Capitolo 2

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La scuola non è dei posti migliori per riflettere e restare nel proprio. C'è sempre qualcuno che urla, che piange, che ride, che dorme, che ascolta la musica, che parla, io invece sono sempre quella che cerca di stare attenta, ma che non ci riesce nemmeno per dieci minuti perché ha 'altro a cui pensare'. Usiamo sempre questa frase per fare capire alle persone che abbiamo la testa in confusione.

Esco dalla classe e corro nell'atrio per incontrare Jason come ogni giorno alla fine delle lezioni.

Jason è diverso dagli altri ragazzi, lui canta, veste sempre con delle camicie a scacchi, porta degli occhiali con le lenti rettangolari, ha gli occhi castani, i capelli biondi ricci, il rasta che ne esce dalla parte sinistra e la barbetta che gli cresce sempre velocemente, ma la cosa che lo distingue di più dal resto delle persone è il modo in cui si esprime, il modo in cui riesce a sollevarti il morale e la cosa più bella è che perdona sempre, anche se una parte oscura lui ce l'ha, ma fa parte del suo passato.

Sta arrivando, da lontano sembra quasi un orsacchiotto, mi sorride e appena arriva mi da un bacione sulla guancia.

-Come stai Emy?- credo abbia un sorriso fin troppo raggiante oggi.

-E tu? ti vedo abbastanza allegro.

-Si, mio cugino mi ha fatto conoscere una ragazza, abbiamo fatto colazione insieme stamattina, poi lei è andata a casa.

-Non viene in questa scuola?

-Ha finito, ha 21 anni, era questo che mi preoccupavo di dirti, si chiama Clarissa.

-Quanti? Ma sei impazzito? Potrebbe essere tua madre.

Jason scoppia in una risata contagiosa che fa ridere anche me, ma cerco di nasconderlo perché ero seria con quella frase.

-Emy, ha solo quattro anni in più a me e in ogni caso sembra più piccola. Lavora in una gelateria.

-Spero solo che tu non ti affezioni prima di conoscerla abbastanza.

Mi sorride, mi prende a braccetto e cominciamo a camminare verso l'uscita.

Jason ha già sofferto parecchio in passato e il fatto che possano fargli del male, mi spaventa fin troppo, ho sempre cercato di proteggerlo e mi sento così vulnerabile al fatto che lui possa star male, ma cerco di fare finta di niente per non metterlo in difficoltà, in fin dei conti non sono sua madre.

La conoscenza e la fiducia sono necessarie per un buon rapporto, perciò dovrà conoscerla fino in fondo prima di poter concludere qualcosa, ma è maturo abbastanza per capirle da solo queste cose, non capisco perché io debba sempre andare in paranoia.

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