."
"Va bene, rispondo" e aggiunse, dolcemente "puoi lasciarmi la mano ora."
Sherlock sciolse la stretta lasciando la pelle di John esposta alla brezza serale che entrava dalla finestra accanto a loro.
"Allora?"
"A volte è difficile restare con i piedi per terra se sto troppo tempo con te. Tu... vivi su tutt'un altro pianeta"
"Ma perché vuoi restare con i piedi per terra?" C'era uno strano luccichio negli occhi di Sherlock.
"Cos'è, un interrogatorio?" ridacchió nervosamente John. Sherlock lo stava ancora guardando intensamente. "Suppongo che ci sono delle cose che... mi mancano quando..."
"Quando sei sul mio pianeta"
"Esatto"
"È un modo di rinfacciarmi la vicenda del sistema solare? Perchè non capisco come la conoscenza dell'astronomia potrebbe-"
"Cosa? No! Anche se sapere che la terra ruota intorno al sole è- scusa. No, non c'entra niente"
"Allora di cosa si tratta, John? Perché sinceramente sono stufo di questo tuo bisogno di normalità che interferisce con il lavoro. Tu non sei una distrazione, ma queste donne-"
"Stai scherzando, vero? Tu non hai alcun diritto di decidere se io dovrei avere un lavoro o meno, e certamente non puoi dirmi niente sulle donne che decido di frequentare."
"Perchè no?"
"Perché no? Perché... perchè... perché non ti riguarda!"
"Siamo colleghi, migliori amici e coinquilini. Magari ignoro alcune cose sulle 'persone normali' ma la tua vita mi riguarda eccome!"
John non riuscì a rispondere se non con dei versi strozzati. "Vuoi sapere perché le mie relazioni non durano, Sherlock? Perché ogni singola volta che mi chiami o mi scrivi o suggerisci che hai bisogno di aiuto, io corro. E quale donna potrebbe competere con questo? Quale lavoro vorrebbe un impiegato simile? Va bene. Hai ragione. Cerco di giustificarmi. Vado agli appuntamenti e cerco lavoro per illudermi che la mia vita intera non ruoti intorno a Sherlock Holmes. Ma grazie per avermi mostrato quanto ogni mio sforzo sia inutile!"
"Sei infelice?" domandó Sherlock con voce roca.
"No. Non sono mai stato tanto felice." queste parole uscirono dalla sua bocca involontariamente, prima che riuscisse a trattenerle.
"Prima hai detto di non avere bisogno di chiedermi se io sia felice, sottointendendo che non lo sono. Voglio che tu sappia che ti sbagli."
"Quindi sei gay" lo provocó John.
"Suppongo di sì. Più gay di quanto io sia mai stato."
"E tutto grazie a me"
"Si potrebbe dire che ognuno rende l'altro gay" scherzó Sherlock.
"Sono sicuro che è stato suggerito"
"Dovremmo prendere un altro shot"
"Sei sicuro che sia una buona idea?"
"Te l'ho detto, Mr. Holmes, che volevo ubriacarmi completamente stanotte ed è esattamente ciò che intendo fare."
In cuor suo, John sperava che, con quell'ultimo shot, la mattina dopo nessuno dei due avrebbe ricordato quella conversazione. Ma, come non smetteva di ripetergli una voce saccente nella sua testa, non c'era abbastanza tequila al mondo.

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