23 Giugno 1936, ore 20:56

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«Andiamo, Harry, lo sai che non è colpa mia se l'amica di Nancy non è potuta venire.» dice Noah in tono di scuse, mentre prende posto su uno dei sedili rossi accanto a me.

Odio andare al cinema, odio il calore asfissiante che emana la gente che riempie la sala, odio essere costretto a rimanere seduto per quasi due ore a fissare delle immagini in bianco e nero che scorrono su uno stupido schermo.

«Ho solo detto che non sarà il genere di serata che mi aspettavo, tutto qui.» faccio spallucce, cercando di allungare quanto più posso le gambe.

Diamine, questi posti sono davvero stretti.
E poi fa un caldo atroce.

Mi guardo intorno, aspettando che il film inizi e la mia attenzione viene catturata da un gruppetto che sta cominciando ad occupare il poco spazio rimasto alla mia destra.

Una ragazza minuta mi si siede accanto.

Non scherza o ride come fanno i suoi amici, si limita ad accasciarsi sul sedile e ad incrociare le braccia. Sembra quasi che sia stata trascinata qui, un po' come me.

Ma questa ragazza minuta è anche carina.

La camicetta bianca è infilata nella gonna di un azzurro sbiadito che le arriva al ginocchio, gli occhi castani con le loro lunghe ciglia sono fissi sulle scarpette blu che porta ai piedi, i capelli scuri raccolti in una treccia che le ricade sulla schiena e in cima alla quale sono infilate due piccole margherite.

Noto le luci iniziare a sfumare, fino a che la sala non rimane completamente immersa nel buio e lo schermo del cinema si illumina.

Mi volto.

Oh, perfetto, sembra che la signora che mi si è seduta di fronte abbia deciso di acconciarsi i capelli in stile lampadario.

Non che mi interessi molto, ma mi innervosisce il fatto di non riuscire nemmeno a distinguere i nomi dei vari attori e collaboratori del film. Sono la parte più emozionante, quella.

Sembra che qualcuno abbia organizzato un complotto per farmi odiare il cinema più di quanto non faccia già.

E il tempo non fa altro che contribuire ad un incremento di quest'agonia.

Un bambino che inizia a piangere, la madre che tenta anche più rumorosamente di zittirlo, la voce di un altro uomo che tenta di zittire la madre che sta tentando di zittire il bambino.

Inizio quasi involontariamente a picchiettare il mio piede sul pavimento di legno, nel tentativo di dare sfogo a quel nervosismo che mi costringe di tanto in tanto a prendere profondi respiri, in modo da impedirmi di iniziare ad urlare contro uomo, madre e bambino.

Alla mia sinistra non riesco nemmeno a distinguere quale sia il volto di Noah e quale quello di Nancy, tanto sono incollati l'uno all'altra.

È come se al cinema ci fossi venuto da solo.

Mi balena in testa la mezza idea di alzarmi e andarmene da questo posto, quando un altro rumore mi distrae.

Credo che la ragazza alla mia destra abbia appena sbuffato.

Mi ero quasi dimenticato di lei.

Le sue braccia sono ancora conserte, e i suoi occhi fissi sullo schermo sembrano non vedere realmente le immagini che vi scorrono sopra.

Quasi senza pensarci, mi tendo quel tanto che basta verso di lei.

«Io sono Harry.» sussurro a pochi centimetri dal suo orecchio, mentre appoggio il gomito sul bracciolo di legno del sedile.

23rd JuneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora