2. l'uomo senza sonno

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È l'una, e lui non riesce ancora ad addormentarsi.
Giace sdraiato sul letto a pancia in su, fermo, gli occhi aperti a fissare il soffitto, che si intravede appena nel buio totale della stanza.
È abituato a stare così, l'insonnia lo perseguita ormai da più di un anno; passa le notti steso nel letto a pensare a molte cose, ad elaborare teorie filosofiche e a riflettere sulla pace di Epicuro che cerca da tanto.
Pensa. Pensa tanto. Pensa troppo.
si gira e butta l'occhio sul barattolo che sta sul comodino, calmanti; ma non gli basterebbe neanche un'anestesia totale, a volte.
il letto ormai è disfatto, nonostante lui lo rifaccia sempre a prova di insonnia; si stufa e si alza, cerca nel suo inseparabile zaino grigio il pacchetto di sigarette e se ne accende una. 
se ne sta seduto sulla sedia della scrivania, davanti al computer spento, le casse ai lati, il subwoofer sotto, muti. Sono perennemente accesi, calmano il flusso dei suoi pensieri, tenendo occupate le parti della  sua mente libere dai problemi quotidiani e assaltate dalle paranoie.
Di notte invece non può ascoltare la musica, se lo facesse sua madre lo caccerebbe di casa definitivamente. Così fissa quella piccola torcia accesa, poi inizia a fumare.
aspira e tiene il fumo in bocca.
inspira.
la nube tossica brucia in gola, scende nei polmoni, devasta tutti i tessuti.
Espira.
ogni tiro è un passo verso la morte e lui sorride scaricando la cenere accumulata sulla punta della sigaretta in un posacenere ricavato da una lattina di redbull tagliata ormai pieno di mozziconi.
controlla l'ora sul telefono: le due e dieci. tra quattro ore si deve svegliare, preparare.
Tra quattro ore deve sistemare tutto, rifare il letto. Sa già cosa deve fare ma non riesce a fare la cosa più banale: addormentarsi.
"Sta cazzo di insonnia" mormora.
Prende l'ultimo tiro dalla sua Chesterfield gusto menta, poi la spegne nel posacenere.
Non ha neanche aperto la finestra, subendo l'ira di sua madre che, svegliandosi domattina, si troverà la nebbia in corridoio; rischia soprattutto il soffocamento dopo aver più o meno trasformato la sua stanza in una trappola letale priva di ossigeno.
Eppure se ne frega, si gode il momento di calma e va a dormire, all'alba delle tre meno venti.

Si sveglia, sei e venti.
Il letto è ancora completamente sfatto, distrutto, sembra che ci sia stata una guerra.
Si alza, raccatta le sue cose e le porta in bagno, si leva il pigiama, si butta sotto la doccia.
Una volta sotto il getto bollente prende il telefono, controlla l'ora e i messaggi.
Ci mette sorprendentemente poco, solitamente ci sta delle ore, invece dopo "soli" 15 minuti è fuori, gocciolante sul pavimento, il vapore che copre ogni cosa, appanna lo specchio impedendo di vedere la parete di fronte.
Si asciuga i capelli, carbone puro.
Si veste: maglietta nera, pantaloni verde militare, cintura, giacca nera, globe. E il suo zaino grigio.
Esce che è ancora buio, rabbrividisce nel freddo mattutino, odiando l'inverno.
"A luglio, a quest ora, c'era già il sole."
Mormora, bestemmiando.
Prende il bus e si siede nei posti in fondo, con le cuffie nelle orecchie si mette a guardare quelle poche persone che sono sul mezzo alle sei del mattino, di sabato.
Non guarda mai fuori dal finestrino ma si concentra sulle persone che lo fanno.
Dopo sette fermate scende, in centro, davanti ad una scuola.
Sono quasi le sette, si appoggia al muro di un palazzo e se ne accende una, aspettando.

Blue si sveglia e impiega un po' di tempo per capire di trovarsi su un 50 posti, dopo il cambio di pullman delle cinque e tre quarti si era addormentata per bene.
Si stiracchia, toglie il cappuccio, sistema infastidita i capelli che si erano ingarbugliati con il filo delle cuffie.
Poi si mette ad osservare il profilo della periferia, i capannoni che lasciano spazio alle case popolari, che vengono sostituite dai palazzi.
Il pullman rallenta e lei si alza, suona il campanello e si attacca saldamente al palo: dopo una brusca svolta il mezzo si ferma e lei scende, leggera come neve che cade.
Si avvicina al ragazzo che sta fumando, non dimostra neanche vent'anni, gli ruba la chesterfield che ha tra le dita e fa un tiro profondo, tenendo il fumo in bocca prima di inspirare. Ripete questa operazione per altre due volte, poi gli restituisce la sigaretta senza dire una parola.
Stando attento a non bruciarla, lui la prende, su quel marciapiede lurido vicino a una fermata, mentre un altro bus sta per arrivare dalla traumatica svolta, la prende per i fianchi e la bacia.
"I ragazzi di oggi non hanno più neanche un briciolo di decenza" sentenzia un vecchio grasso seduto alla pensilina.
Aster stacca una mano dal fianco di Blue e platealmente gliela appoggia sul culo, facendo stizzire il vecchio ma chiudendogli finalmente la bocca.
I due ragazzi si staccano, fanno un veloce tiro a testa di quella sigaretta ormai finita, poi lui la spegne contro il muro e la lascia appoggiata sul davanzale di una finestra al pian terreno.
Un vecchio e cigolante bus urbano ferma e apre le porte, i due ragazzi si danno ancora un bacio a stampo e salgono sul mezzo appena prima che parta.

Un angelo in Blue jeansDove le storie prendono vita. Scoprilo ora