Capitolo 5

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La mattina dopo mi svegliai di nuovo con un mal di schiena da far paura, logica conseguenza di aver dormito per due notti di fila su quel divano mezzo scassato. Mi sollevai a sedere con una smorfia, e mi appoggiai allo schienale. Solo allora realizzai che non ero andata a sbattere contro Danny. Mi sforzai di mettere a fuoco la stanza, ma non individuai la sua maglietta - o meglio, quella di mio fratello - da nessuna parte. Sbadigliando, mi alzai e mi stiracchiai. La mia schiena protestò, ma io l'ignorai: sarebbe passata presto. Feci una veloce tappa in bagno a sciaquarmi il viso e poi andai in cucina. Sul tavolo era abbandonata la mia tazza, e un biglietto vicino:

Buongiorno Lau! Sono tornato a casa, volevo farmi una dormita come si deve visto che stanotte non facevi altro che tirarmi gomitate. Tra l'altro, il tuo divano complotta contro la mia schiena da quando mi ci sono seduto la prima volta ;) ci vediamo presto, baci

Dan

Risi e presi in mano la tazza, piena fino all'orlo della mia bevanda preferita. Lessi ancora una volta il biglietto e lo riappoggiai sul tavolo. Danny era davvero un'amico d'oro.

Decisi di andare a correre nella speranza di sciogliere un po' la schiena. Mi vestii rapidamente e bevvi tutto d'un fiato il caffelatte ormai freddo. Presi al volo le chievi e un elastico, e scendendo le scale mi raccolsi i capelli. Mentre uscivo gettai un'occhiata al cielo. Il sole era alto, ma ancora non scottava. Dovevano essere le nove, le dieci di mattina. Dovevo davvero aver fatto male a Danny, di solito non si alzava mai così presto. Alzai le spalle e iniziai a correre lentamente. La mia meta era il bosco un po' più in là della strada, ci andavo spesso. Gli alberi erano folti e verdi, e mi piaceva correre sull'erba. L'aria, lì, sapeva sempre di buono.

Quando lo raggiunsi avevo già il fiatone. Doveva essere passato un po' da quando avevo corso l'ultima volta. Comunque, riconquistai presto la mia falcata, superando arbusti e rami bassi senza rallentare, limitandomi ad abbassarmi quando qualche rametto e qualche foglia si mettevano sul mio cammino. Intanto pensavo. Rimuginavo alla conversazione che avevo avuto con Danny, a ciò che gli avevo detto. Ero davvero troppo giovane per mettere la testa a posto? Mi ero solo fatta prendere dal panico? La vicinanza del compleanno della mamma mi aveva suggerito brutti pensieri? Scossi la testa. Va bene tutto, ma non ero così refrattaria all'affetto della mia famiglia. Non avevo avuto certo un'infanzia particolarmente difficile. Ero solo ribelle. E scapestrata. E irresponsabile. Irritabile. Incivile. Infantile. Ineducata. Mi sorpresi a digrignare i denti mentre ripensavo alle parole che papà mi diceva più spesso. Prima di allora non mi ero mai accorta che la maggior parte di loro iniziava con la lettera I. Mi costrinsi a fare qualche respiro profondo e a rallentare l'andatura. Iniziavo a stancarmi troppo, e non volevo tornare subito a casa. Avanti, Laurel, pensa a qualcosa di piacevole. Danny. La tua vita. I miei pensieri presero di nuovo una piega negativa. Cos'aveva di speciale, la mia vita? Niente. Non facevo assolutamente niente. Avevo un lavoro in un negozio di alimentari vicino casa. Niente di particolare, ma più che sufficiente a pagare l'affitto bassissimo che richiedevano per la mia casa. Poi? Cos'altro facevo? Guardavo la televisione, mi ubriacavo con Danny, qualche volta andavo in discoteca, e basta. Mi alzavo quando mi pareva, invitavo a casa chi volevo. Sulla carta, sembrava una vita abbastanza scapestrata e irresponsabile per me. Quella che ogni ragazzo della mia età avrebbe voluto per sè. Niente genitori, lontana da casa. Era quello lo sballo, no? E allora, perchè mi sentivo così... vuota? Annoiata? Senza accorgermene, accellerai. Cosa avevo che non andava? Scommetto che qualsiasi ragazzo della mia età avrebbe scambiato la sua vita con la mia senza pensarci troppo. Anche io, solo un anno fa, avrei fatto carte false per averla. E ora che la vivevo... che cosa ci mancava?

Uno scopo, sussurrò una voce dentro di me. Ti manca uno scopo, Laurel Wells. Per cosa vivi?

Scossi la testa e accellerai ancora. Perchè dovevo stare sempre a farmi domande? Come se davvero potessi capirmi. Non c'ero mai riuscita, a capire cosa non andava nella mia vita. E ora, che finalmente iniziavo a farmi delle domande giuste, non avevo fegato per darmi le risposte. Ero sicura che c'erano, da qualche parte dentro di me. Solo che io non volevo tirarle fuori. Oh, Dio, cosa c'era che non andava in me?

Mi fermai di botto, scivolando su uno strato di aghi di pino. Respirando affannosamente, mi piegai e mi appoggiai le mani sulle ginocchia. Mi bruciavano i polmoni, e la gola secca urlava. Avevo una sete del diavolo, e mi facevano male i piedi. Ma insomma, perchè non me n'ero accorta prima? Feci dei respiri profondi, ma non ottenni granchè. I polmoni in fiamme mi impedivano di ricavarne sollievo, e non riuscivo a far altro che respirare convulsamente. Dentro, fuori. Dentro, fuori. Respira. Mamma mia, quanto avevo corso? Mi sembravano solo pochi chilometri, ma in realtà non ne avevo la più pallida idea. Mi ricordavo solo che mi ero persa a pensare. Che strada avevo preso? Mi guardai alle spalle. Niente. Non c'era nemmeno un sentiero, figuriamoci uno scorcio di strada. Merda. Merda, merda, merda. Mi ero persa nel bosco? Con un ultimo respiro profondo, mi stirai e mi voltai del tutto. Il cuore continuava a battere come un matto, ma non più per la corsa. Ora c'entrava la paura. Da che parte ero venuta? Destra, sinistra? Ma, proprio mentre il panico iniziava a farsi strada tra le viscere, pensai che l'ipotesi più probabile era che fossi andata semplicemente dritta. Avendo concentrato tutte le mie energie mentali a rimuginare, era improbabile che avessi svoltato a destra o a sinistra, lo facevo solo quando volevo cambiare scenario e non pensavo a niente in particolare. E poi, non ricordavo di aver voltato. Poteva non significare niente, ma siccome quell'ipotesi era l'unica che avevo che avesse lontanamente senso, non volevo perderla. Iniziai a camminare dritta davanti a me, e dopo qualche metro mi calmai: l'erba era alta, ed essendoci corsa sopra avevo lasciato una scia di erba calpestata. Sospirai di sollievo e mi ripromisi che, quando avrei voluto pensare, d'ora in avanti sarei andata a correre lungo la statale, con tanti saluti all'aria buona. Oppure mi sarei fatta un tapis roulant.

Ma, dopo qualche chilometro, le mie sicurezze iniziarono a vacillare. Era possibile che avessi corso così tanto? O mi ero persa ancora più di prima? Non mi sembrava di avere girato da qualche parte, ma chi poteva dirlo? Magari non me n'ero accorta. Poi, come se non bastasse, l'erba alta aveva lasciato posto a un soffice tappeto di aghi di pino, e che quindi non recava tracce. Il panico stava di nuovo prendendo piede tra le mie viscere, e mi sforzai disperatamente di trattenerlo. Non potevo farmi prendere dalla paura. Era possibile che avessi corso tanto senza rendermene conto. E poi, avevo accellerato per ben due volte. Senza contare che, camminando, la strada appare sempre più lunga. Anche se... c'era stato quell'albero, quello grande, che mi aveva sbarrato la strada. All'andata, correndo, lo avevo aggirato o avevo semplicemente cambiato direzione? Buio totale. Mi diedi della stupida per non aver preso neanche un punto di riferimento. Smettila, mi intimai. In un modo o nell'altro, se continui a camminare dritta ti ritroverai presto fuori dal bosco. Deve essere per forza così. In quel momento udii un fruscìo tra le foglie, e il rumore di un rametto che si spezzava. Mi immobilizzai e lanciai un gridolino. Cos'era stato? Scandagliai la zona con gli occhi sbarrati, ma non vidi nulla e il rumore non si ripetè . Per qualche motivo, la cosa non mi rassicurò affatto. Perchè un uccello non aveva preso il volo da qualche albero, tranquillizzandomi? Me l'ero immaginato? Potevano esserci degli orsi, in quel bosco? Dopotutto, ero in Canda. Scacciai il pensiero e aumentai il passo, resistendo alla tentazione di mettermi a correre. Me l'ero immaginato. Senz'altro. Mi morsi il labbro, insultandomi per l'ennesima volta. Ma perchè, perchè sono così impulsiva e irresponsabile? Erano parole con la I, e senza volerlo ripensai a mio padre. Sospirai, mentre collera e panico si contendevano il posto tra le mie viscere. Alla fine decisi di accettare la collera, e ricominciai a pensare a parole con la I. Tutto era meglio del panico. Irritabile. Irascibile. Insolente. Illusa. Digrignai i denti. Irritabile. Insolente. Sospirai profondamente. Igloo. Italia. Ora andava meglio. Irtaze. Che cos'era? Avrei dovuto controllare quando sarei tornata a casa. Se riesci a tornarci, ribattè la mia vocina. "Certo che ci torno" dissi ad alta voce. Irto. I... La strada. Sgranai gli occhi. Avevo visto male? Nel bosco si potevano avere i miraggi? No, impossibile sbagliarsi. Era proprio la strada. Sospirai di sollievo e mi misi a correre. Non ne sarei stata sicura finchè non avessi sentito la durezza dell'asfalto sotto le suole delle scarpe. Quando finalmente questo avvenne, mi rilassai del tutto. E mi misi a correre per tornare a casa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 09, 2014 ⏰

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