Avrebbe voluto che se ne andassero tutti.In un unico, infinito istante desiderò che il mondo s'incenerisse, che quella serata passasse come un colpo di vento, che fluisse via.Era già difficile guardarlo senza che i suoi pensieri gli fossero chiari. Era snervante chiedersi sempre il perché di un silenzio, il motivo di uno sguardo perso, la ragione di una notte insonne.Certe volte i pensieri e sospettava, anche i ricordi, avvolgevano Artù in un manto impenetrabile e odiava esserne escluso. Avrebbe voluto lavare via l'incertezza così come un tempo faceva con le ferite di guerra. Guarire qualche rimpianto con l'accortezza con cui una volta ripava i suoi pasticci.Ma non poteva distruggere ogni sofferenza, per qualcuno che come loro aveva vissuto tante vite, non sarebbe stato mai possibile sfuggire a piccoli ricordi, a piccoli pentimenti, alle domande.Lo osservava da lunghi minuti e lo aveva visto sempre più distratto. Per lui era facile spiegare i modi di Artù, lo era sempre stato, come un gioco troppo semplice.Se piegava la bocca in una linea dura era la furia a prendere il sopravvento ma se le ciglia tremavano adagiandosi sugli zigomi allora l'incertezza faceva vacillare un suo proposito.Se non parlava e giocherellava con l'anello di Gwen che ancora portava, e che lui gli aveva chiesto di non togliere per non cancellare del tutto il passato, allora si macerava nel dubbio ma se quello stesso dubbio veniva dissipato da una ragione più alta, come accadeva ai tempi in cui regnava, allora stringeva i pugni, le spalle risolute, il profilo austero.Perfino se i suoi occhi si assottigliavano leggermente... se accavallava le gambe in una certa maniera... se i suoi capelli erano più scomposti del solito: il corpo di Artù gli parlava come un disegno copiato con carta carbone.E sapeva di essere più o meno la stessa cosa per lui, solo che certe volte... era un po' stancante. Certi pensieri vogliono essere segreti e certe parole non vogliono essere dette.Tuttavia quando scorgeva anche uno solo di quei dettagli il suo immediato istinto era quello di distenderli, come fumo soffiato via, come pieghe di stoffa ammorbidite da un tocco gentile.Perciò era andato in cucina, per dargli spazio, per costringersi a non rispondere a quell'istinto ma lui lo aveva seguito. Come una stella non cercherebbe mai la libertà alla notte.-Pensieroso?- chiese Artù, appoggiando i gomiti sul ripiano e addentando un biscotto.Merlino abbozzò un sorriso.-Esercito autocontrollo su me stesso-Silenzio.Era certo che stesse aggrottando la fronte.-Sei davvero un'enigma-Avvertì le sue mani ai lati del volto prima dei suoi passi. Come se avesse volato per coprire al più presto quella distanza. Si lasciò girare lentamente e investire da uno sguardo intenso ma limpido, per lui.Avrebbe desiderato far calare il buio e baciarlo e sussurrargli tutto quello che immaginava quando lo guardava di sottecchi, descrivergli tutte le immagini che prendevano forma nei suoi pensieri quando all'alba, lo trovava in cucina a preparare la colazione, il torace così liscio e scolpito che la luce del sole sembrava indugiarvi, in imbarazzo peggio di lui.Avrebbe voluto avere la forza per sussurrargli quelle cose, per dirgli che guardarlo e leggerlo erano un'azione sola, che lo sentiva talmente dentro che la fisicità aveva acquisito un significato paralizzante. Avrebbe voluto confessargli che in quel momento desiderava solo farsi spogliare e stringere le ginocchia attorno ai suoi fianchi e sentirsi invaso, completamente. E dimenticare. Dimenticare che a volte ancora si perdevano fra briciole di passato. Sentì che Artù gli sfiorava le dita. Fece per pronunciare il suo nome quando la stanza si contrasse, i colori si deformarono, la luce sparì e in mezzo a un chiarore lunare fittizio e inesistente, le immagini appena pensate esplosero con una chiarezza devastante mostrando ogni dettaglio.Merlino ritirò la mano di scatto.Succedeva sempre più spesso che la magia fluisse dall'uno all'altro così e onestamente, si sentì spiazzato.Scoperto come mai prima. I pensieri erano la sola cosa alla quale Artù non aveva un vero accesso nonostante tutto e adesso...Lui lo guardò fare un passo indietro. C'era sorpresa sul suo viso.Merlino distolse lo sguardo ma mentre faceva per andarsene sentì che Artù lo afferrava per il polso in una morsa d'acciaio.In quello stesso istante, Bryce e Solena andarono alla porta, adducendo una scusa che Merlino neanche udì ma quando l'uscio si chiuse e restarono in silenzio, se possibile l'imbarazzo fu ancora più grande.Non riusciva a girarsi, né a guardarlo.Si accorse che se n'era andato soltanto quando sentì i suoi passi nel corridoio. Lo raggiunse nella stanza dove lui un tempo dormiva ma che loro adesso non usavano più perché avevano trasferito il materasso in quella con il tetto a mansarda e avevano deciso di