2 - Hellish Saturday - Parte 2

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Non sono mai stata incline alle discussioni. Sono sempre stata quel genere di persona che se ne sta in disparte appena avverte il sentore di un litigio, li ho sempre detestati, e odio le urla, odio il sentimento di impotenza davanti a una situazione che è più grande di te. Vomitarsi addosso insulti insensati, scaricare la propria rabbia e frustrazione sugli altri, con l'unico intento di ferire chi ti sta davanti sono cose che non mi sono mai andate giù.

La discussione è sempre stato qualcosa che ho lasciato fare agli altri, non essendone mai stata in grado.
Mai stata capace a rispondere, solo in grado di starmene zitta e isolarmi.

E appena rientrata in stanza, non so quanto tempo sia passato prima che io riuscissi a trovare la forza di calmarmi, una volta che l'ondata di panico è andata via scemando lentamente. Ho respinto a stento le lacrime, ricoperta dai brividi e col mio respiro mozzato, mentre tutta la merda che ha fatto sempre parte della mia vita mi è piovuta addosso senza alcun minimo di ritegno, ricordandomi che è ancora tutto lì, che nulla mi ha mai lasciato nonostante io ci provi ogni giorno.

Nonostante respinga e allontani.

Ogni volta è sempre la stessa storia, il procedimento è sempre uguale: da un fattore scatenante, anche il più insulso e senza alcun significato, ecco che il mio castello crolla e divento un cumulo di macerie e detriti, un mix di pezzi rotti di varie misure e spessore che se ne sta adagiato lì a terra, privo di forma.

Vuoto. Ignorato.

Tutto quello per cui ho impiegato tempo e fatica a costruire è completamente sparito, crollato come un castello di carte alla prima folata di vento.
E la parte più brutta viene sempre dopo, quando ne devo raccogliere da sola i pezzi e di santa pazienza ricostruire tutto daccapo.

Ancora e ancora.

Ci sono momenti in cui riesco a gestirla meglio rispetto ad altre, delle volte in cui in modo razionale capisco quanto una cosa debba toccarmi o meno – dipende sempre dalla gravità delle situazioni e dal carico che si portano dietro. Ma questa volta, sentendo la mano di Dylan afferrarmi senza alcun ritegno e permesso, come se io non valessi niente avanti a lui, come se non fossi stata più una persona ma solo qualcosa su cui rivendicare il proprio diritto a fare quello che si vuole, ha grattato via una crosta che da ormai anni fatica ancora a rimarginare.

E ora sta sanguinando, senza più smettere.

Non so nemmeno con quale coraggio io sia riuscita a rispondergli, trovando la forza di respingerlo. Non mi piacciono le discussioni, odio le urla e tutta la rabbia che esse portano perché sono più per il confronto pacato e pacifico. Ma non mi ha dato il tempo nemmeno di respirare, letteralmente, passando subito all'attacco, e stanotte, mossa forse dall'adrenalina e dal senso di protezione verso i ragazzi mi sono sentita in dovere di fare qualcosa.

Poi l'ansia si è presa tutto, come sempre.

Ho sempre sofferto di questi attacchi, più o meno da quando andavo in prima media, e ormai è nulla che i miei nervi non abbiamo già patito e il mio cuore sofferto, ma non è mai facile ristabilire il controllo quando di controllo tu non ne hai mai avuto per gran parte della tua vita.

Risulta ancora difficile dopo dodici anni.

Ricordo perfettamente che prima era diverso, quando ero più piccola, credevo di essere solo io a non capire bene cosa mi stesse accadendo, credendo addirittura fosse normale. Sminuivo sempre tutto e tendevo a non darci il dovuto peso, mandavo giù il groppo in gola e sfoggiavo il miglior sorriso che potessi regalare al mondo intero.

Perché credevo che non fosse importante.
Perché era così che facevano gli altri.
E così facendo ho sempre cercato di amalgamarmi.

Ma quando cresci e inizi a capire più cose su di te, quando diventi grande e hai modo di confrontarti con le persone, di capire cose su chi sei e su quello che hai provato nell'intero arco della tua vita, ti rendi conto che il dolore pianta le sue radici in angoli remoti dentro di te, in parti che credevi di aver dimenticato o addirittura mai avuto, talmente spesse che sono difficili da tagliare e talmente profondi che ti spaventa anche solo affacciartici per vedere quanto è nero l'abisso che ti si presenta davanti.

𝐓𝐇𝐄 𝐑𝐄𝐃 𝐋𝐈𝐍𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora