10 - Where it all begins

297 34 163
                                    

Non mi sono resa conto che già siamo entrati nel mese della primavera.
Quando avviene c'è sempre una sorta di eccitazione che arieggia nell'aria, un monito che mi avverte del susseguirsi delle stagioni.

Del cambiamento.

Ma, dell'arrivo di marzo, non ne ho avuto proprio il sentore.

Così mi godo l'aria fresca che mi punzecchia il naso, respirando lentamente e a pieni polmoni.
Con una coperta che mi avvolge le spalle ammiro l'alba che si fa spazio tra le mura in mattoni dei palazzi, rilassandomi con gli avambracci appoggiati sulla ringhiera del balcone di casa. Nonostante dei brividi di freddo pervadano il mio corpo esile, mi impongo di rimanere ancora un po' qui fuori.

Ne ho bisogno, devo mettere un po' in ordine i pensieri.

A piccole ondate i ricordi della scorsa notte mi si riproducono nella mente come una vecchia videocassetta, senza lasciare spazio a nient'altro. Non ho dormito bene, non riesco a fermare le immagini.

Stento ancora a credere che sia tutto reale e che quello che ho visto non fosse un sogno. Mi aspetto ancora di svegliarmi avvolta dal calore delle coperte, per poter tirare un sospiro di sollievo nel rendermi conto che tutto questo è frutto della mia mente.

Ma ho già conficcato le unghie nei miei palmi per testare questa teoria, e sono vigile più che mani. E affrontalo fa molta paura.

Tutto è precipitato nel giro di pochi attimi, in uno scambio di battute, poi solo le urla e io paralizzata nell'assistere a tutta la scena. Impotente, senza poter fare nulla. Senza avere le forze per fare qualcosa. Si è varcata una linea che nemmeno credevo esistesse.

Non so se sono più sconvolta da questo o da ciò che mi ha rivelato Paul dopo, mentre eravamo in bagno. Solo l'idea di quello che lui ha passato durante l'adolescenza mi fa stringere il cuore in una morsa di dolore. E la realizzazione delle motivazioni che lo hanno spinto a reagire in quel modo stanotte, fa ancora più male.

Non pensavo che avesse dovuto sopportare quello. E vederlo raccontare di ciò, con la solita leggerezza che lo caratterizza, mi ha devastata forse anche di più. Mi dispiace così tanto per lui.

Sospiro mordendomi l'interno della guancia, reprimendo uno sbadiglio, pensando che se non avessi interrotto in quel modo ciò che abbiamo avuto io e Dylan, ad oggi dormirei probabilmente sonni più tranquilli. E i miei coinquilini vivrebbero nella pace dei sensi senza esserne coinvolti.

La mia vita sembra un susseguirsi di scelte sbagliate.

Il pensiero mi fa male, come una lama che mi torce le interiora facendomi a brandelli. Sento di aver fatto un gran bel casino.

Tutto è partito da quel maledetto sabato, con la mia incapacità di gestire certe situazioni, e ora ne sto facendo pagare le conseguenze ai miei amici, soprattutto al mio amico che si ritrova con il volto martoriato.

Ha perso pure il piercing a cui era terribilmente affezionato.

Mi porto le mani sul viso, sospirando tra me e me lasciandomi a un lieve gemito di frustrazione, sfregano le mie guance e fissando in modo distratto la città che mi si presenta davanti alle prime luci del mattino.

Qualche macchina sporadica che passa, qualcuno del quartiere che porta a spasso il cane, e rimango qui qualche altro minuto, chiedendomi se mai qualcosa nella mia vita filerà per il verso giusto.

Non so quanto tempo passi, mentre assisto al sole che diventa lentamente più luminoso e alto nel cielo, ma quando sento i miei occhi diventare sempre più pesanti e il corpo ribellarsi chiedendomi di dormire ancora un po', decido di rientrare per rimettermi a letto.

𝐓𝐇𝐄 𝐑𝐄𝐃 𝐋𝐈𝐍𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora