Capitolo 2

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  "Il sentimento che l' uomo sopporta più con maggior fatica è la pietà, soprattutto quando la merita. L'uomo è un tonico,  fa vivere, ispira vendetta; ma la pietà uccide, indebolisce ulteriormente la nostra debolezza." 

Avevo letto questa citazione da qualche parte e non potei far altro se non esserne d'accordo: la pietà rende vulnerabili, ti prosciuga e ti spoglia delle certezze che credevi di possedere. Pensavo che, se avessi contato su tutte le mie forze, magari avrei potuto far finta di non avvertire la compassione che le persone provavano nei miei confronti: ma non era stato così. I loro occhi bruciavano sulla mia schiena e i loro brusii risuonavano nei miei timpani. Per tutti questi mesi avevo evitato di guardare le persone negli occhi per paura di trovarvi dentro il giudizio, il biasimo, la compassione. Ma non si può fuggire per sempre.

Raggiunsi il mio armadietto con passo felpato, desiderando solamente di poter squagliarmela il prima possibile in classe. Afferrai i libri della prima ora che ricordai essere quelli di storia, ma lo spessore di una finta tosse, proveniente da dietro le mie spalle, richiamò la mia attenzione. Era Ralph, il fratello della mia migliore amica, Rachel. Eravamo usciti per qualche settima prima che la palla demolitrice distruggesse tutta la mia vecchia vita e la vecchia me, aggiungerei.  La mia esistenza, da quel momento, era stata scombussolata, portata al reset, come se nulla di tutto quello che stesse succedendo fuori dalla bolla di sofferenza che mi ero creata, potesse essere degno del mio interesse. Non vi è nulla di più importante del perdere ciò che ami.

Tossì di nuovo, cercando di celare l'imbarazzo e la compassione che provava nei miei confronti. La sua voce tremò quando parlò ''Hey'' spostò il suo sguardo altrove come se si sentisse in colpa per qualcosa ''sono contento di vederti''

Inclinai la testa verso la mia spalla e cercai di forzare un sorriso cercando, allo stesso tempo, di nascondere quanto il suo sguardo mi ferisse. ''Mi dispiace di non essere venuto al funerale di'' bloccò il suo discorso e sospirò, come se temesse che, una volta pronunciate le seguenti parole, sarei scoppiata a piangere. E probabilmente lo avrei fatto.

''di tuo padre'' continuò, ''non me la sono sentita, spero che potrai perdonarmi''

Mi schiarii la voce ed evitai i suoi occhi che mi stavano fissando in attesa di una mia parola. ''Non ti preoccupare'' mi ritrovai a dirgli e sentii le mie mani tremare.
"Mi dispiace anche di non averti cercato ma... pensavo volessi del tempo per stare da sola"
In realtà non sapevo nemmeno io cosa volessi. Un attimo prima il sostegno di qualcuno, sapere di non essere sola nella mia battaglia, un attimo dopo la solitudine per poter contemplare la mia schifosa vita nel più assoluto silenzio.
È la conseguenza del perdere qualcuno che ami: la vita muta, nulla è più lo stesso. Nemmeno tu lo sei. Ti sembra di essere su un'orribile giostra su cui non puoi prendere il comando.

''Dio'' sussurrò passandosi una mano tra i capelli ''come stai?''

Come sto? Ebbi l'istinto di scoppiare in una risata amara e subito dopo in un mare di lacrime, ma mi limitai a stringere le mandibole per trattenere i miei impulsi da isterica. Avevo perso mio padre, il mio tutto, da soli quattro mesi. Come avrei dovuto sentirmi?

Sembrò percepire l'ombra di rabbia mista a tristezza nelle mie pupille così disse dolcemente ''Ho fatto una domanda idiota, mi dispiace Meg. Sappi solo che io ci sono, se ne hai bisogno''

Alzò il mio volto con le sue dita e mi strinse in un abbraccio; i suoi occhi arrossati.

''Ok'' mi limitai a dire, stanca di udire quelle parole da mesi: parole che restano tali poichè nessuno è realmente disposto a distruggere i demoni che ti porti dietro, a condividere il fardello che si accumula sulle tue spalle.

Alone ||Justin Bieber||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora