Dark lovely sea

385 15 1
                                    

"Lui era solo il professore. Punto.
Lui era solo. E non voleva rovinargli quei ruoli, ciò che era e ciò che aveva: la mente gli diceva nient'altro che quello.
E allora perché il suo cuore urlava il suo nome e il corpo gli tremava di desiderio?
Avrebbe voluto essere lui stesso il suo "per sempre", ma si era accontentato per mesi e mesi di essere "il poco", ma era la condizione primaria degli amanti, no?
Erano pochi momenti rubati a stanze perdute dall'altra parte del mondo, erano sorrisi di circostanza sulla bocca quando si desideravano solamente quelle labbra su altre labbra, era guardarsi tra la gente senza potersi neppure sfiorare.
Eppure a lui bastava tutto quello.
Quando sai che non puoi avere altro e il tuo cuore reclama soltanto che quello, quel poco ti basta e aspetti soltanto quegli istanti. Vivi per quegli istanti."


Dark lovely sea


Il mare gli restituì la sconfitta.

Sublime sconfitta.

E a guardare bene la distesa d'acqua illuminata dalla luna, non poté che sentirsi quasi sollevato.

Lui era uno sconfitto, un fuoco ormai spento sulla spiaggia che non poteva permettersi di sentirsi vincitore in qualcosa, così in quel momento non fece altro che guardare l'orizzonte davanti a sé con una sigaretta tra le dita, l'ennesima che aveva acceso da quando era lì.

«Dovrei smettere.» Ma poi perché avrebbe dovuto farlo? Per chi.

La spense sulla sabbia per poi accenderne un'altra, e continuare a guardare l'oltre.

Oltre il mondo. Oltre la sua vita. Oltre l'amore.

Già, l'amore. Cos'era esattamente l'amore, si chiese.

Era quella condizione dell'animo umano che lo aveva condotto lì per giorni a guardare nient'altro che il suo riflesso nell'acqua. Era la speranza di uno stolto.

Non cambierà niente...

Per sette notti era andato su quella spiaggia e aveva fissato il niente; aveva osservato sette niente, uno diverso dall'altro, immersi in una stessa vastità scura e immobile.

Il mare gli restituì la solitudine.

Spettacolare solitudine.

Ed era dovuto andare in quel luogo non da lui per ritrovarla, per ritrovare il senso di bastarsi da solo; di completarsi da solo. In fondo lui stesso era solitudine.

E nei momenti in cui aveva provato a non esserlo, si era illuso.

Già, l'illusione. Cos'era esattamente l'illusione, si chiese.

Era stare lì per l'ottava sera ad attendere qualcosa. Qualcuno.

Era il silenzio di quell'ennesimo posto sperduto nel mondo dov'era dovuto scappare da una preda che lo inseguiva. Famelica e divoratrice di tutto se stesso. Come poteva il cacciatore essere inseguito da una preda? Lui che era scappato per anni dai suoi stessi sentimenti, e adesso se li era ritrovati dietro la schiena, appuntiti e brillanti, pronti a trapassarlo da parte a parte.

Ma guardandosi intorno sapeva benissimo che lo avevano già trafitto, e lui, cacciatore di un amore sbagliato, si era ritrovato preda di quello stesso amore, preda fuggente dall'altra parte del mondo.

La casacca ripiegata con cura sulla sabbia non si muoveva neppure nella leggera brezza, si confondeva con la notte, e a lui parve quasi la metafora della sua anima che da fuori sembrava in ordine, ormai ripresa, eppure non era altro che stanca, annaspante nel buio più denso.

A Bitter Journey to LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora