Atto primo

207 2 0
                                    

Salone nella villa rigidamente parato in modo da figurare quella che poté essere la sala del trono di Enrico IV nella casa imperiale di Glostar. Ma in mezzo agli antichi arredi due grandi ritratti a olio moderni, di grandezza naturale, avventano dalla parete di fondo, collocati a poca altezza dal suolo su uno zoccolo di legno lavorato che corre lungo tutta la parete (largo e sporgente in modo da potercisi mettere a sedere come su una lunga panconata), una a destra ed uno a sinistra del trono che, nel mezzo della parete, interrompe lo zoccolo e vi si inserisce col suo seggio imperiale ed il suo basso baldacchino.

I due ritratti rappresentano un signore ed una signora, giovani entrambi, camuffati in costume carnevalesco, l'uno da "Enrico IV" e l'altra da "Marchese Matilde di Toscana". Usci a destra e sinistra.

Al levarsi della tela i due valletti, come sorpresi, balzano dallo zoccolo su cui stanno sdraiati, e vanno a impostarsi come statue, uno di qua ed uno di là ai piedi del trono, con le loro alabarde. Poco dopo dal secondo uscio a destra entrano Arialdo, Landolfo, Ordulfo e Bertoldo: giovani stipendiati dal Marchese Carlo di Nolli perchè fingano le parti di "Consiglieri Segreti", vassalli regali della bassa aristocrazia alla Corte di Enrico IV. Vestono perciò in costume di cavalieri tedeschi del secolo XI. L'ultimo Bertoldo, di nome Fino, assume ora per la prima volta il servizio. I tre compagni lo ragguagliano pigliandoselo a godere.

Tutta la scena va recitata con estrosa vivacità.

LANDOLFO (a Bertolo come seguitando una spiegazione): E questa è la sala del trono!
ARIALDO: A Gloslar!
ORDULFO: O anche, se vuoi, nel Castello dell'Hartz!
ARIALDO: O a Worms.
LANDOLFO: Secondo la vicenda che rappresentiamo, balza con noi, ora qua, ora là.
ORDULFO: In Sassonia!
ARIALDO: In Lombardia!
LANDOLFO: Sul Reno!
UNO DEI VALLETTI (senza scomporsi, movendo appena le labbra): Ps! Ps!
ARIALDO (voltandosi al richiamo): Cosa cos'è?
PRIMO VALLETTO (sempre come una statua, sottovoce): Entra o non entra? (allude ad Enrico IV)
ORDULFO: No, no. Dorme; state pur comodi.
SECONDO VALLETTO (scomponendosi insieme col primo, rifiatando e andando a sdraiarsi di nuovo nello zoccolo): Eh, santo Dio, potevate dircelo!
PRIMO VALLETTO (accostandosi ad Arialdo): Per favore, ci avrebbe un fiammifero?
LANDOLFO: Ohi! A pipa no, qua dentro!
PRIMO VALLETTO (mentre Arialdo gli porge un fiammifero acceso): No, fumo una sigaretta. (Accende a va a sdraiarsi alche lui, sullo zoccolo.)
BERTOLDO (che è stato ad osservare, tra meravigliato e perplesso, guardando in gira la sala, e poi guardando il suo abito e quello dei compagni): Ma, scusate... questa sala... questo vestiario... Che Enrico IV? Io non mi raccapezzo bene: - E' o non è quello di Francia? (A questa domanda, Landolfo, Arialdo e Ordulfo scoppiano a ridere fragorosamente.)
LANDOLFO: (sempre ridendo e indicando ai compagni, che seguitano anch'essi a ridere, Bertoldo, come per invitarli a farsi ancora beffe di lui): Quello di Francia, dice!
ORDULFO (c.s.): Ha creduto quello di Francia!
ARIALDO: Enrico IV di Germania, caro mio! Dinastia dei Salii!
ORDULFO: Il grande e tragico imperatore!
LANDOLFO: Quello di Canossa! Sosteniamo qua, giorno per giorno, la spaventosissima guerra tra Stato e Chiesa! Oh!
ORDULFO: L'impero contro il Papato! Oh!
ARIALDO: Antipapi contro i Papi!
LANDOLFO: I re contro gli antiré!
ORDULFO: E guerra contro i Sassoni!
ARIALDO: E tutti i principi ribelli!
LANDOLFO: Contro i figli stessi dell'Imperatore!
BERTOLDO (sotto questa valanga di notizie riparandosi la testa con le mani): Ho capito! Ho capito! - Perciò non mi raccapezzavo, vedendomi parato così ed entrando in questa sala! Ho detto bene: non era vestiario, questo, del mille e cinquecento!
ARIALDO: Ma che mille e cinquecento!
ORDULFO: Qua siamo tra il mille ed il mille e cento!
LANDULFO: Puoi farti il conto: se il 25 gennaio del 1071 siamo davanti a Canossa...
BERTOLDO (smarrendosi più che mai): Oh mio Dio, ma allora è una rovina!
ORDULFO: Eh già! Se credeva d'essere alla Corte di Francia!
BERTOLFO: Tutta la mia preparazione storica...
LANDOLFO: Siamo, caro mio, quattrocent'anni prima! Ci sembri un ragazzino!
BERTOLDO (arrabbiandosi): Me lo potevano dire, per Dio santo, che si trattava di quello di Germania e non di Enrico IV di Francia! Nei Nei quindici giorni che m'accordarono per la preparazione, lo so io quanti libri ho scartabellato!
ARIALDO: Ma scusa, non lo sapevi qua che il povero Tito era Adalberto di Brema?
BERTOLDO: Ma che Adalberto! Sapevo un corno io!
LANDOLFO: No, vedi com'è? Morto Tito, il marchesino di Nolli...
BERTOLDO: E' stato proprio lui, il marchesino! che ci voleva a dirmi...?
ARIALDO: Ma forse credeva che lo sapessi.
LANDOLFO: Non voleva più assumere nessun altro in sostituzione. Tre, quanti restavamo, gli pareva che potessimo bastare. Ma lui cominciò a gridare: <<Cacciato via Adalberto>> - (perché il povero Tito, capisci? non gli parve morisse, ma che nella veste del vescovo Adalberto gliel'avessero cacciato via dalla Corte i vescovi rivali di Colonia e di Maganza). -
BERTOLDO (prendendosi e tenendosi con tutte e due le mani la testa): Ma non ne so una saetta, io, di tutta questa storia!
ORDULFO: Eh, stai fresco, allora, caro mio!
ARIALDO: E il guaio è che non lo sappiamo neanche noi, chi sei tu.
BERTOLDO: Neanche voi? Chi debbo rappresentare io, non lo sapete?
ORDULFO: Uhm! <<Bertoldo>>.
BERTOLDO: Ma chi è Bertoldo? Perché Bertoldo?
LANDOLFO: <<Mi hanno cacciato via Adalberto? Ed io allora voglio Bertoldo! Voglio Bertoldo!>> - cominciò a gridare così.
ARIALDO: Noi ci guardammo tutti e tre negli occhi: Chi sarà questo Bertoldo?
ORDULFO: Ed eccoci qua, <<Bertoldo>>, caro mio!
LANDOLFO: Ci farai una bellissima figura!
BERTOLDO(ribellandosi e facendo per avviarsi): Ah, ma io non lo fo! Grazie tante! Io me ne vado! Me ne vado!
ARIALDO (trattenendolo insieme ad Ordulfo tra le risa): No, calmati, calmati!
ORDULFO: Non sarai mica il Bertoldo della favola!
LANDOLFO: E ti puoi confortare, che non lo sappiamo neanche noi, del resto,chi siamo. Lui, Arialdo; lui, Ordulfo; io, Landolfo... Ci chiama così. Ci siamo ormai abituati. Ma chi siamo? - Nomi del tempo! - Un nome del tempo sarà anche il tuo: <<Bertoldo>>. - Uno solo tra noi, il povero Tito, aveva una bella parte assegnata, come si legge nella storia: quella del vescovo di Brema. Pareva un vescovo davvero, oh! Magnifico, povero Tito!
ARIALDO: Sfido, se l'era potuta studiar bene sui libri lui!
LANDOLFO: E comandava anche Sua Maestà: s'imponeva, lo guidava, da quasi tutore e consigliere. Siamo <<consiglieri segreti>> anche noi, per questo, ma così, di numero; perché nella storia è scritto che Enrico IV era odiato dall'alta aristocrazia per essersi circondato a Corte da giovani della bassa.
ORDULFO: Che saremmo noi.
LANDOLFO: Già, piccoli vassalli regali; devoti; un po' dissoluti; allegri...
BERTOLDO: Devo anche essere allegro?
ARIALDO: Eh, altro! Come noi!
ORDULFO: E non è mica facile, sai?
LANDOLFO: Peccato veramente! Perché, come vedi, qua l'apparato ci sarebbe; il nostro vestiario si presterebbe a fare una bellissima comparsa in una rappresentazione storica, a uso di quelle che piacciono tanto oggi nei teatri. E' stoffa, oh, stoffa da cavarne non una ma parecchie tragedie, la storia di Enrico IV la offrirebbe davvero. Mah! Tutti e quattro qua, e quei due disgraziati là. (indica i valletti) quando stanno ritti impalati ai piedi del trono, siamo... siamo così, come vorrei dire? la forma, e ci manca il contenuto! - Siamo peggio dei veri consiglieri segreti di Enrico IV; perché sì, nessuno neanche a loro aveva dato da rappresentare una parte; ma essi, almeno, non sapevano di doverla rappresentare: la rappresentavano perché la rappresentavano: non era una parte, era la loro vita, insomma; facevano i loro interessi a danno degli altri; vendevano le investiture, e che so io. Noi altri, invece, siamo qua, vestiti così, in questa bellissima Corte... - per fare che? niente... Come sei pupazzi appesi al muro, che aspettano qualcuno che li preda e che li muova così o così e faccia dire loro qualche parola.
ARIALDO: Ehno, caro mio! Scusa! Bisogna rispondere a tono! Saper rispondere a tono! Guai se lui ti parla e tu non sei pronto a rispondergli come vuol lui!
LANDOLFO: Già, questo sì, questo sì, è vero!
BERTOLDO: E hai detto niente! Come faccio io a rispondergli a tono, che mi son preparato per Enrico IV di Francia, e mi spunta qua, ora, un Enrico IV di Germania. (Landolfo, Ordulfo, Arialdo tornano a ridere.)
ARIALDO: Eh, bisogna che tu rimedii subito, subito!
ORDULFO: Va' là! Ti aiuteremo noi.
ARIALDO: Ci abbiamo di là tanti libri! Ti basterà in prima una bella ripassatina.
ORDULFO: Saprai all'ingrosso qualche cosa...
ARIALDO: Guarda! (Lo fa voltare e gli mostra nella parete di fondo il ritratto della Marchesa Matilde.) - Chi è per esempio quella lì?
BERTOLDO (guardando): Quella lì? Eh, mi sembra, scusate, prima di tutto una bella stonatura: due quadri moderni qua in mezzo a tutta questa rispettabile antichità.
ARIALDO: Hai ragione. E difatti prima non c'erano. Ci sono due nicchie, là dietro quei quadri. Ci si dovevano collocare due statue, scolpite secondo lo stile del tempo. Rimaste vuote, sono state coperte da quelle due tele là.
LANDOLFO (interrompendolo e seguitando): Che sarebbero certo una stonatura, se veramente fossero quadri.
BERTOLDO: E che sono? Non sono quadri?
LANDOLFO: Sì. se vai a toccarli: quadri. Ma per lui (accenna misteriosamente a destra, alludendo a Enrico IV) - che non li tocca...
BERTOLDO: No? Che sono allora per lui?
LANDOLFO: Oh, interpreto, bada! Ma credo che in fondo sia giusto. Immagini, sono. Immagini, come... ecco, come le potrebbe ridare uno specchio, mi spiego? Là, quella (indica il ritratto di Enrico IV) rappresenta lui, vivo com'è, in questa sala del trono, che è anch'essa come dev'essere, secondo lo stile dell'epoca. Di che ti meravigli, scusa? Se ti mettono davanti uno specchio, che non ti vedi forse vivo, d'oggi, vestito così di spoglie antiche? Ebbene, lì, è come se ci fossero due specchi, che ridanno immagini vive, qua in mezzo a un mondo che - non te ne curare - vedrai, vedrai, vivendo con noi, come si ravviverà tutto anch'esso!
BERTOLDO: Oh, badate, che io non voglio impazzire qua!
ARIALDO: Ma che impazzire! Ti divertirai!
BERTOLDO: Oh, ma dico, e com'è che voi siete diventati tutti così sapienti?
LANDOLFO: Caro mio, non si ritorna indietro d'ottocent'anni nella storia senza portarsi appresso un po' d'esperienza!
ARIALDO: Andiamo, andiamo! Vedrai come, in poco tempo, ti assorbiremo in essa.
ORDULFO: E diventerai, a questa scuola, sapiente anche tu!
BERTOLDO: Sì, per carità, aiutatemi subito! Datemi almeno le notizie principali
ARIALDO: Lascia fare a noi! Un po' l'uno, un po' l'altro...
LANDOLFO: Ti legheremo i fili e ti metteremo in ordine, come il più adatto e compito dei fantocci. Andiamo, andiamo! (Lo prende sotto il braccio per condurlo via.)
BERTOLDO (fermatosi e guardando verso il ritratto alla parete): Aspettate! Non mi avete detto chi è quella lì. La moglie dell'Imperatore?
ARIALDO: No, la moglie dell'Imperatore è Berta di Susa, sorella di Amedeo II di Savoia.
ORDULFO: E l'Imperatore, che vuol essere giovane con noi, non può soffrirla e pensa di ripudiarla.
LANDOLFO: Quella è la sua più feroce nemica: Matilde, la Marchesa di Toscana
BERTOLDO: Ah, ho capito, quella che ospitò il Papa...
LANDOLFO: A Canossa, appunto!
ORDULFO: Papa Gregorio VII.
ARIALDO: Il nostro spauracchio! Andiamo, andiamo! (Si avviano tutti e quattro per uscire dall'uscio a destra per cui sono entrati, quando dall'uscio a sinistra sopravviene il vecchio cameriere Giovanni, in marsina.)
GIOVANNI (in fretta, con ansia): Oh! Ps! Franco! Lolo!
ARIALDO (arrestandosi e voltandosi): Che vuoi?
BERTOLDO (meravigliato di vederlo in marsina nella sala del trono): Oh! E come? Qua dentro, lui?
LANDOLFO: Un uomo del mille e novecento! Via! (Gli corre incontro minacciosamente per burla con gli altri due per scacciarlo.)
ORDULFO: Messo di Gregorio VII, via!
ARIALDO: Via! Via!
GIOVANNI (difendendosi, seccato): E finitela!
ORDULFO: No! Tu non puoi mettere piede qua dentro!
ARIALDO: Fuori! Fuori!
LANDOLFO (a Bertoldo): Sortilegio, sai! Demonio evocato dal Mago di Roma! Cava, cava la spada! (fa per cavare la spada anche lui.)
GIOVANNI (gridando): Finitela, vi dico! Non fate i matti con me! E' arrivato il signor Marchese in comitiva...
LANDOLFO(stropicciandosi le mani): Ah! Benissimo! Ci sono signore!
ORDULFO (c.s.): Vecchie? Giovani?
GIOVANNI: Ci sono due signori.
ARIALDO: Ma le signore? Le signore, ci sono?
GIOVANNI: La signora Marchesa con la figlia.
LANDOLFO (meravigliato): Oh! E come?
ORDULFO (c.s.): La Marchesa, hai detto?
GIOVANNI: La Marchesa! La Marchesa!
ARIALDO: E i signori?
GIOVANNI: Non lo so.
ARIALDO (a Bertolo): Vengono a darci il contenuto, capisci?
ORDULFO: Tutti messi di Gregorio VII! Ci divertiremo!
GIOVANNI: Insomma mi lasciate dire?
ARIALDO: Di'! Di'!
GIOVANNI: Pare che uno di quei due signori sia un medico.
LANDOLFO: Oh! Abbiamo capito, uno dei soliti medici!
ARIALDO: Bravo Bertoldo! Tu porti fortuna!
LANDOLFO: Vedrai come ce lo lavoreremo, questo signor medico!
BERTOLDO: Io penso che mi troverò, così subito, in un bell'impiccio!
GIOVANNI: Statemi a sentire! Vogliono entrare qua nella sala.
LANDOLFO (meravigliato e costernato): Come! Lei? La Marchesa, qua?
ARIALDO: Altro che contenuto, allora!
LANDOLFO: Nascerà davvero la tragedia!
BERTOLDO(incuriosito): Perché? Perché?
ORDULFO (indicando il ritratto): Ma è quella lì, non capisci?
LANDULFO: La figliuola è la fidanzata del Marchese.
ARIALDO:Ma che sono venuti a fare? Si può sapere?
ORDULFO: Se lui la vede, guai!
LANDOLFO: Ma forse ormai non la riconoscerà più!
GIOVANNI: Bisogna che voi, se si sveglia, lo tratteniate di là.
ORDULFO: Sì? Scherzi? E come?
ARIALDO: Sai bene com'è!
GIOVANNI: Perdio, anche con la forza! - Se mi hanno comandato così! Andate, andate!
ARIALDO: Sì, sì, perché a quest'ora si sarà già svegliato.
ORDULFO: Andiamo, andiamo!
LANDOLFO (avviandosi con gli altri, a Giovanni): Ma poi ci spiegherai!
GIOVANNI (gridando loro dietro): Chiudete costà, e nascondete la chiave! Anche di quest'altra porta! (indica l'altro uscio a destra. Landolfo, Arialdo e Ordulfo via per il secondo uscio a destra.)
GIOVANNI (ai due valletti): Via, via, anche voialtri! Di là! (indica il primo uscio a destra.) Richiudete la porta, e via la chiave!
I due valletti escono dal primo uscio a destra. Giovanni si reca all'uscio di sinistra e lo apre per far passare il marchese Di Nolli.
DI NOLLI: Hai dato bene gli ordini?
GIOVANNI: Sì, signor Marchese. Stia tranquillo.

Enrico IV - Tragedia di  Luigi PirandelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora