Capitolo 2

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- Parli da sola? - mi chiese una voce familiare.

- Jonah! - esclamai correndo ad abbracciarlo. Lui ricambiò prontamente, con una gran risata.

- Vieni, entra!

- Smettetela di fare tutto questo chiasso! La gente dorme, sapete? - la voce proveniva da una panchina lì vicino. Un ragazzo ventenne ci era steso sopra, coperto da una felpa verde. Evidentemente smaltiva i postumi di una sbornia. Tipico.

- Sempre in forma, eh, Danny? - lo salutai, sarcastica. Lui era l'unico che era davvero mio amico in quel posto. Si era trasferito lì perchè non ha mai una soldo, e l'affitto che chiedono in questi posti è bassissimo. È uno dei tipi più strani che abbia mai conosciuto. Finge di trovarsi in un quartiere di lusso. "Per non deprimermi", dice sempre. Abita sopra di me, ma ha la brutta abitudine di bere. Troppo. Quasi ogni sera. Ma è molto solare, ed è il mio... bhe, migliore amico credo. Ma non sono sicura. Con lui niente è mai sicuro.

- Sul serio - proseguii, decisa a prenderlo in giro.

- Ti trovo splendido. Sveglio, allegro... Ma... - qui finsi sorpresa. - perchè hai dormito qui fuori?non avrai dimenticato le chiavi, vero? - Danny dimenticava le chiavi un giorno sì e l'altro pure.

- Fottiti - biascicò lui. Risi e gli lanciai la chiave della porta d'ingresso.

- Passa dopo a ridarmela, ok? - mi rispose con un mormorio indefinito e si voltò dall'altra parte.

- Sempre più simpatico - commentò mio fratello. Anche a lui piaceva Danny, ma non ci trovava niente di diverso dai suoi amici. Sorrisi e gli feci strada nell'appartamento.

- Hai sentito la mamma? - arrischiò Jonah, prendendo dal frigo due bottiglie di birra.

- No - ammisi. - avevo intenzione di... mandarle una mail. - Jonah mi raggiunse il cucina per prendere l'apribottiglie.

- Sorellina - attaccò. - è quasi un anno che non vi sentite. Io credo... che una chiamata sia d'obbligo. - gli presi una bottiglia tra le mani. Sospirai. Sapevo che aveva ragione. Ovvio che era così. Ma era... difficile. Mio fratello gettò la bottiglia vuota nella spazzatura e mi diede un bacio sulla guancia. Poi si dileguò.

- Già te ne vai? - gli chiesi, vedendo che apriva la porta d'ingresso.

- Ero passato solo per un saluto - si strinse nelle spalle e scomparve oltre la porta.

Rimasta sola agguantai il cordless dal tavolino e mi buttai di schianto sul divano. Bevvi una lunga sorsata di birra, desiderando con tutta me stessa che fosse alcolica. Io adoro la birra, quindi di solito ho sempre qualche bottiglia in frigo (di quella vera, s'intende). Solo che un paio di volte all'anno (quando sono costretta a chiamare la mia famiglia) mi viene un'incontenibile voglia di bere tutta la riserva che ho in frigo. Perciò la settimana prima ero stata attenta e avevo comprato solo birre analcoliche, dicendomi che non mi sarei neanche accorta della differenza. Cosa che non è assolutamente vera. Mentre il telefono squillava bevvi senza sosta, e quando scattò la segreteria telefonica quasi mi stupii. Ingollai la birra che avevo in bocca, feci un sospiro, lasciai un messaggio d'auguri per mia madre e riattaccai. Anche questa era fatta. Mi accasciai sul divano, sospirando di nuovo. Intendiamoci: non che non ami la mia famiglia, è solo che non sopporto dirglielo. Sono sempre stata definita "un lupo solitario". Qualche volta, a dodici anni, avevo desiderato con tutto il cuore diventare un licantropo per farli smettere di chiamarmi così, ma ovviamente non sono mai stata esaudita. Persa nei miei pensieri, lo squillo del campanello mi fece sobbalzare. Dandomi della stupida, andai ad aprire a Danny, che mi porse le chiavi sfregandosi gli occhi gonfi. Risi sotto i baffi e lo invitai ad entrare. Lui si diresse in modo automatico verso il mio frigo e prese una bottiglia di birra. Pure lui. Alzando gli occhi al cielo uscii in terrazzo e iniziai a innaffiare le piante. Poco dopo udii l'esclamazione di Danny.

- Porca puttana! - seguita da uno sputo. Subito dopo apparve lui con in mano la bottiglia, che la guardava come se fosse veleno.

- Perchè cazzo ti tieni in frigo birra analcolica? - chiese stralunato. Risi di nuovo.

- Mi serve - spiegai. Lui fece per versarla al mio povero ficus, ma lo fermai appena in tempo.

- Mah - fece di nuovo lui, crollando sulla mia sedia sdraio.

- Certe volte proprio non ti capisco. E per quale occasione ti serve?

- Oggi è il compleanno di mia madre.

- Mi sfugge perchè hai deciso di avvelenarmi comunque.

- A volte sei proprio un grande stonzo - tagliai corto, e visto che non c'erano altre sedie mi sedetti in braccio a lui. Me ne pentii all'istante.

- Bleah! - arricciai il naso sentendo l'odore della sua maglietta. - che hai bevuto ieri sera?

- Vodka - rispose automatico lui - no, rum. Che cazzo ne so? Non mi ricordo... - si sroppicciò gli occhi e si passò una mano sulla faccia.

- E come si chiama la ragazza che ti ha mollato stavolta?

- Sarah. Sally. Kelly. Che ne so?

- Danny...

- Martha! Martha, ok? Mi ha lasciato per andare a SPOSARSI! A sposarsi, capisci? - fece per bere un altro sorso dalla bottiglia, ma poi cambiò idea. Gli scompigliai i capelli biondi.

- La prossima volta andrà meglio - mentii, sapendo che entro una settimana la scena si sarebbe ripetuta. Lui annuì stancamente. Allora sospirai e gli diedi un bacio. Di solito bastava per fargli recuperare l'autostima. Funzionò anche stavolta: recuperò il sorriso e mi baciò sulla guancia.

- Grazie, Lau. - rientrò in casa e si spaparanzò sul mio divano, accendendo la tivù. Sospirando di nuovo, lo seguii.

***

New moon - la notte dei lupi mannariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora