Capitolo 3

538 34 4
                                    

Mi svegliai con un mal di schiena tremendo, ma non realizzai cosa l'avesse provocato finchè non aprii gli occhi: Danny era spaparanzato sul divano, in boxer, occupandone tre quarti e costringendomi a rannicchiarmi per non dormirgli sopra. E anche così avevo la testa sulla sua pancia e il braccio sulla sua testa. Sbadigliando, gli diedi un buffetto sulla gamba. Quando non funzionò, gli tirai una sberla vera. Scattò immediatamente, urtandomi la spalla con la testa.

- Ahio! - si lamentò.

- Senti chi parla - ribattei io, poi aggiunsi: - perchè hai dormito in boxer?

- Avevo caldo... - biascicò lui con la voce impastata, chiudendo di nuovo gli occhi. Scossi la testa e lo buttai giù dal divano. non sono esattamente il tipo che va per il sottile. Finalmente, si svegliò del tutto.

- Laurel Wells, ma che cazz... - poi realizzò dov'era, e si passò una mano tra i capelli.

- Scusa - biascicò sbadigliando. - ma davano un film sentimentale, tu dormivi alla grossa e mi sono addormenato anch'io. Ho pensato di usare il tuo letto, ma non volevo disturbare...

- Fantastico. La mia schiena ti ringrazia - replicai, con l'ombra di un sorriso. - la prossima volta, ti prego, non farti problemi. O meglio, metti ME nel letto e tu dormi sul divano. Ma non ti azzardare a spogliarmi! - gli intimai. Lui alzò le mani e rise, infilandosi i jeans.

- E quando mai l'ho fatto?

- Al tuo compleanno, l'anno scorso, quando ci siamo ubriacati.

- Se ti sei davvero ubriacata, come mai te lo ricordi? - gli lanciai un'occhiataccia.

- Comunque, - proseguì accendendosi una sigaretta - non ti ho fatto niente. Non ti ho mica violentata, o qualcosa del genere. Non lo farei mai. - sbadigliò, buttando fuori il fumo.

- Lo so! Solo che potevi anche evitare di lasciarmi in reggiseno!

- Non mi pareva il caso di farti dormire col cappotto addosso, no?

- Non avevo una felpa sotto? - scosse la testa, ridendo.

- Oh - dovevo essere ubriaca sul serio. Mi arresi e gli fregai la sigaretta di mano. Lui se ne accese un'altra.

- E poi - concluse scomparendo in cucina - non mi pareva proprio il caso di mettermi a rovistare nel tuo armadio, no?

- No - confermai - neanche se fossi stato sobrio. - scoppiammo a ridere. Io andai in camera a cambiarmi. Indossai una maglietta rossa e dei pantaloncini strappati. Tornai in salotto con una maglietta pulita per lui. Era di Jonah, ma sicuramente in quel momento ne aveva più bisogno Danny. Mi ringraziò con un sorriso e si mise a preparare il caffelatte.

- Allora - mi disse, mentre lo versava nelle tazze. - che piani hai per la prossima settimana? Io volevo fare un viaggetto a Las Vegas. Dicono che settembre sia il mese migliore per andarci..

- Io... scusa, Danny, ma non posso. Io la prossima settimana inizio... - sospirai - la scuola.

- Eh? - sputò il caffelatte nella tazza e ne rovesciò a terra altrettanto mentre si metteva a ridere a crepapelle.

- Scuola? - sputacchiò altro caffelatte. La tazza che reggeva ormai era completamente vuota. E lui rideva così tanto che si teneva la pancia.

- Smettila! - bofonchiai mentre gli lanciavo una spugna in faccia. Lui iniziò a pulire, ridendo come una iena. Aspettai pazientemente che finisse, accendendomi un'altra sigaretta. In effetti... che mi era saltato in testa? Non trovando risposta, frustrata, mi allontanai. Danny mi raggiunse sul terrazzo, dove avevo trovato rifugio con la mia tazza. Aveva ancora l'ombra di un sorriso sulle labbra.

- Scusa - mi disse appoggiandosi al bordo del terrazzo vicino a me. Notai che la sua tazza era di nuovo piena. Stetti zitta aspettando che proseguisse.

- Lau... seriamente però... sei sicura di voler continuare a studiare?

- Mi sono iscritta - tentennai.

- Non è una risposta, Lau. Dai, ti conosco. Cosa hai in testa?

- Io... non lo so. Cazzo, Danny, non lo so. Non so cosa mi è preso, credo che... credo mi sia venuta paura. Ero in camera, ho guardato in corridoio, ho visto la cucina, il bagno in fondo e... insomma, ho guardato la mia casa. E mi sono chiesta per la prima volta in tutta la mia vita se non fosse giunto il momento di mettere la testa a posto.

- Laurel... hai diciannove anni. Non ti pare un po' presto?

- Non lo so... si vedono questi ragazzi che a venticinque anni hanno già un lavoro fisso, una casa comprata, una fidanzata con la quale mettere su famiglia... e allora... mi sono resa conto che tra qualche mese avrò vent'anni. Venti. E allora avrò pochissimo tempo per raccogliare i pezzi incasinati della mia vita e costruirci sopra... qualcosa. Di serio.

- Danny era a bocca aperta. Si portò la tazza alle labbra, poi la abbassò. L'operazione si ripetè varie volte, finchè non la appoggiò, in equilibrio precario, sulla ringhiera del balcone.

- Laurel... mi sembra di sentir parlare i tuoi genitori.

- Ma se neanche li conosci i miei genitori. - lui mi ignorò.

- Ma chi te le ha dette queste cose, Laurel? Non puoi esserti svegliata un giorno ed esserti resa conto di tutto questo. Cosa è successo, Lau? - mi accarezzò il braccio con la sua mano ruvida. Mi venne la pelle d'oca, e lo allontanai. Mi lasciai cadere sullo sdraio e, finalmente, confessai.

New moon - la notte dei lupi mannariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora