Capitolo 3

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''Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre''

***

La mattinata trascorse inaspettatamente in fretta, così mi ritrovai ad aspettare Alfredo- il solito ritardatario- nell'auto mentre, impazientemente, sbattevo le mie unghia laccate di nero sul cruscotto della vettura.

L'eco di un gemito di dolore risuonò alle mie orecchie così voltai lo sguardo verso la direzione da cui proveniva. Ai miei occhi sbalzò la figura di due ragazzi intenti a litigare e quel ragazzo di spalle dalla giacca blu non poteva che essere mio fratello che si azzuffava con Michael, migliore amico di Justin.

Senza indugiare aprii la portiera dell'abitacolo e scesi da essa correndo verso i due con la sola intenzione di fermarli.

''Alfredo!'' lo richiamai con il tono di voce acuto e lo afferrai per le spalle cercando di scuoterlo ''cosa diamine sta succedendo qui?''

Si voltò verso di me cercando di allontanarmi ma, con una velocità allucinante, Michael- approfittando della sua disattenzione in quell'istante- gli sferrò un destro che fece balzare a terra mio fratello.

Con le lacrime agli occhi e la mascella tremante, mi abbassai al suo livello. ''Oh mio Dio'' sospirai ''ti ha fatto male?''

''Sto bene'' affermò alzandosi lentamente e puntando le sue iridi in quelle del ragazzo di fronte.'' Me la pagherai Clark''. Il suo tono di voce provocò un'orribile sensazione nel mio stomaco. Non lo avevo mai visto così furioso.

''Certo, come no'' affermò di rimando l'altro emettendo una risata ''sto già tremando dalla paura'' finse un tremolio ai suoi arti e poi scoppiò in una fragorosa risata che fu seguita dal resto degli studenti che si erano radunati attorno ai due.

Il mio sguardo saettò sulla figura di Justin, con il busto attaccato ad un tronco d'albero e lo sguardo cupo fisso su mio fratello. Probabilmente avvertì il mio sguardo bruciargli addosso poiché alzò i suoi occhi verso i miei, incrociandoli.

''Andiamo a casa'' sussurrai a mio fratello stringendo il suo bicipite tra le mie mani ''mamma sarà in pensiero''

Il ragazzo di fronte a me sospirò, annuendo subito dopo. Afferrò la mia mano e si fece spazio tra la folla che sembrava non volerne sapere di andarsene.

''Sì, bravo. Torna dalla mammina depressa, Tired'' borbottò aspramente Michael provocando mio fratello che sputò a terra senza girare il suo busto verso quello del provocatore.

Ma lo feci io e i miei occhi si incastrarono in quelli del biondo tatuato, sul cui viso spuntò un ghigno di soddisfazione.

Mio fratello avanzò verso l'auto tenendo, sempre stretta fra la sua, la mia mano.

Salimmo in auto e mi lasciai sfuggire un sospiro di amarezza nell'osservare il viso di Alfredo conciato in mal modo.

''Cosa dirà la mamma quando ti vedrà'' domandai retoricamente sospirando; abbassai lo sguardo per azionare la vettura e per non incontrare il suo.

Una risata amara lasciò le sue labbra. ''Sai meglio di me che non è più se stessa'' aveva un'espressione seria in viso, quasi turbata.

''Lo so'' sussurrai con voce bassissima e avrei tanto voluto non saperlo.

***

Quando rientrammo a casa mia madre era seduta sulla sua sedia a dondolo di fronte alla finestra. Indossava ancora la sua vestaglia da notte, i suoi capelli erano disordinati e il suo sguardo era fisso nel vuoto. Il silenzio della dimora e il suo mi stavano spaventando. La televisione era spenta, nessun odore di cibo inebriava lo spazio, così dedussi che avrei dovuto preparare io qualcosa da mettere sotto i denti.

''Mamma?''

Sussultò spaventata al richiamo di Alfredo, come se non si fosse accorta prima della nostra presenza.

''Hey ragazzi'' tossì per schiarirsi la voce '' Credo di aver trascorso un'altra mattinata su questa sedia a dondolo''

''Non hai preparato nulla da mangiare?'' domandai e sperai con tutta me stessa che il mio tono non le fosse sembrato accusatorio.

Ci mise molto a rispondere; era turbata e potevo notarlo da come si rigirava i pollici tra le mani ''No'' soffiò fuori quasi sconfitta abbassando lo sguardo.

''Oh, ok'' incrinai la mia voce cosicché risultasse colma di enfasi ''Hai fatto bene perchè ho davvero voglia di cucinare io oggi'' finsi entusiasmo e mi diressi in cucina non sopportando più la vista di mia madre cadere nella pozza di fango da cui non si sarebbe facilmente fatta aiutare ad uscire.

Preparai dei maccheroni in bianco -era già molto tardi e avrei solo perso altro tempo per preparare del sugo- e in 10 minuti i piatti fumanti erano a tavola.

Alfredo, che nel frattempo era salito nella sua camera, scese al piano inferiore e aiutò nostra madre a prendere posto. 

Ci accomodammo tutti nel più assoluto silenzio fin quando Alfredo non decise di romperlo. ''Non noti niente di strano mamma?'' la sua voce risultò accusatoria così gli rivolsi uno sguardo truce.

Lei sembrò risvegliarsi dallo stato apatico in cui era caduta e sbattè le palpebre ''No'' disse facendo un gesto di sconfitta.

Mio fratello soffiò una risata ''Ho fatto a pugni oggi''

Nostra madre fece finta di ascoltare mentre si rigirava le posate tra le mani senza portare nulla alla bocca. Nello sguardo di mio fratello poteva riscontrarsi una supplica, una sfida, il desiderio di vederla arrabbiata per quello che il figlio perfetto che aveva educato aveva commesso, trasgredendo i principi che gli aveva insegnato. Ma solamente tristezza mista a inespressività era presente nei suoi occhi.

''Devi smetterla mamma!'' le urlò addosso tutta la rabbia che gli bruciava il petto''Non puoi sgretolare la tua vita così!''
Gli occhi di lei restarono vuoti, privi di emozione, mentre io mi alzai dal mio posto, presa dal panico e dalla tristezza, con le lacrime di impotenza che minacciavano di uscire e salii nella mia camera.

***

Infilai la mia giacca di pelle nera prima di uscire dal portone di casa. Nonostante fosse inizio settembre, un leggero venticello si incastrava tra i miei capelli scuri. Sarei dovuta andare in una libreria  poiché il professore di letteratura italiana non si era risparmiato di assegnarci un libro da leggere per i prossimi giorni. Decisi che l'avrei raggiunta a piedi in quanto una bella passeggiata mi avrebbe aiutata a schiarire le idee.

La raggiunsi nel giro di pochi minuti e quando aprii la porta il tintinnio del campanellino annunciò la mia presenza.

La signora Mallette, una donna squisita, mi accolse con un enorme sorriso sulle labbra.

''Ciao Megan'' i suoi occhi blu percorsero la mia figura. Mi ricordai di non essermi data un'aggiustatina nemmeno per uscire nel pomeriggio: maledii la mia disattenzione.

''Dimmi cosa ti serve'' disse aprendo i palmi delle mani.

''Ehm'' girai il mio sguardo per osservare la grande quantità di libri presenti in quello spazio immenso. ''Qualcosa su qualche letterato italiano''

'' Allora puoi chiedere a mio figlio. Lui è appassionato di letteratura italiana'' disse puntato il dito verso una figura seduta dietro il bancone; lo sguardo fisso su un libro aperto, i capelli biondi tirati all'insù, le sopracciglia piegate in un'espressione concentrata.

All'inizio sperai che mi stessi sbagliando ma quando distrattamente alzò la manica della sua maglietta e notai quei tatuaggi, mi resi conto che fosse qualcuno che non ero particolarmente felice di vedere. Probabilmente l'espressione sul mio viso dovette tradire le mie emozioni poiché uno sguardo corrucciato spuntò sul viso della signora Mallette

Finsi un sorriso e mi avvicinai con passo pigro alla figura da cui ero separata - per mia fortuna- dal bancone. Non sembrò accorgersi della mia presenza, così picchiettai le mie unghie sul legno freddo. Il suo sguardo saettò sulla mia figura e il profilo severo delle labbra che ero abituata a vedere serrate si incurvò verso l'alto in un sorrisetto storto.

Alone ||Justin Bieber||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora