capitolo 2. il dondolo

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Il bacio era durato poco, forse fin troppo, ma era stato fenomenale. Le sue lebbra erano morbide e la sua saliva aveva un retrogusto affumicato. Profumava di legna per il camino e di erba bagnata. Si staccò da me e rimase fermo con la mano ancora ad accarezzarmi la guancia e continuava a sussurrarmi che ero bellissima. Il tempo attorno a noi parve rallentare e mi sporsi per strappargli un altro bacio, di cui avevo estremamente bisogno. Jem rispose al bacio con passione e questa volta la sua mano scivolò dietro la mia schiena e mi attrasse a sé. Ci accoccolammo meglio sul divano, cullati dai vorticosi vortici che le nostre lingue compivano intrecciandosi. Quel bacio fu mozzafiato e il suo sguardo si soffermò sulle mie labbra esangui che avevano preso colore in seguito alla pressione che le sue avevano  esercitato durante quei due baci. Mi lasciai andare, accoccolandomi su quel petto così familiare, che tanto avrei voluto stringere a me e non lasciare più per nulla al mondo. Mi avvolse i fianchi con le braccia e, per quanto fosse ancora possibile, mi avvicinò a se e usò il suo corpo per creare una sorta di tana dove rifugiarmi. Anche con addosso il golf di lana, la sua pelle emanava calore che mi penetrava nelle ossa. Era tutto quello di cui avevo bisogno e lui lo sapeva. Il suo respiro era più affannoso del solito, ma il diaframma che si alzava e si abbassava sembrava cullarmi e le dita della notte mi si erano avvolte attorno. Dovevo rimanere sveglia per godermi quel momento, ma fu più forte di me. Il sonno mi attirò a te e mi addormentai cullata dalla voce armoniosa di James che intonava il ritmo di un lento degli anni ‘70.

La mattina successiva mi sveglia ancora avvolta in quell’abbraccio travolgente. Mi aveva sistemato una coperta sulle spalle per non farmi prendere freddo, ma il sole mattutino, orami, lo riteneva un gesto inutile. Faceva abbastanza caldo in veranda, anche  se il calore corporeo emanato dal mio migliore amico accoccolato beatamente sul divano era più confortante. Accesi il bollitore, stando attenta a tirarlo giù dal fornello prima che fischiasse e lo svegliasse da quel suo sonno profondo. La luce che entrava dalla finestra aperta lo circondava di un’aura angelica, facendogli risaltare il biondo dei capelli che aveva acquistato una sfumatura dorata. L’acqua bolliva e il caffè solubile aveva profumato quell’ambiente in pochi minuti. Presi la tazza e mi accoccolai al suo fianco con in mano “Il dandy della reggenza”, intenta a finirlo senza più interruzioni. Una mano mi cinse la vita e un mugolio proveniente da dietro la mia spalla mi fece sorridere e le mie guance diventarono paonazze nell’arco di tre secondi. Voltando la testa potevo vedere Jem che strabuzzava gli occhi e che mi rivolgeva un sorriso imbarazzato, iniziando a coccolarmi la schiena e i capelli con la mano che aveva libera. “Ciao meraviglia” mi disse con aria assonnata e con la voce impastata “Tutto bene?”

“Tutto a meraviglia” risposi lasciandomi andare e stravaccandomi addosso a lui. Oddio, tutto quello che avevo sempre sognato era accoccolato di fianco a me e sbadigliava nel tentativo di far entrare più aria in circolo. Me lo aveva insegnato lui, lo sbadiglio serve per riprendere aria, è semplicemente un grosso respiro. Era così intelligente e spiritoso.

L’aria nei miei polmoni faticava ad entrare e quel momento di silenzio si stava protendendo fin troppo a lungo per i miei gusti. Mi spostai leggermente, quel tanto che bastasse per poter incrociare le gambe e guardarlo in faccia. L’ho sempre trovato bello, affascinante, ma ora lo vedevo in tutto il suo splendore. Era sexy! Mi stava tenendo la mano accarezzandomi il dorso con il pollice che risultava leggermente rigido e calloso. La sua mano era calda tranne nel punto dove aveva l’anello di famiglia placcato in argento. Era un oggetto particolare. Robusto ma anche sinuoso, flessuoso e armonioso, combaciava perfettamente con quel viso leggermente imporporito in seguito al mio sguardo attento. “Sicura di stare bene, sembri strana” mi chiese lui come se la sera prima non fosse accaduto niente che potesse spiegare il mio comportamento insolito “No, io sto bene” risposi cercando di celare una velata sensazione si ansia che mi sta pesando sul petto. “Io sto bene, anzi, a meraviglia” rispose lui sporgendosi per mordicchiarmi il lobo dell’orecchio. Il suo respiro caldo mi provocò un brivido lungo la schiena e lui dovette essersene accorto perché, anche non sentendo la risata, sentì il suo corpo vibrare contro il mio.

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