3. Un'altra dichiarazione d'amore

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"Per fortuna che non eri dipendente"
"È la verità, non ci sono sotto" risponde il ragazzo scocciato.
"Tutte le volte che ti vedo hai una paia in mano" insiste lei.
"Guarda che fumi pure tu"
"Mh... vero"
Blue lo guarda, hanno ragione entrambi e lui la lascia sempre senza parole. Distende le gambe magre e appoggia i piedi sul bordo del sedile di fronte.
"Tu ti preoccupi troppo, amore. Andremo all'inferno, tanto vale farlo con stile" risponde lui.
Fa lo stesso e le passa un braccio attorno alle spalle, la tira a sè e posa un bacio leggero sulle sue labbra.
Lei si appoggia a lui e se ne sta lì, socchiude gli occhi, quasi quasi le viene da dormire.
Lui la sta a guardare per un po', quando vede che ormai sta scivolando tra le braccia di Morfeo si china su di lei, la scuote dolcemente e le sussurra piano:
"Ehi, non dormire adesso, se vuoi poi ti lascio riposare sul mio letto"
Lei apre piano gli occhi, poi annuisce e si tira su, inclinando la testa a destra e a sinistra per sgranchire un pochino il collo (queste dormite in pullman non le fanno per niente bene).
Guarda un po' fuori dal finestrino e si gira verso di lui, che sta osservando con occhio critico tutto il bus.
Il ragazzo apre la tasca dello zaino, prende un adesivo, si guarda un po' attorno e lo appiccica sul retro del sedile della ragazza, sotto gli occhi sconvolti di un'anziana, che scuote il capo prima di rimettersi a fare le parole crociate.
Poi scatta in piedi, si attacca platealmente al palo del mezzo e suona il campanello della fermata giusto una ventina di metri prima.
Scendono di corsa in un paesino di periferia, in collina, e si mettono a camminare per una viuzza in mezzo a tutte le abitazioni.
Le case nuove lasciano spazio alle villette, che sono seguite dalle vecchie case in rovina.
E in fondo a tutto ciò una vecchia villa di campagna, grandissima, con un giardino immenso ma incolto, prova dell'indifferenza dei proprietari nei suoi confronti.
E lì, nella grande casa di campagna, abita quel ragazzo tanto trasandato.
Dopo essere passati in un vialetto irregolare a causa dell'enorme platano che sovrasta parte del giardino, aver saltato un muretto e due siepi, giungono davanti a un portoncino.
Toglie di tasca un enorme mazzo di chiavi, poi ne sceglie una velocemente e apre piano la serratura a scatto.
Entrano velocemente, senza far rumore, e altrettanto silenziosamente lui chiude la porta, tolgono le scarpe e si avviano scalzi su dalla scalinata, i respiri smorzati, i passi rapidi, le scarpe in mano, il corridoio, finalmente in stanza.
Posano le cose, lei la borsa e lui lo zaino, le scarpe, le giacche.
"Certo che questa non è una stanza, è una camera a gas" commenta la ragazza, guardandosi intorno nell'aria che contiene più fumo che ossigeno, avvicinandosi a lui. Si mette in punta di piedi, gli prende il viso tra le mani e lo guarda, ne analizza ogni particolare, sfiora con le dita le occhiaie marcate che circondano i gli occhi castani;
"ma hai dormito stanotte?" Chiede piano.
"Si", risponde lui. "Però poco" aggiunge.
Posa le mani sui suoi fianchi e la tira dolcemente a sè, la bacia.
"Hai sonno?"
"Un po'..." sta letteralmente crollando.
"Va bene piccola" risponde.
Levano velocemente i vestiti restando in intimo e si mettono sotto alle coperte.
Lei si mette sul fianco, la testa sul suo petto, stretti in quel letto singolo rifatto a prova di insonnia.
Lui la guarda, le sfiora una guancia con la mano, poi la poggia sul suo fianco.
"Sei bellissima" sussurra, ma lei dorme già.
Sorride, pensando con un velo di tenerezza: "neanche tu hai dormito molto"
E, con quel confortante peso addosso, scivola anche lui nel sonno.

La donna si sveglia, l'orologio segna le otto e tre quarti. Si alza e infila la sua calda vestaglia rosa, calza le soffici ciabatte e va in cucina a farsi un caffè.
La casa è immersa nel silenzio, si sente solo il gorgogliare della moka del caffè.
Si guarda attorno: la casa è in ordine, in qualche modo.
Anche se la pila di vestiti da stirare è alta, anche se dovrebbe lavare le tende, quello è il suo giorno libero.
Libero dai pensieri, libero dalle preoccupazioni, libero dal lavoro e dalle faccende domestiche.
Quello è il suo giorno libero, e niente o nessuno la costringerà a stare a casa.
Men che meno un raffreddore.
Posa la tazzina nell'acquaio, si dirige in bagno e si fa velocemente una doccia calda, quasi bollente.
"E con il vapore almeno mi si sblocca il naso" borbotta, uscendo.
Prende il phon e si asciuga i folti capelli ricci, castano scuro, ormai solcati da qualche filo bianco.
Inspira profondamente, finalmente riesce a sentire qualcosa.
Si avvolge nell'accappatoio, dirigendosi in camera.
Passando per il corridoio, sente un odore a lei famigliare, fin troppo, e che odia con tutta se stessa.

I ragazzi giacciono ancora insieme, addormentati, stipati in quel letto singolo.
Il campanile ha da poco battuto le 9, ma loro non l'hanno sentito, stanno ancora dormendo di quel sonno dopo una notte in bianco, o quasi.
L'urlo squarcia il silenzio della casa.
"Aster?! che è 'sta puzza di fumo? Hai di nuovo fumato senza aprire la finestra?"
Il ragazzo apre gli occhi, svegliato dall'urlo, ma non capisce cosa stia dicendo, gli sembra un'altra lingua.
"Si?" Risponde con un urlo, si vorrebbe tirare su ed andare ad aprire la porta, ma la ragazza che ancora giace sul suo petto, dormiente, glielo impedisce.
"Non voglio che fumi e lo sai. Abbi la decenza di aprire la finestra" urla di rimando la madre, con una serie di incomprensibili imprecazioni in siciliano.
"Lo so, scusami" fa lui, infastidito.
"Ah, Aster. Tuo fratello è da suo padre, io ora esco, quando vai a prenderla?"
"Alle 10 e mezza, è presto. Ci vediamo" rimbalza lui, sorridendo e accarezzando il candore lunare della pelle della ragazza, che ha ancora gli occhi chiusi, e che soprattutto non dovrebbe trovarsi lì. Non ancora almeno.
Riesce a sfuggire alla stretta di Blue, che dorme come una bambina e si alza, accorgendosi che lei, sentendo il vuoto appena creato, ha una lacrima che scorre dall'occhio al mento. Una sola, ma sufficiente per farlo rabbrividire e far tornare tutte le domande che si è posto almeno un milione di volte.
Si siede sulla sua sedia, che con la sua maestosità lo fa sembrare ancora più magro, ma anche più adulto.
Accende il computer, il mixer, le casse, mette una delle sue tante playlist, studiate al millesimo, initolata "lei".
La canzone è "un'altra dichiarazione d'amore" di Nayt, ft. Tormento.
Aster aspetta di sentire che la madre sia uscita, poi si avvicina piano all'orecchio della ragazza e sussurra: "Amore..?"
Blue inaspettatamente apre un occhio, poi l' altro, perplessa. Si alza in piedi, fa qualche passo guardandosi attorno, si avvicina a lui e lo sfiora appena.
Capisce dove si trova, guarda seria il ragazzo e dice piano, con un velo di malinconia:
"È un sogno vero?"
In tutta risposta lui la prende e la bacia, un bacio violento, di quelli dove le mani vanno un po' dappertutto che ti lasciano senza fiato.
"No amore" aggiunge poi lui, sorridendo "e abbiamo la casa tutta per noi"

Un angelo in Blue jeansDove le storie prendono vita. Scoprilo ora