restare lì. Merlino però non aveva voluto lasciarla mezza vuota e ci aveva fatto comparire un altro materasso, sistemando sopra la trapunta rossa che c'era un tempo.Quella stanza non sapeva di vissuto, però aveva visto attimi che non poteva scordare.Artù era seduto sul materasso, le mani sulle ginocchia. Quel giorno i capelli erano leggermente sparati da un lato. L'abbigliamento del secolo XXI gli si addiceva particolarmente e quello era un altro dettaglio che mandava il suo cervello in corto circuito. Quando indossava la camicia bianca, o la t-shirt rossa o quella azzurra che si era comprato con lo stipendio lavorando all'Albion... a Merlino sembrava di scorgere una purezza estrema in lui, qualcosa che prima era stata coperta dall'armatura, dal peso del dovere, dalle responsabilità.Dalla distanza incolmabile che c'era stata fra loro."Penso sempre che se le cose fossero state diverse saremmo stati buoni amici"Lo diceva spesso.Un tempo.Artù alzò gli occhi su di lui, scrutandolo.Il petto si sollevava e abbassava, veloce.Alla fine si alzò e lo inchiodò alla parete con un solo sguardo. Merlino se la ritrovò alle spalle senza sapere quando avesse esattamente indietreggiato.Si inumidì le labbra, prendendo a giocherellare con un filo della sua t-shirt. Fece un mezzo sorriso.-Questa cosa comincia a diventare snervan-La bocca di Artù gli impedì di finire la frase, il suo bacio lo travolse e un attimo dopo Merlino si accorse di avere le mani affondate fra i suoi capelli.Quello dopo ancora la maglietta dell'altro gli passò davanti al viso e quello dopo ancora la bocca di Artù affondava nel suo collo a morsi, facendogli trattenere un sibilo di frustrazione attraverso i denti.Lo allontanò da sé per baciarlo, per mordere a sua volta quella bocca che a volte gli faceva perdere la pazienza e non aveva neanche ripreso fiato che ricominciò, le mani che tremavano mentre trafficava con la sua cintura, l'animo che si sfaldava, in tanti pezzi.Solo che ricongiungerli non faceva sempre male.La luce della luna sembrava polvere sulla coperta, giocherellava con gli intrecci del cotone, accarezzava la stoffa e si adagiava sul suo braccio, quello che Merlino teneva disteso davanti a sé.Un braccio di Artù attorno alla vita, il suo respiro contro la spalla. Lo sentì sollevarsi su un gomito e lasciargli un bacio fra i capelli.Piccoli flash di quello che era successo si succedettero davanti agli occhi, inarrestabili.Si erano amati contro la parete, Artù l'aveva spogliato di ogni cosa, spingendosi oltre gli abiti e gli pareva ancora di sentirlo il suo respiro: si era spezzato nel momento in cui lo aveva preso, una mano a sorreggergli una gamba e il corpo teso in un unico movimento, che lui aveva seguito, le mani aggrappate alla sua schiena. Non era riuscito a non distogliere lo sguardo, la guancia contro la parete quasi calda, un polso imprigionato fra le dita di Artù e i suoi affondi talmente profondi da fargli dimenticare per un momento cosa stessero facendo. E non ci riusciva quasi mai, ma quando Artù lo portava al limite, diventava un fascio di muscoli, perdeva ogni capacità di raziocinio. Ed era successo esattamente quello, tanto che mentre l'orgasmo faceva a pezzi i colori, riducendoli ad un ammasso di luci sfavillanti la voce gli si era spezzata contro il suo orecchio e l'aveva sentito respirare più veloce, fino a mordere la sua spalla prima di cedere...Il punto che in quel momento stava sfiorando con la punta dell'indice.Merlino si inumidì le labbra.-Che intendevi per "autocontrollo"?-Ci fu un momento di silenzio.-Non mi piace vederti pensieroso ma cerco di farmi gli affari miei, a volte può essere utile-Artù non rispose e quel dettaglio, gli fece male. Sentì gli occhi bruciargli.-Quando ripenso al passato non vuol dire che ti escludo. Sei praticamente in ogni ricordo, proprio una spina nel fianco-Merlino gli diede una gomitata nelle costole.-Non è carino dirlo!--Ma è bello rendersene conto-Quella frase congelò il silenzio. Artù affondò il viso nel suo collo, sentì le sue ciglia tremare contro la pelle.-Molte persone dicono che il passato... stanca. E' vita vecchia, anni consumati ma per me no-La sua mano si adagiò sul cuore, dove mesi prima raccoglieva sempre i battiti accelerati dei suoi incubi.Merlino non lo avrebbe scordato mai.-A volte mi manca ma dura un istante. Mi manca l'odore del tramonto nell'arena, mi manca perfino il sapore della guerra, perfino i battibecchi con Morgana, strano a dirsi. Ma queste cose si prendono lo spazio di un battito di ciglia. Forse sono la sola persona al mondo a poter dire che il proprio passato in un certo senso non è invecchiato di un giorno-Merlino strinse le lenzuola fra le dita, il petto attanagliato da una stretta dolce. -Non si consumerà mai veramente, finché ti porterò con me
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